Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1528 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2011, (ud. 21/10/2010, dep. 21/01/2011), n.1528

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMATO Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MERCANTILE LEASING SPA (OMISSIS), appartenente al Gruppo bancario

Banca Italease e soggetta a direzione e coordinamento da parte di

Banca Italease Spa, in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEI

CAPRETTARI 70, presso lo studio dell’avvocato GUARDASCIONE BRUNO, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati DALPIAZ STEFANO,

CAMERINI RUGGERO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.P., S.M.L., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA NIZZA 45, presso lo studio dell’avvocato FIORI ARIANNA,

rappresentati e difesi dagli avvocati NOVEBACI CLAUDIO, MARTINEZ

ANTONELLO, giusta procura speciale a margine della memoria difensiva;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 2400/2009 del TRIBUNALE di FIRENZE

dell’8/07/09, depositata l’11/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

e’ solo presente l’Avvocato Bruno Guardascione, difensore della

ricorrente;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G, e notificata ai difensori delle parti. “Il relatore Consigliere Adelaide Amendola Letti gli atti depositati Osserva:

1 M.P. e S.M. hanno proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Firenze, su istanza di Mercantile Leasing s.p.a., ha ingiunto loro il pagamento della somma di Euro 5.089.486,48, oltre interessi e spese.

Nell’atto di opposizione hanno eccepito, in via preliminare, l’incompetenza per territorio del giudice adito per inoperativita’, sotto diversi profili, del foro convenzionalmente stabilito.

La causa prende origine dalla stipula, in data (OMISSIS), tra l’opposta e gli opponenti, di un contratto di leasing col quale la prima ebbe a finanziare l’acquisto di una imbarcazione da parte di S.M., provvedendo a pagarne al fornitore il prezzo, ammontante a Euro 8.150.000,00. Nel contratto subentro’ poi M. P., ferma restando la responsabilita’ della cedente. Peraltro a seguito dei gravissimi danni subiti dal battello, il M. cesso’ i pagamenti. Di qui l’istanza di Mercantile Leasing s.p.a. per l’emanazione del provvedimento monitorio.

2 Con sentenza depositata l’11 luglio 2009 il Tribunale, ritenuta la nullita’, D.Lgs. n. 206 del 2005, ex art. 36 della clausola che individua nel foro di Firenze quello convenzionalmente competente alla risoluzione delle controversie derivanti dal contratto, ha dichiarato la propria incompetenza per territorio, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo e ordine al Conservatore di cancellare l’ipoteca iscritta sulla base dello stesso.

Mercantile Leasing s.p.a. ha proposto regolamento di competenza affidato a tre motivi.

M.P. e S.M. hanno depositato memoria.

3. Col primo motivo la societa’ ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 45 e D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 121.

Sostiene che la disciplina del credito al consumo sarebbe dettata unicamente dal Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. Posto allora che l’art. 121 di tale fonte esclude la tutela del consumatore con riferimento ai finanziamenti di importo inferiore e superiore ai limiti stabiliti dal CICR e, in mancanza di delibere di tale organo, ai limiti fissati dalla L. n. 142 del 1992, ampiamente superati nella fattispecie, la clausola di deroga al foro del consumatore, prevista alla lett. n) delle condizioni particolari (confermativa, peraltro, del disposto dell’art. 20 cod. proc. civ.), sarebbe pienamente valida ed efficace. Col secondo motivo Mercantile Leasing lamenta violazione del D.Lgs. n. 206 del 2005, artt. 33, 34 e 36 nonche’ dell’art. 20 cod. proc. civ. Deduce in particolare: a) che nessun significativo squilibrio ha determinato l’indicazione, come foro competente, del foro di Firenze a danno dei consumatori S. e M. e invero questi, residenti a (OMISSIS), domiciliati a (OMISSIS), sono assistiti da un avvocato di Milano; b) che la clausola e’ stata oggetto di specifiche, dettagliate e individuali trattative tanto vero che parte conduttrice ha dichiarato che essa non determina a suo carico alcuno squilibrio; c) che la clausola ripete il disposto dell’art. 20 cod. proc. civ. e che, a norma dell’art. 34 Cod. cons., n. 3 non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge; d) che in ogni caso, dichiarata nulla la pattuizione vessatoria (ex art. 36), ovvero in assenza di clausola, devono valere le ordinarie norme di legge, tra cui il foro facoltativo per i diritti di obbligazione (confr. Cass. civ. 24 luglio 2001, n. 10086).

