Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15277 del 20/06/2017


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Cassazione civile, sez. un., 20/06/2017, (ud. 11/04/2017, dep.20/06/2017),  n. 15277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3009/2009 proposto da:

REGIONE PIEMONTE, in persona del Presidente della Giunta Regionale

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE

14, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO FRA COOPERATIVE DI PRODUZIONE E LAVORO, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DI RIPETTA 70, presso Io studio dell’avvocato MASSIMO

LOTTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO

PAVIRANI;

– controricorrente –

e contro

CONSORZIO SMALTIMENTO RIFIUTI ASTIGIANO;

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata in

data 22/02/2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/04/2017 dal Consigliere Dott.ssa MAGDA CRISTIANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per

l’inammissibilità, in subordine per l’accoglimento del ricorso;

udito l’avvocato Emanuela Romanelli per delega orale dell’avvocato

Gabriele Pafundi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Consorzio fra Cooperative di Produzione e Lavoro (in seguito CONSCOOP), cui il Consorzio Smaltimento Rifiuti Astigiano (in seguito CSRA), costituito fra i Comuni della provincia, aveva appaltato la realizzazione di una discarica in località (OMISSIS), convenne in giudizio l’ente committente dinanzi al Tribunale di Asti per sentirlo condannare – previa declaratoria di risoluzione del contratto per suo grave inadempimento – al risarcimento dei danni subiti a causa della mancata consegna dei lavori; il convenuto, costituitosi in causa, concluse per il rigetto delle domande ed inoltre, ottenuta l’autorizzazione a chiamare in garanzia la Regione Piemonte, chiese che, in ogni caso, questa lo tenesse manlevato da ogni conseguenza pregiudizievole della lite; la Regione, costituitasi a sua volta, eccepì in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del G.O. sulla domanda di garanzia.

Il tribunale adito, con sentenza del 3.7.2003, declinò la propria giurisdizione, su tutte le domande, in favore del giudice amministrativo.

La decisione, appellata da CONSCOOP, è stata riformata dalla Corte d’appello di Torino, che, rilevato che la pretesa dell’attore, appellante traeva origine dall’esecuzione del contratto d’appalto, ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, precisando che la domanda di manleva svolta in via subordinata da CSRA non aveva influenza ai fini dell’attribuzione della giurisdizione.

La sentenza, pubblicata il 22.2.08, è stata impugnata dalla Regione Piemonte con ricorso per cassazione affidato a tre motivi ed illustrato da memoria, cui CONSCOOP ha resistito con controricorso.

CSRA non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Con tutti e tre i motivi di ricorso, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, la Regione Piemonte lamenta che non sia stato dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla sola causa promossa nei suoi confronti da CSRA con l’atto di chiamata in garanzia.

1.1) La ricorrente, premessa la propria estraneità al contratto d’appalto, deduce che la controversia introdotta dal convenuto, concernente pretese patrimoniali e risarcitorie derivanti da presunti vizi procedimentali di atti e provvedimenti da essa emanati (approvazione dell’ubicazione dell’impianto; autorizzazione all’occupazione d’urgenza dei terreni necessari alla sua realizzazione; commissariamento, in via sostitutiva, degli enti comunali consorziati rimasti inerti nell’apprestare le attività di progettazione della discarica) è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi della L. n. 205 del 2000, art. 7, n. 3, lett. b).

1.2) Sostiene, quindi, che non si versa in fattispecie disciplinata dall’art. 32 c.p.c. e che la domanda di garanzia, distinta sia per il titolo sia per l’oggetto dalla domanda proposta dall’appaltatore contro il committente, non ha dato luogo ad un’ipotesi di litisconsorzio necessario o facoltativo: a suo dire, si sarebbe invece in presenza di due cause scindibili, vertenti fra parti diverse, con la conseguenza che il giudice d’appello avrebbe dovuto esaminare e pronunciare separatamente sulla questione di giurisdizione in relazione a ciascuna di esse.

2) I motivi devono essere respinti.

Come emerge chiaramente dalla lettura della comparsa di costituzione di CSRA, il convenuto, pur riconoscendo di non aver provveduto alla consegna dei lavori entro il termine contrattualmente pattuito, ha negato ogni sua responsabilità nell’inadempimento e si è difeso affermando che il contratto era divenuto ineseguibile per motivi sopravvenuti (l’annullamento da parte del TAR Piemonte della delibera di approvazione regionale del progetto per la realizzazione della discarica e, conseguentemente, del decreto di occupazione d’urgenza) imputabili in via esclusiva alla Regione Piemonte, espressamente indicata (pag. 9, u. cpv.) come unico soggetto eventualmente tenuto a risarcire i danni subiti dall’appaltatore.

CSRA ha in sostanza individuato nella Regione l’effettiva titolare, dal lato passivo, del rapporto giuridico controverso.

Secondo l’orientamento costante e consolidato di questa Corte di legittimità, nell’ipotesi – verificatasi nel caso di specie – in cui il convenuto contesti la propria legittimazione passiva rispetto all’obbligazione dedotta in giudizio e provveda a chiamare in causa il terzo ritenuto obbligato in sua vece, chiedendone la condanna a tenerlo manlevato, l’atto di chiamata, al di là delle formula adottata, va inteso come chiamata del terzo responsabile e non già come chiamata in garanzia impropria, dovendosi privilegiare l’effettiva volontà del chiamante di ottenere la declaratoria dell’ esclusiva responsabilità del terzo e la propria liberazione dalla pretesa dell’attore. In tal caso la domanda risarcitoria è automaticamente estesa al chiamato, tanto che il giudice può pronunciarne la condanna anche in difetto di un’espressa richiesta dell’attore, senza per questo incorrere nel vizio di extrapetizione (fra molte, Cass. n. 254 del 2006, n. 20610 del 2011, n. 12317 del 2011, n. 17482 del 2012): la causa diviene dunque unica ed inscindibile e si determina una situazione di litisconsorzio necessario processuale (fra molte, Cass. n. 8486 del 2016, n. 8854 del 2007, n. 847 del 2007).

Pertanto, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, il giudizio di gravame era soggetto alla disciplina propria delle cause inscindibili, che comportava la necessaria unitarietà della decisione sulla questione di giurisdizione.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 7.200, di oltre rimborso forfetario e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2017

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