Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15270 del 21/07/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 15270 Anno 2015
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 12353-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRA

inpersona del Direttore pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
MIGLIORATO ERNESTO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE MAZZINI 114/B, presso lo studio dell’avvocato
SALVATORE COLETTA, rappresentato e difeso dall’avvocato
MARIO SIGNORE, per delega in calce al ricorso;
controricorrente

431-3

Data pubblicazione: 21/07/2015

,

‘1

avverso la sentenza n. 155/39/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE DI ROMA – SEZIONE
DISTACCATA di LATINA, depositata il 18/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/06/2015 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;

rinnovazione della notifica e la trattazione in pubblica udienza.
In fatto e in diritto.
La CTR del Lazio, con la sentenza n.155/2013/39, depositata il 18.3.2013,
rigettava l’appello proposto dall’Ufficio avverso la pronunzia dì primo grado
che aveva accolto il ricorso proposto da Migliorato Antonio contro l’avviso di
accertamento relativo a IRPEF per l’anno 2004.
Secondo il giudice di appello era da ritenere fondata la preliminare eccezione di
nullità dell’avviso per la mancata allegazione dell’atto autorizzativo
all’acquisizione dei dati bancari. Tale omissione non aveva consentito di
individuare le ragioni poste a base del mezzo istruttorio, nemmeno risultando
rispettato l’obbligo di motivazione del provvedimento medesimo. La mancata
conoscenza e produzione del provvedimento di autorizzazione in allegato
all’avviso di accertamento determinava quindi una carenza di motivazione
dell’atto impositivo, cagionandone l’invalidità alla stregua dell’alt 7
1.n.212/2000.
Occorreva poi tenere conto dell’obbligatorietà della motivazione dei
provvedimenti amministrativi nascente dalla 1.n.241/1990, applicabile anche
all’atto di autorizzazione alle indagini bancarie. Aggiungeva ancora la CIR che
l’atto autorizzativo anzidetto era in grado di incidere direttamente sulle
posizioni giuridiche dei soggetti contribuenti e in forza dell’art12
L.n.212/2000; ciò imponeva all’Ufficio di esplicitare in motivazione le ragioni
effettive che lo avevano indotto al compimento del mezzo istruttorio. Pertanto
l’attività di verifica risultava svuotata dei presupposti erroneamente considerati
dall’Ufficio per giustificare gli accessi operati. Tali ragioni avevano secondo la
CTR natura assorbente rispetto alle ulteriori questioni.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico
motivo al quale ha resistito con controricorso Migliorato Ernesto.
L’Agenzia deduce la violazione degli artt.32 comma 1, nn.2 e 7, 33 e 38 DPR
n.600/73, nonché la falsa applicazione dell’art7 e dell’art12 L.n.212/2000 e
dell’art3 L.n.241/1900. Rileva che l’atto di autorizzazione alle indagini
bancaria era stato regolarmente indicato nell’avviso di accertamento- riprodotto
ai fini dell’autosufficienza in ricorso- e che la mancata allegazione di tale atto
non rendeva necessaria la sua esibizione al contribuente. Nemmeno poteva
convenirsi con la CTR in ordine alla necessità della motivazione del
provvedimento autorizzatorio, lo stesso avendo natura preparatoria e non
provvedimentale.

Ric. 2014 n. 12353 sez. MT – ud. 24-06-2015
-2-

udito l’Avvocato GIANCARLO CASELLI, che ha chiesto la

La parte intimata, costituitasi con controricorso, ha dedotto l’inammissibilità
del ricorso alla stessa notificato, essendo carente di legittimazione passiva.
L’Agenzia ha depositato memoria.
Il ricorso è manifestamente inammissibile, risultando notificato a soggetto
diverso dalla parte processuale del giudizio di merito.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte la qualità di parte legittimata a
proporre appello o ricorso per cassazione, come a resistervi, spetta ai soggetti
che abbiano formalmente assunto la veste di parte nel previo giudizio di merito,
con la conseguenza che va dichiarata inammissibile l’impugnazione proposta
contro soggetti diversi da quelli che sono stati parti nel suddetto giudiziocfr.Cass.n.52012012- .
Le superiori conclusioni resistono alle prospettazioni difensive esposte
dall’Agenzia in memoria, non risultando dal ricorso per cassazione alcun’altra
indicazione idonea a fare risalire la controversia ad un soggetto diverso da
quello esplicitamente indicato come parte del giudizio di appello al quale
l’Agenzia ha invece ritualmente notificato l’atto processuale medesimo.
Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio in relazione alla
peculiarità della vicenda processuale.
P.Q.M.
La Corte, visti gli artt.275 e 380 bis c.p.c.
Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio.
Così deciso il 24 giugno 2015 nella camera di consiglio della sesta sezione
civile in Roma.

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