Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15296 del 17/07/2020

Cassazione civile sez. un., 17/07/2020, (ud. 18/12/2018, dep. 17/07/2020), n.15296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente di Sez. –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27607/2017 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO ZAMPESE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1512/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 3/04/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/12/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello proposto da C.G. nei confronti della sentenza del TAR per il Veneto che aveva respinto il ricorso diretto ad ottenere una differente valutazione, rispettivamente, del servizio prestato in ruolo e di quello prestato pre-ruolo ai fini dell’assegnazione del punteggio attribuito nell’ambito della graduatoria regionale di un corso-concorso interno dell’Agenzia delle entrate.

Il giudice amministrativo, confermata la sentenza di primo grado, ritenendo che l’infondatezza del gravame riposi su ragioni manifeste e principi giurisprudenziali consolidati, ha condannato l’appellante al pagamento della sanzione prevista dall’art. 26, comma 2, c.p.a., nella misura liquidata in dispositivo, precisando che la condanna rileva anche agli effetti di cui della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 2-quinquies, lett. a) e d), come da ultimo modificato dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208.

Il C. ha quindi proposto ricorso per cassazione nei confronti della decisione del Consiglio di Stato, nella parte in cui ha irrogato la detta sanzione pecunia in carenza assoluta di potere, consistente nell’ipotizzata applicazione retroattiva del detto art. 26 c.p.a., il cui testo applicabile ratione temporis era quello risultante dalla sostituzione operata dal D.Lgs. n. 195 del 2011, entrato in vigore l’8 dicembre 2011, mentre il ricorso in appello è stato depositato il 29 novembre 2011.

L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.

Fissata ex art. 380 bis 1 c.p.c., al 18 dicembre 2018 l’adunanza camerale, il C. ha depositato in data 10 dicembre 2018 atto di rinuncia al ricorso, notificato all’Agenzia delle Entrate, rappresentando l’intervenuto difetto di interesse, in considerazione della palesata volontà “di avvalersi della facoltà di definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione di cui al D.L. n. 119 del 2018”.

Il Collegio, preso atto della rinuncia, dichiara l’estinzione del processo.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, dichiara estinto il processo.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2020

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