Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15274 del 25/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 25/07/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 25/07/2016), n.15274

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 617/2015 proposto da:

B.G., D.L., B.F.,

B.A., BE.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

SANTA MARIA AUSILIATRICE 44, presso lo studio dell’Avvocato GIOVANNI

MARIA FACILLA, che li rappresenta e difende, giusta procura in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE in persona del

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati CLEMENTINA

PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7179/2014 del TRIBUNALE di ROMA del

25/06/2014, depositata il 25/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/06/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI;

udito l’Avvocato FACILLA GIOVANNI MARIA, difensore dei ricorrenti, il

quale si riporta al ricorso e chiede PU;

udito l’Avvocato RICCI MAURO, difensore del controricorrente, il

quale si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Tribunale di Roma, decidendo sul ricorso in opposizione avverso l’accertamento tecnico preventivo proposto dagli eredi di B.G., ha dichiarato il diritto di questi ultimi a percepire i ratei maturati dell’indennità di accompagnamento chiesta con domanda amministrativa del 22.5.2012 a decorrere dall’11.8.2013, quando si erano realizzate le condizioni sanitarie necessarie al riconoscimento della prestazione azionata.

Per la cassazione della sentenza ricorrono gli eredi B. con tre motivi dolendosi:

1.- della violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, stante la carenza della motivazione con riguardo alle censure mosse alla consulenza svolta in sede di ATP, risolventesi in una motivazione del tutto apparente;

2.- violazione e falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1, avendo il Tribunale erroneamente ritenuto di dover accertare l’invalidità del loro dante causa, già riconosciuta, laddove invece si era chiesto di accertare l’esistenza del diverso requisito sanitario necessario al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento sin dalla domanda amministrativa, e non dall’aggravamento sopravvenuto, accertamento omesso dal consulente in sede di ATP e pretermesso dal Tribunale.

3.- violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per avere il giudice compensato per 2/3 le spese senza la necessaria motivazione connessa alla possibilità di procedere alla compensazione solo in caso di soccombenza reciproca o per gravi ed eccezionali ragioni.

Si è costituito l’Inps per resistere al ricorso.

Le prime due censure sono manifestamente infondate.

La sentenza del Tribunale è succintamente ma adeguatamente motivata.

Con valutazione di merito insuscettibile di un nuovo esame in sede di legittimità si è dato conto delle ragioni per le quali si è ritenuto di limitare l’arco temporale della nuova consulenza medico legale.

La conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, non richiede l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio posti a base della decisione o di quelli non ritenuti significativi, essendo sufficiente, al fine di soddisfare l’esigenza di un’adeguata motivazione, che il raggiunto convincimento risulti da un riferimento logico e coerente a quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie vagliate nel loro complesso, che siano state ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo, in modo da evidenziare l'”iter” seguito per pervenire alle assunte conclusioni, disattendendo anche per implicito quelle logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Cass. n. 8294 del 2011 ed anche ord. 25509 del 2014).

Neppure sussiste la denunciata violazione della L. n. 18 del 1980, art. 1, atteso che il Tribunale, ancora una volta con valutazione di merito, ha fondato il suo convincimento di limitare l’accertamento peritale proprio tenuto conto delle censure formulate e della mancanza di elementi idonei a modificare la valutazione espressa dal primo consulente fino all’11.8.2013, quando l’aggravamento risultava documentato.

Costituisce un mero refuso l’indicazione contenuta nella prima parte della sentenza dove, nel descrivere la domanda si fa riferimento genericamente “allo stato di invalidità” invece che, più esattamente alla prestazione in concreto azionata.

Nella parte motiva della sentenza risulta infatti con chiarezza che la prestazione chiesta era l’indennità di accompagnamento e che nel valutare la fondatezza della domanda il giudice ha tenuto presente le disposizioni che la regolano.

Quanto all’adesione prestata dal Tribunale alle conclusioni del consulente va rammentato che tale scelta è censurabile solo in caso di palese deviazione dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi.

Al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, che si traduce, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice (cfr. Cass. n. 3438 del 2016, n. 1652 del 2012, n. 569 del 2011, n. 9988 del 2009 e n. 8654 del 2008).

Quanto alla censura che investe la parziale compensazione delle spese va rilevato che le stesse sono state compensate avuto riguardo al solo parziale accoglimento della domanda e dunque sulla base del criteri, indicato dall’art. 92 c.p.c., della “soccombenza reciproca”.

Al riguardo va rammentato che pure nella vigenza delle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009, art. 92, nel caso in cui la compensazione sia disposta in ragione del solo parziale accoglimento della domanda rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ed il giudice di merito non è tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente.

In conclusione il ricorso manifestamente infondato deve essere rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, poste a carico della parte ricorrente.

La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

PQM

La Corte, rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro, 2500,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2016

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