Col terzo motivo la societa’ denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 112 cod. proc. civ. per non avere il decidente considerato che la difesa della S. e del M., avendo formulato ulteriori istanze relative al merito della controversia, tra cui una richiesta di accertamento tecnico preventivo, aveva inequivocabilmente rinunciato all’eccezione di incompetenza per territorio del giudice adito. Rileva inoltre che il Tribunale di Firenze non avrebbe potuto disporre la cancellazione dell’ipoteca ma, dichiarata la propria incompetenza, doveva limitarsi a rimettere le parti davanti al giudice ritenuto competente.

4 M.P. e S.M., nel contestare le avverse deduzioni, reiterano l’eccezione di incompetenza territoriale anche sotto il profilo, disatteso dal giudice a quo, dell’art. 33 cod. proc. civ. Rilevano che nessuno dei criteri di collegamento di cui agli artt. 18 e 19 cod. proc. civ. porta a individuare nel Tribunale di Firenze il giudice territorialmente competente a conoscere della controversia. Sostengono quindi che l’art. 33 cod. proc. civ., non suscettibile di interpretazione estensiva, non consente la proposizione cumulativa delle domande contro una pluralita’ di convenuti ne’ dinnanzi al foro elettivo o convenzionale, ancorche’ esclusivo di questi, ne’ dinanzi ad altri fori diversi da quelli di residenza o di domicilio di uno dei convenuti, quali il foro dell’attore, ex art. 18 c.p.c., comma 2, ovvero i fori di cui all’art. 20 cod. proc. civ. in materia di obbligazioni.

5 Tanto premesso, non e’ anzitutto condivisibile che la decisione del giudice a quo violi il disposto del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 43.

Tale disposizione si limita invero a rimandare, per la restante disciplina del credito al consumo, alla normativa del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, evidenziando, con l’uso di siffatta espressione, che le tutele apprestate dal D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, si aggiungono, piuttosto che sostituirsi, a quelle del Codice del consumo. Una diversa lettura sarebbe del resto in contrasto con il criterio teleologico e con quello sistematico, non essendo ipotizzabile che il legislatore abbia lasciato sguarnito dei presidi di cui al D.Lgs. n. 206 del 2005 il consumatore proprio in un settore particolarmente nevralgico e delicato come quello del credito al consumo. Neppure hanno pregio le deduzioni in ordine alla non vessatorieta’ della clausola che stabilisca come foro competente uno di quelli che avrebbero potuto essere individuati in base ai vari criteri di collegamento previsti dal codice di procedura civile. La prospettazione del ricorrente si basa sul disposto del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 34, comma 3 a tenor del quale non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge.

Ora, a confutazione di tali critiche e’ sufficiente rilevare: a) che la norma che prevede il foro del consumatore, si sostituisce, nel relativo campo di disciplina, a quelle del codice di procedura civile che individuano, per le controversie nascenti da contratto, altri criteri di collegamento; b) che, essendo vessatoria la clausola che, con riguardo alle controversie derivanti dal contratto concluso tra un professionista e un consumatore, stabilisce il foro competente in localita’ diversa dalla sede di questi, la competenza territoriale del giudice del luogo di residenza o di domicilio elettivo del consumatore ha carattere esclusivo; c) che, conseguentemente, e’ altresi’ vessatoria la clausola che stabilisca come foro competente, se il consumatore non vi ha sede, uno di quelli risultanti dall’applicazione degli altri criteri di collegamento previsti dal codice di procedura civile; e) che alla declaratoria di inefficacia della clausola vessatoria consegue in ogni caso l’applicazione del foro esclusivo (confr. Cass. civ. sez. un. 1 ottobre 2003, n. 14669).

