Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15292 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15292 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: LA TORRE MARIA ENZA

SENTENZA
sul ricorso n. 9154/2010 proposto da:
Maria, Nunzio e Giorgio Molino, eredi di Raffaella
Bellassai, nonchél’Avv. Mobilia, in proprio,
elettivamente domiciliati in Messina, via Pippo Romeo
4, presso lo studio dell’Avv. Fabrizio Mobilia dal
quale sono rappresentati e difesi come da procura in
atti

o

– ricorrente –

contro
Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via dei
Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello
Stato, che la rappresenta e difende ope legis
– intimata –

R.G.N. 9154/2010

1

Data pubblicazione: 21/07/2015

avverso la sentenza n.26/2//2009 della Commissione
Tributaria regionale della Sicilia, depositata il 2
febbraio 2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12 febbraio 2015 dal Consigliere Maria Enza

udito l’Avv. Fabrizio Mobilia;
udito il P.M. in persona del Sostituto procuratore
generale Dott. Riccardo Fuzio, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;
Svolgimento del processo
La controversia ha origine dall’impugnazione, di
Raffaella Bellassai(già dipendente dell’Amministrazione
comunale di Messina), dante causa

di Maria, Nunzio e

Giorgio Molino, odierni ricorrenti, del silenzio
rifiuto sull’istanza di rimborso della maggior Irpef
trattenuta sull’indennità di fine rapporto.
L’adita C.T.P. di Messina accoglieva il ricorso,
disponendo

la

riliquidazione

dell’imposta

sull’indennità di fine rapporto, con un abbattimento
del 50% dell’imponibile, oltre rivalutazione monetaria.
Ricorreva in appello il difensore, Avv. Mobilia in
proprio, per la mancata distrazione delle spese
processuali; l’Agenzia proponeva appello incidentale
eccependo l’inammissibilità dell’istanza di rimborso,
essendo decorsi oltre 18 mesi ex art. 38 d.P.R. 602/73
e, in subordine, la non spettanza della rivalutazione

La Torre;

e

monetaria. Con atto di costituzione e intervento si
costituivano gli eredi della Bellassai, Sigg.ri Molino,
eccependo l’inammissibilità dell’appello incidentale
nei confronti della loro dante causa, nonché la
tardività e l’inammissibilità di esso nei riguardi di
parte diversa dall’impugnante principale.

febbraio 2009, rilevata la legittimità e tempestività
dell’appello incidentale dell’Ufficio, lo accoglieva
parzialmente in relazione alla rivalutazione monetaria,
disponendo la compensazione delle spese dei due gradi
di

giudizio,

in

considerazione

delle modifiche

legislative e delle oscillazioni della giurisprudenza.
I ricorrenti impugnano con due motivi la sentenza della
CTR, producendo successiva memoria.
L’Agenzia delle entrate non si è costituita.
Motivi della decisione.
1. Col primo motivo i ricorrenti deducono violazione
dell’art. 334, l ° co. c.p.c. e dell’art. 324 c.p.c. in
relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., avendo la CTR
errato nel disattendere l’eccezione preliminare di
inammissibilità dell’appello incidentale dell’Ufficio
per tardività, con conseguente travolgimento del
giudicato interno sulla domanda restitutoria oltre
accessori, già accolta in prima istanza, e sul
regolamento delle spese processuali. In particolare i
ricorrenti precisano che la sentenza di primo grado fu
depositata in cancelleria il 29/1/2004 e l’appello
incidentale dell’Agenzia in data 1/4/2005; ed inoltre

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3

La CTR Sicilia, con la sentenza 26/02/2009 dep. il 2

che l’appello principale fu proposto esclusivamente dal
procuratore della parte privata in relazione all’omessa
pronuncia sulla distrazione delle spese, con la
conseguenza che l’appello incidentale dell’Agenzia nei
confronti del contribuente era da ritenersi
inammissibile perché proposto ben oltre il c.d. termine

avrebbe potuto giovarsi del disposto dell’art. 334 co.
l c.p.c., norma che non consente di ripristinare un
diritto d’impugnazione a vantaggio della parte
appellata

e

ai

danni

di

una

parte

diversa

dall’appellante principale. Il ricorrente aggiunge che,
attesa l’inammissibilità dell’appello incidentale,
giudici della CTR, rimettendo in discussione la debenza
del rimborso – riconosciuto dai primi giudici- avevano
travolto il giudicato interno formatosi sul punto.
2.

