Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15277 del 05/06/2019

Cassazione civile sez. II, 05/06/2019, (ud. 14/03/2019, dep. 05/06/2019), n.15277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20461/2015 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO

1, presso lo studio dell’avvocato LUCA VIANELLO, che la rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

B.F., B.B.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 344/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 16/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/03/2019 dal Consigliere GIUSEPPE TEDESCO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che:

La Corte d’appello di Brescia ha confermato la sentenza di primo grado, riconoscendo l’inammissibilità dell’azione di riduzione proposta da S.A. con riferimento alla successione del coniuge separato Renato Galletti, deceduto il 26 febbraio 1997, il quale aveva disposto con testamento in favore del coniuge un legato di usufrutto generale, qualificato dai giudici di merito legato in sostituzione di legittima.

Secondo la corte di merito l’attrice non aveva rinunciato al legato sostitutivo preventivamente o quanto meno contestualmente alla proposizione della domanda di riduzione.

In verità la rinuncia al legato era intervenuta, ma la corte di merito l’ha ritenuta tardiva, in quanto operata dopo che la legataria aveva compiuto atti di esercizio del diritto, ravvisati nel fatto che l’attrice aveva continuato ad abitare nella ex casa coniugale in (OMISSIS), compresa nell’usufrutto.

Contro la sentenza la S. ha proposto ricorso, affidato a un unico motivo.

Gli intimati sono rimasti tali.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 551 e 649 c.p.c., in relazione agli artt. 540 e 548 c.c..

La corte d’appello non aveva considerato che l’utilizzo dell’appartamento da parte dalla ricorrente non costituiva esercizio del diritto di usufrutto a lei lasciato con il testamento, ma rifletteva l’esercizio del diritto di abitazione spettante ex lege al coniuge ai sensi dell’art. 540 c.c., comma 2, essendo incontroverso, per un verso, che l’immobile costituiva la casa coniugale, per altro verso, che la ricorrente aveva continuato utilizzarlo come propria abitazione in forza di clausola della separazione consensuale intervenuta con il de cuius.

Il ricorso è infondato.

La ricorrente dà per acquisito che i diritti di abitazione e di uso, riconosciuti in favore del coniuge dall’art. 540 c.c., comma 2, spettino anche al coniuge separato senza addebito.

In forza di tale premessa ritiene che la corte non abbia fatto corretta applicazione del principio secondo cui la facoltà di rinunziare al legato, ai sensi dell’art. 549 c.c., è preclusa quando il legatario abbia compiuto atti di esercizio del diritto oggetto del legato, manifestando una volontà incompatibile con la volontà di rinuncia (Cass. n. 20711/2013).

La ricorrente non nega la validità di tale principio, me nega che fosse applicabile nel caso di specie, in considerazione del fatto che la protrazione del godimento trovava il proprio titolo non nel lascito testamentario, ma nei legati ex lege riconosciuti al coniuge dall’art. 540 cit..

L’uso della casa, perciò, non le impediva di rinunciare al legato nel termine di prescrizione.

Fatto è, però, che il principio da cui muove la censura, e cioè che lo stato di separazione non costituisce ostacolo al riconoscimento dei diritti sulla casa familiare a favore del coniuge, benchè sostenuto in dottrina, non è condiviso dalla giurisprudenza di legittimità, che ravvisa nella separazione personale un ostacolo insormontabile al sorgere dei diritti d’abitazione e d’uso. “In caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare faccia venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione dei diritti in parola. Se, infatti, per le ragioni esposte, il diritto di abitazione (e il correlato diritto d’uso sui mobili) in favore del coniuge superstite può avere ad oggetto esclusivamente l’immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius come residenza familiare, è evidente che l’applicabilità della norma in esame è condizionata all’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa adibita ad abitazione familiare; evenienza che non ricorre allorchè, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniugi” (Cass. n. 13407/2014).

A tale principio la Corte ritiene doversi dare continuità.

La circostanza che, nella specie, la casa familiare era stata attribuita al coniuge in virtù di previsione della separazione consensuale omologata, a un attento esame, non introduce un elemento che possa giustificare la diversa considerazione della vicenda.

Rimane infatti valida la considerazione, su cui è essenzialmente fondata la tesi giurisprudenziale contraria al riconoscimento dei legati al coniuge separato, della mancanza della convivenza fra i coniugi al tempo di apertura della successione.

La corte d’appello, pertanto, incontroversa la mancanza di una situazione di convivenza fra coniuge separato e de cuius al tempo dell’aperta successione, non doveva porsi il problema se la permanenza nella casa potesse giustificarsi altrimenti rispetto al legato testamentario.

Ciò posto essa ha ritenuto che, in considerazione del possesso e del godimento del bene ereditario, protrattosi per oltre nove anni, la S. avesse consumato la scelta prevista dall’art. 551 c.c., a favore del legittimario, in guisa da rendere inefficace la rinuncia effettuata nel 2006.

Il relativo apprezzamento non rileva errori di diritto ed è perciò incensurabile in cassazione, come, del resto, ricorda la stessa ricorrente, la cui censura, in effetti, non si dirige contro tale statuizione, ma si esaurisce nel postulare infondatamente un titolo del godimento dell’immobile diverso dal legato testamentario.

Il ricorso, pertanto, va rigettato.

Nulla sulle spese.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo del versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2019

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