Infine nessun pregio hanno le deduzioni in ordine alla pretesa rinuncia all’eccezione in dipendenza dello svolgimento di difese di merito e della presentazione di istanza di accertamento tecnico preventivo in corso di causa, pacifico essendo che esse non potevano che essere svolte nel processo incardinato innanzi al giudice adito (confr. art. 699 cod. proc. civ.).

5 Restano a questo punto da esaminare le deduzioni in ordine alla insussistenza delle condizioni per la declaratoria di nullita’ della clausola di deroga alla competenza del giudice del luogo di residenza o di domicilio elettivo del consumatore, D.Lgs. n. 206 del 2005, ex art. 36 per l’inesistenza di un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, comma 1,) e/o per essere stata la clausola stessa oggetto di trattativa individuale (D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 34, comma 4).

In proposito questa Corte ha gia’ avuto modo di evidenziare, con riferimento all’art. 1469 bis cod. civ. nell’assetto normativo antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 206 del 2005, che la norma pone in contrapposizione due fattori: da un lato, la sede del foro competente, individuata attraverso il riferimento alla residenza o al domicilio elettivo del consumatore; dall’altro, la deroga alla stessa, attuata mediante lo spostamento della competenza ad un foro diverso, deroga consentita ma valutata, in via di principio, presuntivamente idonea a determinare a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto: di talche’ la deroga, non esclusa in modo assoluto, e’ condizionata alla prova, incombente sul professionista, che, nel caso concreto, essa non produce squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (confr. Cass. sez. un. Ord. 1 ottobre 2003, n. 14669). Pali approdi ermeneutici, sicuramente spendibili nel sistema ordinamentale successivo all’emanazione del Codice del consumo, in ragione dell’assoluta sovrapponibilita’, in parte qua, del dettato della disposizione codicistica innanzi richiamata e del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33 consentono di affermare che la normativa di riferimento, interpretata in chiave teleologico – sistematica e secondo criteri di comune ragionevolezza, configura l’esistenza di trattative come presupposto di esclusione dell’applicazione della disciplina di tutela del consumatore, laddove il significativo squilibrio delle posizioni negoziali in danno di quest’ultimo e’, a monte, elemento di apprezzamento della stessa vessatorieta’ della clausola, idoneo, in quanto tale, a eliminare in radice l’operativita’ della presunzione gia’ sancita dall’art. 1469 quinquies c.c., comma 2, ed ora dal D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, comma 2. Con la conseguenza che la presunzione stessa non scatta ove il professionista fornisca la prova che, nel caso concreto, la clausola, valutata sia singolarmente che in connessione con le altre delle quali si compone il contratto, non realizza un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi dallo stesso derivanti (confr. Cass. civ. Ord. 20 marzo 2010, n. 6802).

In tale contesto il rilievo dell’insufficienza della prova desumibile dalla locuzione contenuta nel contratto in ordine allo svolgimento di specifiche, dettagliate e individuali trattative tra le parti – per il fatto che l’espressione rientra pur sempre nel formulario unilateralmente predisposto dal professionista – non giova agli opponenti, dovendosi escludere che di quella prova l’opposta avesse, al postutto, effettivamente bisogno.

E invero, se, come avverte il D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 34, comma 1, la vessatorieta’ di una clausola e’ valutata, in primis, tenendo conto della natura del bene oggetto del contratto, e’ contro buon senso e ragionevolezza ritenere che crei uno squilibrio purchessia, e tanto meno, dunque, uno squilibrio significativo in danno del consumatore, la clausola che sposti il foro delle controversie col professionista da (OMISSIS), considerato che:

a) oggetto del contratto e’ un bene, come una imbarcazione, non fruibile ne’ nel luogo di residenza, ne’ in quello di domicilio del consumatore; b) che, nello specifico, il costo di siffatto bene e’ indice inequivocabile di una non comune capacita’ economica che minimizza, anzi annulla gli effetti, in tesi penalizzanti, di siffatto spostamento; c) che la portata della dislocazione e’ di entita’ oggettivamente modesta.

