Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15290 del 25/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 25/07/2016, (ud. 03/03/2016, dep. 25/07/2016), n.15290

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21000-2012 proposto da:

L.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI CONCIATORI

3, presso lo studio dell’avvocato LORETA UTTARO, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati GIOVANNI MARCO MILENI MUNARI,

GUIDO MOTTI;

– ricorrente –

contro

CONSOB – COMMISSIONE NAZ. PER LA SOCIETA’ E LA BORSA (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.BATTISTA MARTINI 3 C/0

CONSOB, presso lo studio dell’avvocato ROCCO VAMPA, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARIA LETIZIA

ERMETES, FABIO BIAGIANTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 275/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2016 dal Consigliere Dott. COSENTINO ANTONELLO;

udito l’Avvocato UTTARO Loretta difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento delle difese depositate;

uditi gli Avvocati VAMPA Rocco, BIAGIANTI Fabio, difensori del

resistente che hanno chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il sig. L.R., ricorre contro la CONSOB per la cassazione della sentenza con cui la Corte di appello di Milano ha rigettato la sua opposizione D.Lgs. n. 58 del 1998, ex art. 187 septies (in prosieguo: TUF), avverso la Delib. CONSOB 4 agosto 2009, n. 16987.

Con detta Delib. il medesimo L., all’epoca dei fatti S.P.M. della ABN AMRO SGR, ed il sig. E.D., anch’egli all’epoca dipendente della ABN AMRO SGR, erano stati ritenuti responsabili dell’illecito di cui all’art. 187 bis, comma 4, TUF, per avere effettuato acquisti di azioni Banca Italease utilizzando l’informazione (da loro conosciuta o conoscibile come) privilegiata, trasmessa dal sig. O.C. (all’epoca dei fatti Salesperson della filiale di (OMISSIS) di Citigroup) al L. e da quest’ultimo al D., relativa all’imminente pubblicazione da parte di Citigroup di una ricerca (Initiation of coverage) di C.R. sul titolo Banca Italease, contenente una raccomandazione buy e un target price significativamente superiore al prezzo di mercato. Tale informazione, secondo l’impugnata Delib., avrebbe consentito di prevedere un rialzo dei prezzi dei titoli Italease e di lucrare sulla differenza tra il prezzo di acquisto e quello della successiva rivendita. Per tale ragione ai sigg. L.R. ed E.D. erano state inflitte le sanzioni amministrative pecuniarie di, rispettivamente, Euro 310.000 e Euro 250.000 (oltre alla sanzione amministrativa accessoria, D.Lgs. n. 58 del 1998, ex art. 187 quater, comma 1) e alla ABN AMRO SGR era stato ingiunto il pagamento di Euro 560.000 quale soggetto obbligato in solido per le suddette sanzioni amministrative pecuniarie L. n. 689 del 1981, ex art. 6, comma 3.

La Corte d’appello ha disatteso tutte i motivi spesi dal L. nella propria opposizione alla delibera della CONSOB, affermando, in sintesi, per quanto qui ancora interessa, che:

a) l’informazione relativa alla prossima pubblicazione di una ricerca su Banca Italease doveva ritenersi informazione privilegiata e idonea ad influire sull’andamento dello strumento finanziario;

b) doveva ritenersi provato che il sigg. L. avesse ricevuto ed utilizzato la suddetta informazione.

c) non poteva ravvisarsi alcuna sproporzione quantitativa delle sanzioni irrogate rispetto ai criteri fissati dalla L. n. 689 del 1981, art. 11 e art. 187 TUF. Il ricorso si articola su quattro motivi.

Con il primo motivo si denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza gravata, nonchè la violazione dell’art. 181 TUF, in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa attribuendo natura di informazione privilegiata alla notizia dell’imminente pubblicazione dello studio Citigroup su Banca Italease; con il secondo motivo si denuncia l’illogica, contraddittoria e insufficiente motivazione dell’accertamento secondo cui l’sms del 18.1.2006, concernente l’imminente pubblicazione del studio del C., sarebbe stato non solo inviato dal sig. O. al L. ma anche letto da quest’ultimo; con il terzo motivo si denuncia la contraddittoria e insufficiente motivazione dell’accertamento sulla efficienza causale della informazione concernente l’imminente pubblicazione detti studio del C. ai fini della determinazione del L. di acquistare titoli Italease; con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione L. n. 689 del 1981, art. 11 e art. 187 bis TUF, in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo congrue le sanzioni applicate dalla CONSOB al ricorrente.

