Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15270 del 23/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/06/2010, (ud. 20/05/2010, dep. 23/06/2010), n.15207

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5826-2007 proposto da:

FRANCIS SUB S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 187, presso lo

studio dell’avvocato MAGNANO DI SAN GIOVANNI, rappresentata e difesa

dall’avvocato FERRAROTTO CONCETTO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI

ANTONIETTA, CORRERA FABRIZIO, MARITATO LELIO, giusta mandato in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 97/2006 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 18/02/2006 R.G.N. 4/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato il 9.1.2004 la società Francis Sub s.p.a.

proponeva appello, ritualmente notificato, avverso la sentenza del Tribunale di Enna, quale giudice del lavoro, con cui veniva rigettata l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 338/2000 del 19.11.1998, emesso dal Pretore di Enna in favore dell’INPS. In fatto, con il suddetto decreto era stato ingiunto alla società Francis Sub s.p.a. di pagare in favore dell’INPS la somma complessiva di L. 134.618.000 di cui L. 35.531.000 per contributi omessi relativi al periodo 1.8.1989 – 31.10.1990 e L. 99.087.000 a titolo di somme aggiuntive ex L. n. 48 del 1988 calcolate fino al 23.10.1996, oltre alle spese pari a L. 2.660.000.

In particolare l’ingiunzione di pagamento scaturiva da un accertamento ispettivo effettuato il 8.4.1994 a seguito delle denunce presentate da alcuni operai) che lamentavano l’omesso versamento dei contributi per il periodo dal il 1.8.89 al 30.11.1989; risultava inoltre che gli stessi, pur non avendo lavorato, avevano regolarmente ricevuto acconti mensili a titolo di C.I.G., acconti che, secondo i verbalizzanti, dovevano essere assoggettati a contribuzione.

Precisava inoltre l’Istituto che per il suddetto titolo i contributi dovuti erano stati calcolati in L. 15.704.0000, somma a cui andava aggiunta la somma di L. 6.134.000 a titolo di sgravio indebitamente operato ai sensi della L. n. 1089 del 1968 e di L. 3.693.000 a titolo di fiscalizzazione indebita ai sensi della L. n. 48 del 1988, art. 4.

2. Con il primo motivo d’appello la società eccepiva l’intervenuta prescrizione del credito eccedente la somma di L. 15.704.000 avendo l’INPS interrotto la prescrizione solo per tale importo e, subordinatamente nel limite di L. 35.531.000. In particolare rilevava che le somme dovute a titolo di sanzioni aggiuntive apparivano immotivatamente aumentate rispetto all’importo di L. 72.274.865 indicato dall’INPS e calcolato fino al 23.10.1996.

In disparte il secondo ed il terzo motivo, che ponevano questioni non più rilevanti nel presente giudizio, con il quarto motivo lamentava la inesattezza della sentenza laddove nella stessa era detto che con l’accordo aziendale dell’8.1.1990 si era escluso tassativamente che vi fosse stata prestazione di lavoro da parte dei soggetti di cui trattasi nel periodo 1.8.89-30.11.1990. Poichè tale accordo era intervenuto nel gennaio 1990, le parti non avrebbero potuto prevedere fatti, diritti e crediti futuri, per cui il tribunale di Enna avrebbe dovuto ritenere l’efficacia vincolante della transazione attinente a diritti già acquisiti.

Con il quinto motivo la società appellante rilevava come, sebbene in caso di mancata autorizzazione all’intervento della C.I.G., gli importi erogati costituiscono parte della retribuzione e secondo un orientamento giurisprudenziale sarebbero assoggettati a contribuzione, tuttavia trattandosi di somme erogate a titolo di liberalità in base ad un accordo transattivo, non potevano essere qualificate come acconti a titolo di cassa integrazione e quindi non erano assoggettate a contribuzione come disposto dalla L. n. 153 del 1969, art. 12, n. 6.

Si costituiva ritualmente l’INPS, chiedendo il rigetto dell’appello.

La Corte d’appello di Caltanisetta con sentenza dell’8.18 febbraio 2006, rigettava l’appello condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite.

