Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15275 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 15275 Anno 2015
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: RAGONESI VITTORIO

SENTENZA
sul ricorso 25279-2014 proposto da:
OSAWE KENNEDY, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli
avvocati FABIO TARGA, CARLO BERMONE giusta procura in
calce al ricorso;
– ricorrente contro

MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585;
– intimato –

avverso la sentenza n. 694/2014 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA del 20/12/2013, depositata il 06/03/2014;

Gc, i
-15

Data pubblicazione: 21/07/2015

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito l’Avvocato Piero Frattarelli (delega avvocato Carlo Bermone)

difensore del ricorrente che si riporta agli scritti.

Pie. 2014 n. 25279 sez. M1 – ud. 09-04-2015
-2-

Svolgimento del processo
Con atto depositato il 223.2012, OSAWE KENNEDY proponeva
ricorso dinanzi al Tribunale avverso il provvedimento della

riconoscimento della protezione internazionale. Il ricorrente
deduceva che la sua provenienza ed il fatto di essere di religione
cristiana dovessero essere considerati elementi determinanti e
sufficienti per l’accoglimento della sua domanda in
considerazione delle stragi di cristiani perpetrate dai gruppi
islamici fondamentalisti.
Il 2.6.2013 il Tribunale rigettava il ricorso rilevando che il
ricorrente aveva fornito davanti al Giudice una versione diversa
da quella resa avanti alla Commissione territoriale circa i motivi
per i quali aveva lasciato il paese d’origine e che dal momento
dell’ingresso in Italia a quello della richiesta della domanda
amministrativa erano trascorsi tre anni ed il richiedente non aveva
fornito una giustificazione del ritardo.
Il Kennedy impugnava il provvedimento dinanzi la Corte
d’Appello di Bologna, la quale, condividendo le motivazioni del

Commissione Territoriale, che aveva rigettato la sua istanza di

giudice di prime cure, respingeva il ricorso con sentenza
depositata il 6.3.2014.
Avverso quest’ultimo provvedimento il Kennedy ha proposto

Il Ministero dell’Interno non ha svolto alcuna attività difensiva.

Motivi della decisione
Con il primo motivo viene denunziata la violazione e falsa
applicazione del D.lgs. 251/2007, art. 3, in quanto le dichiarazioni
rese dal ricorrente sono state considerate incoerenti e, dunque,
non plausibili.
Osserva la Corte che, come accertato dalla Corte d’appello, il
Kennedy sosteneva, in un primo momento dinanzi alla
Commissione Territoriale di aver lasciato la Nigeria nel 2011
poiché non voleva prendere il posto del padre che era un adepto
della setta degli Ogboni, mentre successivamente, dinanzi al
Tribunale, aveva dichiarato di essere arrivato in Italia nel 2009
per fuggire alle persecuzioni dei cristiani compiute dal gruppo
Boko Haram.

ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Va premesso che l’art. 3 D.lgs. 251/2007 prevede che, se il
richiedente non ha fornito prova di alcuni elementi rilevanti ai fini
della decisione, le allegazioni dei fatti non suffragati da prova

compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda;
b) ha fornito un’idonea motivazione dell’eventuale mancanza di
altri elementi significativi e le dichiarazioni rese sono
coerenti, plausibili e correlate alle informazioni generali e
specifiche riguardanti il caso; c) ha presentato la domanda il
prima possibile o comunque ha avuto un valido motivo per
ritardarla; d) dai riscontri effettuati il richiedente è attendibile.
(Cass. 4138/2011).
Nel caso di specie, in mancanza di prove volte a corroborare la
sussistenza delle condizioni che hanno indotto il ricorrente a
lasciare la Nigeria, il giudice di merito ha preso in considerazione
la plausibilità delle dichiarazione rese, per poi escluderne la
sussistenza, stante la loro incoerenza.
Invero, l’aver fornito due racconti differenti — anche sulle date
degli avvenimenti , come si evince dal provvedimento impugnato

devono essere ritenuti comunque veritieri se il richiedente: a) ha

— pregiudica la credibilità delle dichiarazioni rese, che in
mancanza di differenti prove non possono essere considerate
plausibili.

alla stregua dei parametri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art.
3, comma 4, con motivazione specificamente rivolta a porre in
evidenza l’incoerenza intrinseca delle circostanze esposte (art. 3,
lett. C).
Il motivo è, quindi, infondato.
Con la seconda censura, anch’essa infondata, il ricorrente si duole
della violazione del D.Igs. 251/2007, art. 14, poiché il Giudice di
merito ha ritenuto non sussistesse nel caso di specie il danno
grave legittimante il riconoscimento della protezione sussidiaria.
Si osserva che la norma richiamata considera “danno grave”:…c)
la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile
derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto
armato interno o internazionale.
Ad avviso del ricorrente l’opinione della Corte di merito sarebbe
in conflitto con la decisione della Corte di Giustizia (C-465/07 del

La valutazione della Corte d’appello è stata pertanto eseguita

17.2.2009) che ha affermato che la concessione della protezione
per l’esistenza di una minaccia grave ed individuale alla vita od
alla persona del richiedente non è subordinata alla prova della

delle ragioni della minaccia.
Va rammentato che, se è certamente indiscutibile la portata
interpretativa del richiamato decisum della Corte di Giustizia, è
altrettanto evidente che detta decisione, escludendo l’onere di
provare la riferibilità soggettiva della minaccia e quindi la
sussistenza di un legame causale tra fattore esterno di pericolo e
la propria condizione soggettiva, non esclude affatto che tra il
primo e la seconda debba comunque esistere una qualsiasi
relazione che faccia ragionevolmente presumere che al rimpatrio
del richiedente segua il suo coinvolgimento effettivo nella
situazione di pericolo (Cass. 18231/2014).
Ma è proprio la sussistenza di tale presunzione che la Corte di
merito ha escluso sulla base del fatto che il singolo Stato
nigeriano dal quale proviene il ricorrente non è, secondo le stesse
fonti fornite dalla parte, caratterizzato da diffuse violenze.

sussistenza di una relazione di imputabilità o riferibilità personale

;

Dunque, nella specie, il collegamento tra il fattore esterno di
pericolo e la condizione soggettiva del ricorrente è stato
correttamente escluso , perché non sussistono elementi idonei a

personale connesso con la situazione di conflitto esistente in
Nigeria, diverso da quello che può colpire genericamente tutti gli
abitanti dell’area, venendo in tal modo meno il contenuto minimo
del diritto al riconoscimento di una misura di protezione
internazionale di natura individuale (Cass 359/2013).
Il ricorso va, pertanto, rigettato e, non avendo l’Amministrazione
svolto attività difensiva, non si procede alla liquidazione delle
spese.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono i presupposti per l’applicazione del doppio
contributo ex art. 13, comma l quater del DPR 115/02.

\

ritenere il ricorrente soggettivamente esposto ad un rischio

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