La CONSOB si è costituita con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 3.3.16 nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo mezzo di ricorso censura l’apprezzamento della Corte distrettuale in ordine al carattere privilegiato della informazione inviata via sms dal dipendente Citigroup O. al L. (“Finalmente ci siamo Lo studio su banca Italease sta per uscire con un target price di circa 40 Euro”). In particolare il ricorrente lamenta la contraddittorietà che vizierebbe la sentenza gravata perchè la stessa, pur affermando che l’informazione privilegiata illecitamente utilizzata dal L. andrebbe individuata nella notizia dell’imminente pubblicazione dello studio C. e non nel contenuto di tale studio, riferirebbe i requisiti costitutivi della nozione di informazione privilegiata (precisione, non pubblicità, inerenza a strumenti finanziarie, price sensitivity) al contenuto dello studio del C. e individuerebbe il momento in cui l’informazione è diventata pubblica in quello (h 17,40 del 23.1.06) di pubblicazione dello studio. Nel motivo di ricorso si lamenta altresì che la Corte milanese abbia:

desunto la capacità dello studio del C. di spingere in alto i prezzi del titolo Italease in base ad un apprezzamento ex post (il rialzo del titolo immediatamente seguito alla diffusione dello studio) invece che ex ante;

omesso di valutare i rilievi dell’opponente sulla mancanza di evidenze comprovanti il collegamento tra la pubblicazione di uno studio su un titolo e il corso del titolo stesso;

omesso di smentire gli esempi portati dall’opponente di Initiations of coverage che non avevano influito sul corso dei titoli delle imprese analizzate;

attribuito influenza allo studio C. in ragione dell’autorevolezza del suo autore, senza rilevare nè che l’sms del 18.1.2006 non indicava chi fosse l’autore dello studio in uscita, nè che altri studi del C. avevano prodotto effetti trascurabili sul corso dei titoli, nè che all’epoca dei fatti l’autorevolezza del C. risultava indebolita, come emergente anche dalla diversità delle reazioni della clientela alla notizia dell’imminente uscita del suo studio su Italease;

omesso di considerare che al momento di utilizzazione della notizia da parte del L. la notizia dell’imminente diffusione di tale studio era già diventata nota ad una vasta platea di operatori, i quali, al pari del L., l’avevano ricevuta dall’ O. il 18.1.06 tramite sms.

Il motivo di ricorso non può trovare accoglimento. Quanto alla censura di contraddittorietà, la stessa non coglie che proprio nella sentenza gravata si analizza il nesso tra il contenuto dello studio e la notizia della imminente diffusione del medesimo, argomentando “che i due profili (fatto storico dell’imminente pubblicazione e contenuto della ricerca) non possono essere esaminati in modo del tutto disgiunto l’uno dall’altro” (pagina 8 della sentenza gravata) e supportando tale affermazione con le argomentazioni, esaurienti ed immuni da vizi logici, sviluppate nel primo capoverso di detta pagina. Quanto agli altri rilievi sopra sintetizzati, essi si risolvono in una sequenza di argomenti e considerazioni che concernono l’apprezzamento delle risultanze istruttorie e propongono una lettura delle stesse alternativa a quella offerta dalla Corte milanese, in tal modo inammissibilmente investendo questa Corte di una richiesta di riesame del merito estranea all’ambito del giudizio di legittimità.

Considerazioni analoghe a quelle appena svolte inducono a disattendere anche il secondo e il terzo mezzo di ricorso, con i quali si denuncia l’insufficiente motivazione della sentenza gravata in relazione, quanto al secondo mezzo, alla circostanza che l’sms del 18.1.2006 sarebbe stato non solo inviato dal sig. O. al L. ma anche letto da quest’ultimo e, quanto al terzo mezzo, alla circostanza che l’informazione concernente l’imminente pubblicazione del studio del C. avrebbe determinato le decisioni di acquisto del L..

Anche tali motivi, infatti si risolvono in una rassegna di considerazioni idonee a supportare una ricostruzione dei fatti diversa da quella prospettata nella sentenza gravata ma non idonea ad enucleare specifici vizi logici di quest’ ultima: va qui, al riguardo, ribadito che, come più volte affermato da questa Corte, da un lato, il giudice non è tenuto, al fine di assolvere all’onere di adeguatezza della motivazione, ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (da ultimo, sent. 255509/14) e, d’altro lato, che la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (SS.UU. n. 24148/13).

Anche il quarto mezzo di gravame – con cui, nonostante il riferimento della rubrica al vizio di violazione di legge (L. n. 689 del 1981, art. 11 e art. 187 TUF), si censura sostanzialmente l’insufficiente motivazione della sentenza gravata in ordine alla ritenuta congruità della sanzione irrogata dalla CONSOB – va disatteso, perchè anche tale motivo si risolve nella riproposizione di questioni di merito in sede di legittimità. Questa Corte ha infatti reiteratamente affermato (da ultimo, con la sentenza di questa Sezione n. 6778/15) che, in materia di opposizione avverso sanzioni amministrative pecuniarie, la determinazione dell’entità della sanzione è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato e immune da errori logici o giuridici. Nella specie la Corte milanese ha esaurientemente motivato sulla congruità della sanzione irrogata, esaminando analiticamente, nelle pagine 16 e 17 della sentenza, tanto il profilo soggettivo quanto quello oggettivo della condotta sanzionata e pervenendo a conclusioni, che, seppur difformi dagli auspici del ricorrente, non presentano alcun profilo di illogicità.

Il ricorso va quindi in definitiva rigettato in relazione a tutti i motivi nei quali esso si articola.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2016

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