Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15291 del 25/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 25/07/2016, (ud. 13/04/2016, dep. 25/07/2016), n.15291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20718/2010 proposto da:

S.R., (OMISSIS), S.M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE TUCCIMEI 1, presso

lo studio dell’avvocato CARMEN TRIMARCHI, rappresentati e difesi

dall’avvocato VINCENZO TERRANOVA;

– ricorrenti –

nonchè da:

S.S. (OMISSIS), S.A. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA CAMILLUCCIA 19, presso

lo studio dell’avvocato GEA CARLONI, rappresentati e difesi

dall’avvocato VALTER MILITI;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

S.G., in proprio e n.q. proc. spec. Di S.A.

e A.M., SC.GI., s.g.,

S.M. ((OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 418/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 10/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato Francesco Saija con delega dell’Avv. Militi Walter

difensore dei controricorrenti e ricorrenti incidentali che ha

chiesto il rigetto del ricorso principale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi

con la correzione della motivazione di merito.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Con atto di citazione in data 18 giugno 1985 S.M. (n. il 27.12.1932), quale procuratrice di S.S., A. e S., convenivano in giudizio S.M. (n. il (OMISSIS)), Gi., R. e g., esponendo che gli attori rappresentati erano comproprietari, in ragione di 20/24, del compendio immobiliare costituito da due appartamenti siti in Messina alla via Piave n. 17.

Veniva pertanto richiesta, con l’atto introduttivo del giudizio, la vendita dell’intero compendio con devoluzione del ricavato o, in subordine, la divisione giudiziale dello stesso ed, ancora, nel corso del giudizio, l’attribuzione dell’appartamento ubicato al piano terra all’attrice S.M. e l’attribuzione di quello al primo piano a S.S. I convenuti, non costituendosi in giudizio, rimanevano contumaci.

L’adito Tribunale di Messina, con sentenza del 18 aprile 2001, dichiarava lo scioglimento della comunione del compendio immobiliare per cui è causa con attribuzione a S.S. dell’appartamento sito al primo piano, a soddisfazione della propria spettante quota e con l’obbligo di conguaglio della somma di Lire 22.267.795, disponendo la vendita all’asta dell’appartamento al piano terra al prezzo di stima indicato e con rimessione al Giudice Istruttore per le conseguenti operazioni in prosecuzione e distribuzione del ricavato.

Avverso la suddetta decisione interponevano appello S.R. e S.M. (n. il (OMISSIS)) eccependo la nullità della sentenza di primo grado per essere stata resa a contraddittorio non integro e chiedendo la riforma dell’impugnata decisione.

Resistevano al proposto gravame S.S. e S.A., chiedendone il rigetto.

L’adita Corte di Appello di Messina, con sentenza n. 418/2009, ritenuta l’infondatezza dell’eccezione di nullità, rigettava l’appello, confermando la decisione gravata, con compensazione integrale delle spese del giudizio.

Per la cassazione dell’anzidetta sentenza della Corte distrettuale ricorrono S.R. e M. (n. il (OMISSIS)) con atto affidato a sei ordini di motivi.

Resistono con controricorso S.S. ed A., proponendo inoltre ricorso incidentale “in via meramente subordinata e condizionata” fondato su tre ordini di motivi.

I ricorrenti principali depositavano memoria ex art 378 c.p.c..

All’esito della precedente svolta udienza del 28 maggio 2015, con ordinanza n. 17079/15 veniva disposto il rinvio a nuovo ruolo al fine di edere all’integrazione del contraddittorio non completamente perfezionatosi.

Provvedutosi all’incombente, la causa veniva rimessa all’odierna udienza.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso principale si censura, “in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, il vizio di violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 2 (vecchio testo), artt. 216 e 112 c.p.c., oltre che della L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 90, comma 1 e conseguente nullità della sentenza”.

Il motivo è assistito dalla formulazione di un (triplice) quesito relativo, in sintesi, alla “inammissibilità per novità” delle eccezioni e produzione degli appellanti principali innanzi alla Corte di Appello di Messina; all’interpretazione dell’art. 126 c.p.c., in ordine alla proposizione dell’istanza di verificazione”;

alla “correttezza giuridica della divisione operata dal Tribunale” ed al “dovere della Corte di Appello di vagliare nel merito la doglianza stessa”.

Il tutto anche con riferimento alla addotta circostanza che “in verità, però, S.R…..chiese…..non solo l’attribuzione della quota, ma anche e principalmente che la Corte accogliesse l’eccezione fondata sull’ acquisto per scrittura privata delle quasi totalità delle quote della seconda elevazione” del fabbricato, con conseguente necessità di una nuova divisione.

Il motivo non può essere accolto.

La decisione gravata, quanto ai profili sollevati con il motivo in esame, ha fondato la propria pronuncia cumulando un duplice ordine di motivazioni e, quindi, di rationes decidendi.

Tanto evidenziato e ribadito che – in via generale – nel giudizio di divisione ereditaria vanno tenute in conto le evoluzioni delle situazioni in concreto verificatesi per effetto di atti negoziali, deve osservarsi quanto segue. Nella fattispecie in esame la Corte territoriale, in particolare, ha fondato la propria decisione sulla considerazione che la scrittura privata (cui fa cenno il motivo in esame) risultava essere stata prodotta in copia fotostatica.

Ciò, data la contestazione sull’atto, in violazione del precipuo onere incombente allo S.R. di produzione dell’originale del documento, suscettibile di disconoscimento, all’esito del quale sarebbe stata ipotizzabile l’istanza di verificazione della parte interessata all’accertamento della autenticità del documento.

Il carattere, rilevato nella decisione gravata, del tutto assorbente della ritenuta mancanza della scrittura in originale rende del tutto marginale ed assorbite le ulteriori doglianze ed argomentazioni addotte con il motivo in esame.