Col secondo motivo deducono violazione dell’art.

1224 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.,
essendo tenuto il giudice a liquidare il maggior danno
da

svalutazione

monetaria

nell’ipotesi

di

riconoscimento del diritto al rimborso d’imposta
ritenuta in eccesso, contrariamente a quanto stabilito
dalla CTR.
3. Il primo motivo è fondato.
4.

Con

riferimento

alla

tardività

dell’appello

incidentale dell’Agenzia occorre evidenziare, secondo
la pacifica giurisprudenza di questo giudice di
legittimità, che se pure un appello incidentale tardivo
nella sua portata oggettiva può investire anche capi

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lungo per impugnare, considerato che l’appellante non

diversi da quelli impugnati in via principale, non è
ammesso un ampliamento della estensione soggettiva del
giudizio, con reintroduzione di parti diverse da quelle
che hanno impugnato la sentenza in via principale,
sempreché non si tratti di cause inscindibili (cfr. in
termini già Cass. n. 1466 del 1995; fra le altre Cass.

Nella specie, risultando dalla sentenza impugnata che
l’appello

(principale) era stato proposto non dal

contribuente

ma

dall’avvocato

in

proprio,

ed

esclusivamente in ordine alla distrazione delle spese,
deve ritenersi,

come da giurisprudenza che qui

s’intende confermare, inammissibile l’appello
incidentale dell’Agenzia volto a porre in discussione
nei confronti dei contribuenti la fondatezza della
pretesa restitutoria (Cass. 24 luglio 2014

n. 16824).

L’inammissibilità dell’impugnazione incidentale non è
irrilevante, posto che, in virtù dei principi generali
in tema di effetto devolutivo dell’appello, formazione
del giudicato interno e conseguente divieto di
reformatio in peius,

i poteri del giudice di appello

vanno determinati con esclusivo riferimento
all’iniziativa delle parti, con la conseguenza che, in
relazione ai capi della sentenza che non sono stati
oggetto di impugnazione incidentale, la decisione del
giudice d’appello non può essere più sfavorevole
all’appellante e più favorevole all’appellato di quanto
non sia stata la sentenza impugnata, e non può, quindi,
dare luogo alla

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reformatio in peius

5

in danno

n. 12714/2010).

dell’appellante (v. tra le altre Cass. n. 14063 del
2006), essendo peraltro da precisare, con particolare
riferimento alla specificità del caso in esame, che
questo giudice di legittimità ha avuto modo di
affermare (v. Cass. n. 6207 del 2006) che il potere del
giudice di rilevare d’ufficio la decadenza del

dell’Amministrazione finanziaria incontra un limite nel
giudicato interno eventualmente formatosi sul punto, in
conseguenza di una pronuncia esplicita o implicita
assunta nel precedente grado di giudizio (in termini
Cass. n. 16824/2014 cit.).
In accoglimento del primo motivo del ricorso, l’appello
dell’Agenzia va ritenuto, dunque, inammissibile.
Restando assorbito il secondo motivo del ricorso, la
decisione impugnata va, conseguentemente, cassata senza
rinvio, ai sensi dell’art. 382, comma 3, ultima parte,
c.p.c.. Quanto alle spese processuali il Collegio,
compensate le spese del giudizio di secondo grado in
considerazione della peculiarità della fattispecie,
regola quelle del giudizio di cassazione come da
dispositivo, secondo il principio soccombenza,
ponendole a carico dell’Amministrazione, con
distrazione in favore del difensore del ricorrente,
Avvocato Fabrizio Mobilia, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la
sentenza impugnata. Compensa le spese del giudizio di

6

contribuente dall’esercizio di un diritto nei confronti

secondo grado e condanna l’Agenzia delle entrate al
pagamento delle spese di questo grado di giudizio,
liquidate in C. 1.000,00, oltre spese forfetarie nella
misura del 15% e accessori di legge, da distrarsi a
favore del difensore ricorrente antistatario.

._
I

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2015.

.

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