Infine non vale a paralizzare l’applicazione del foro convenzionale l’evocazione dell’istituto del cumulo soggettivo di cui all’art. 33 cod. proc. civ.: il foro convenzionale e’ invero direttamente applicabile vuoi alla domanda proposta contro S.M., vuoi a quella proposta contro M.P., essendo gli opponenti in pari misura vincolati dalla medesima clausola pattizia, in quanto, l’una, firmataria e cedente del contratto, l’altro, cessionario dello stesso. Ne’ si vede come dalla trasmissione della posizione contrattuale, per giunta attuata ex art. 1408 c.c., comma 2, possa derivare tout court l’operativita’ della clausola nei confronti dell’uno e l’inoperativita’ della stessa nei riguardi dell’altro.

Ne deriva che il ricorso deve essere accolto, dovendosi, nella fattispecie, escludere il carattere vessatorio della clausola di deroga alla competenza del foro del consumatore”.

Lette le memorie hinc et inde depositate dalle parti, il collegio osserva quanto segue.

1. Nel suo scritto difensivo Mercantile Leasing s.p.a. e’ tornata a insistere sulla inoperativita’ delle norme dettate a tutela del consumatore. Ha all’uopo evidenziato che il D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, entrato in vigore il 19 settembre 2010, ha modificato il D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 43 eliminando dal corpo di tale norma il termine restante sul quale era basata l’opzione ermeneutica secondo cui le tutele apprestate dal D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, si aggiungevano, piuttosto che sostituirsi, a quelle del Codice del consumo. Ha sostenuto quindi che nel nuovo assetto normativo, costruito sul secco rinvio, per la disciplina del credito al consumo, ai capi 2^ e 3^ del titolo 6^ del citato D.Lgs. n. 385 del 1993, e successive modificazioni, nonche’ agli artt. 144 e 145 del medesimo testo unico per l’applicazione delle relative sanzioni, non potrebbe piu’ essere posta in discussione l’applicabilita’ integrale ed esclusiva, in parte qua, della normativa del T.U.B. e quindi anche dell’art. 122, come novellato dal D.Lgs. n. 141 del 2010, che limita l’area di operativita’ della normativa a tutela del consumatore ai soli contratti per finanziamenti compresi tra gli Euro 200,00 e gli Euro 75.000,00. Il collegio non condivide tale lettura.

Va anzitutto evidenziato, a integrazione di quanto esposto nella relazione, che l’applicabilita’ al contraente del credito al consumo, in quanto consumatore, del D.Lgs. n. 206 del 2005, e’ un postulato scontato nella giurisprudenza di questa Corte ove il principio, proprio in ragione della sua evidenza, si trova sancito in termini puramente assertivi, senza particolare impegno argomentativo (confr.

Cass. civ. 21 maggio 2008, n. 13051 ; Cass. civ. Ord. 6 settembre 2007, n. 18743).

Tanto precisato, l’analisi del D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, mostra come la portata attribuita dal ricorrente all’elisione del termine restante dal testo del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 43 sia frutto, in realta’, di una torsione interpretativa. Mette conto all’uopo evidenziare che la predetta fonte contiene, nell’art. 1, modifiche al Testo Unico Bancario del quale il legislatore ha riscritto l’ambito di applicazione, per cio’ che concerne il credito ai consumatori, prevedendo, nel novellato art. 122, che le disposizioni del presente capo si applicano ai contratti di credito comunque denominati, a eccezione, tra l’altro, dei finanziamenti di importo inferiore a 200,00 Euro o superiore a 75.000,00 Euro.

Il successivo art. 3 interviene invece sul Codice del consumo, abrogandone l’art. 40, relativo all’adeguamento della normativa nazionale alla direttiva 98/7/CE del 16 febbraio 1998; l’art. 41, in tema di tasso annuo effettivo globale e pubblicita’; l’art. 42, in tema di inadempimento del fornitore, e conseguentemente eliminando dal successivo art. 43 il termine restante.