Questo, in quanto infondato, va – quindi – respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio “in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, di violazione dell’art. 2719 c.c. e art. 215 c.p.c. e conseguente nullità della sentenza”.

Il motivo è assistito dalla formulazione di quesito e si incentra, nella sostanza, sull’aspetto della efficacia delle copie fotografiche delle scritture private al fine del loro riconoscimento o disconoscimento, nonchè dell’efficacia del disconoscimento in altro giudizio.

Orbene l’avvenuto disconoscimento in altro giudizio è del tutto irrilevante, al di fuori dell’ipotesi in cui sull’autenticità o meno della scrittura si sia formato (e ciò non è nella fattispecie) un giudicato in un giudizio già avvenuto ed avente ad oggetto l’accertamento della autenticità.

Al riguardo va ribadito il principio che questa Corte ha già avuto modi di esprimere ed in base al quale la fattispecie del disconoscimento tacito della scrittura privata secondo il modello di cui all’art. 215 c.p.c., opera esclusivamente nel processo in cui essa viene a realizzarsi (Cass. civ., Sent. 17 maggio 2007 n. 11460). Il motivo, in quanto non fondato, deve -dunque – essere respinto.

3.- Con il terzo motivo parti ricorrenti lamentano “in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, omessa motivazione circa un punti decisivi di natura procedurale e conseguente nullità della sentenza”.

Il tutto con riferimento alla già accentata problematica della istanza di verificazione della scrittura e del suo disconoscimento.

Il motivo, anche alla stregua di quanto innanzi già affermato – sub 1- e qui richiamato, è del tutto infondato. Non vi è, infatti, alcuna carenza motivazionale sussumibile sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Non sussiste neppure vizio di legge, quanto all’aspetto del vizio procedurale, essendo irrilevante, nella fattispecie, l’istanza di verificazione in dipendenza della ratio – già dianzi esaminata – dovuta alla mancata produzione di originale.

Il motivo va, dunque, rigettato.

4- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio, “in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, di violazione dell’art. 355 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza”.

Il punto del ricorso principale qui in esame attiene, in sostanza, alla omessa sospensione del giudizio per querela falso.

Con il quinto motivo del ricorso si deduce “in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, omessa motivazione circa un punto decisivo di natura procedurale e conseguente nullità della sentenza”.

5.- Entrambi i suesposti quarto e quinto motivo vanno esaminati congiuntamente e rigettati.

La questione principale posta con i medesimi motivi (in particolare con il quarto) attiene alla querela di falso in ordine al documento su cui si fondava l’eccezione di illegittimità della divisone operata dal Tribunale, alla sua proponibilità e, di poi, alla necessari…..- età della sospensione del giudizio in dipendenza di tale querela. Entrambi i motivi in esame (al di là della mancanza del quesito ex art. 366 bis c.p.c. per la censura in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c., di cui al quinto motivo) sono del tutto privi di fondamento.

L’impugnata decisione, nella sostanza, ha ritenuto la inammissibilità della produzione della scrittura privata prodotta in copia.

E’ stata, quindi, ritenuta di conseguenza ed implicitamente l’inammissibilità della stessa relativa querela di falso: a tanto consegue l’assoluta infondatezza – sotto ogni profilo – delle censure in esame e, pertanto, il rigetto di entrambi i motivi qui esaminati.

6.- Con il sesto ed ultimo motivo del ricorso principale si deduce, “in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione degli artt. 101 e 784 dello stesso codice e del principio del contraddittorio e conseguente nullità della sentenza”.

Il motivo è assistito dalla formulazione di quesito e pone la questione della nullità della decisione del Tribunale di prima istanza per violazione delle norme innanzi indicate in quanto vi era preclusione alla ultrattività del mandato conferito dallo S.S. alla di lui figlia.

Senonchè la prosecuzione del processo in assenza della dichiarazione dell’evento interruttivo costituito dalla morte di una parte e, quindi, l’ultrattività del mandato del difensore si applica anche nell’ipotesi specifica della controversia in esame.

In particolare deve, in proposito, ribadirsi il principio per cui la morte del mandante ad negotia non esclude di per sè l’ultrattività del conferito mandato (Cass. n.ri 175/1999; 721/2001 e 3959/2008).

Inoltre va poi sottolineato che nella specifica ipotesi gli interessati non risultano aver mai fatto valere alcun profilo di conflitto di interessi.

Il motivo va, dunque, respinto.

7.- Il ricorso incidentale proposto dalle parti contro ricorrenti deve essere ritenuto assorbito quanto al motivo dello stesso inerente la mancata proposizione “del giudizio nei confronti di tutti i ricorrenti” (stante il citato adempiuto incombente dell’integrazione), nonchè quanto al motivo espressamente proposto “in via meramente subordinata e condizionata” relativo alla addotta violazione dell’art. 355 c.p.c..

Lo stesso ricorso incidentale deve, invece, essere rigettato relativamente al secondo motivo dello stesso non condizionato ed attinente alla questione della compensazione delle spese di lite.

In punto deve affermarsi che non è ammissibile in questa sede una sostanziale (ri)valutazione, eminentemente di merito, relativa alla ponderazione delle reciprocità o marginalità o meno della soccombenza dei resistenti.

Il motivo del ricorso incidentale non condizionato deve, pertanto, essere rigettato.

8.- In conclusione il ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale vanno rigettati con assorbimento – nel resto – del ricorso incidentale.

9.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale, assorbiti i rimanenti motivi del ricorso incidentale condizionato, e condanna i ricorrenti principali al pagamento in favore dei contro ricorrenti delle spese del giudizio, determinate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2016

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