3. Avverso questa pronuncia propone ricorso per cassazione l’originario ricorrente.

Resiste con controricorso la parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, formulando il seguente quesito di diritto: “Se può considerarsi intervenuta l’interruzione della prescrizione degli imponi pretesi dall’Ente previdenziale quando tali importi sono imputabili e pretesi a titolo di somme aggiuntive e non sono quantificati nel verbale ispettivo che viene assunto quale atto interruttivo della stessa prescrizione ed anzi quando tali somme sono quantificate in sede di procedimento monitorio”.

Con secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2099, 1256 e 1463 c.c., nonchè dell’art. 2113 c.c. in combinato disposto con gli artt. 410 e 411 c.p.c., gli artt. 1321, 1362 e 2697 c.c., in relazione alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 12, n. 6); ed in relazione al D.L. n. 338 del 1989, art. 6, comma 10, conv. in L. n. 389 del 1989, formulando il seguente quesito di diritto: “Se sussiste obbligo contributivo in ordine a importi erogati in via eccezionale dal datore di lavoro in favore dei propri dipendenti in occasione di concordata sospensione dell’attività lavorativa ed in difetto di alcuna richiesta di concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria, altresì sul presupposto del concorde riconoscimento che la mancata presenza sul lavoro dei dipendenti vada qualificata come assenza e quindi come fatto da cui non può sorgere l’obbligo del datore di lavoro di rendere la propria controprestazione retributiva”.

2. Il primo motivo del ricorso è infondato.

Correttamente la Corte d’appello ha ritenuto che l’efficacia di atto interruttivo si estende a tutte le somme analiticamente indicate, ivi comprese le sanzioni civili che costituiscono un accessorio del credito.

3. Il secondo motivo del ricorso è parimenti infondato.

In diritto va ribadito quanto già affermato da questa Corte (Cass., sez. lav., 19-11-2002, n. 16305): In base alla L. n. 153 del 1969, art. 12 le erogazioni liberali del datore di lavoro ai propri dipendenti sono sottratte alla contribuzione a condizione che: a) non sussista alcun obbligo rispetto ad esse a carico del datore di lavoro; b) le elargizioni siano concesse per eventi eccezionali e non ricorrenti; c) non vi sia alcun collegamento, neppure indiretto, tra le elargizioni stesse, il rendimento dei lavoratori e l’andamento aziendale; l’accertamento relativo a tale ultimo collegamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e, come tale, incensurabile in sede di legittimità salvo che per vizio di motivazione o violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale. Conf. Cass., sez. lav., 07-04-2001, n. 5224.

Nella specie la Corte d’appello, con valutazione di merito non censurabile in sede di legittimità perchè motivata sufficientemente e non contraddittoriamente, ha ritenuto che tali somme sono ricollegate alla sospensione dell’attività lavorativa ed all’avvio della C.I.G., seppur successivamente sia stata revocata la domanda di intervento della stessa, per cui non sono ascrivibili ad un atto di mera liberalità.

In proposito questa Corte (Cass., sez. lav., 04-07-1997, n. 6015) ha affermato che in caso di sospensione dell’attività lavorativa per l’attualità di una crisi aziendale implicante la possibilità di intervento della cig, la giuridica qualificazione delle somme corrisposte a titolo di anticipazione della prestazione previdenziale è consentita solo all’esito del procedimento per l’ammissione al trattamento di integrazione salariale, e in caso di mancato accoglimento della richiesta di intervento della cig tali importi costituiscono solo una parte della retribuzione, al cui pagamento il datore di lavoro continua ad essere interamente obbligato in base alla disciplina generale delle obbligazioni e dei contratti con prestazioni corrispettive, trovandosi in una situazione di mora credendi rispetto ad una sospensione unilateralmente da lui disposta, in difetto del relativo potere. Cfr. anche Cass., sez. lav., 07-04- 2001, n. 5224, cit., che con riferimento a somme corrisposte una tantum ai dipendenti ne ha affermato l’assoggettamento a contribuzione che può ritenersi escluso solo ove non vi sia alcun collegamento, neppure indiretto, tra le elargizioni stesse e il rendimento dei lavoratori e l’andamento aziendale; l’accertamento relativo a tale ultimo collegamento costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e, come tale, è incensurabile in sede di legittimità salvo che per vizio di motivazione o per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale.

4. Il ricorso va quindi rigettato.

Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 15,00 per esborsi oltre Euro 2.000,00 (duemila) per onorario d’avvocato ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2010

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