Cosi’ ricostruito il quadro normativo di riferimento, appare evidente che la prospettazione delle modifiche concernenti l’art. 122 del TUB in chiave limitativa dell’applicabilita’ del D.Lgs. n. 206 del 2005 al credito al consumo, sulla falsariga della riscrittura dell’interferenza tra i due testi normativi operata attraverso l’eliminazione del termine restante, e’ frutto di un arbitrario collage ermeneutico o, quanto meno, di un errore prospettico.

E’ sufficiente al riguardo considerare che l’art. 122 delinea l’ambito di applicazione delle norme a tutela del credito ai consumatori contenute nel TUB, e solo nel TUB, di talche’ non ha senso, dopo aver sostenuto che, abrogata la parola restante, l’intera disciplina del credito al consumo trovi la propria regolamentazione non piu’ (anche) nel Codice del consumo, ma unicamente nel Testo Unico Bancario, contestare il giudizio di nullita’ della clausola di deroga al foro del consumatore, in ragione della inapplicabilita’ della normativa di tutela ai contratti di credito aventi ad oggetto finanziamenti di importo inferiore a 200,00 euro o superiore a 75.000,00 Euro. La fonte della quale l’art. 122 ridisegna l’area non e’, si ripete, il D.Lgs. n. 206 del 2005, per cio’ che attiene al credito al consumo, ma esclusivamente il D.Lgs. n. 385 del 1993, il quale non prevede alcun foro del consumatore, di talche’ neppure si occupa di eventuali clausole di deroga alla disciplina della competenza.

Ne consegue che l’elisione del termine restante e’ modifica di carattere meramente lessicale, sollecitata dalla necessita’ di richiamare puramente e semplicemente la normativa del TUB, a integrazione di quella generale del D.Lgs. n. 206 del 2005, dopo l’abrogazione della disciplina specifica per il credito al consumo ivi contenuta.

2. Passando quindi all’esame delle deduzioni in ordine alla insussistenza delle condizioni per la declaratoria di nullita’ della clausola di deroga alla competenza del giudice del luogo di residenza o di domicilio elettivo del consumatore, D.Lgs. n. 206 del 2005, ex art. 36 il collegio ritiene di non potere fare proprio il contenuto della sopra trascritta relazione, per quanto attiene al giudizio di non vessatorieta’ della clausola in ragione della insussistenza di un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, comma 1). E’ invero opinione della Corte che il professionista, sul quale incombe il relativo onere probatorio, non abbia adeguatamente dimostrato che la clausola di deroga al foro dei consumatore, valutata tenendo conto della natura del bene oggetto del contratto, delle circostanze esistenti al momento della sua conclusione e di altre clausole del contratto medesimo, D.Lgs. n. 206 del 2005, ex art. 34 non crei siffatto squilibrio, apparendo in definitiva empirico e inappagante il riferimento al valore economico del bene il cui acquisito e’ stato finanziato dalla societa’ di leasing e alle condizioni della sua fruizione.

3. Per il resto, invece, il collegio condivide i giudizi esposti dal relatore, tanto piu’ che le repliche contenute nella memoria depositata dalla ricorrente, pur se espressive della soggettiva opinione del difensore della parte in ordine alla assenza dei profili di infondatezza evidenziati nella relazione, non giustificano il superamento delle considerazioni ivi svolte.

Segnatamente, appare corretto e ineccepibile l’accertamento del giudice di merito secondo cui non solo nessuna prova e’ stata offerta da Mercantile Leasing circa l’espletamento di una seria trattativa individuale, ma piuttosto la sequenza degli atti e la utilizzazione per la stipula di un modulo standard, predisposto dal professionista, attestano che in concreto la clausola di deroga non fu oggetto di alcuna effettiva negoziazione. Di talche’ correttamente ne e’ stata ritenuta l’inefficacia. Il ricorso deve in definitiva essere rigettato.

La difficolta’ delle questioni consiglia di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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