Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15270 del 01/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 01/06/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 01/06/2021), n.15270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19104-2016 proposto da:

MARINA DI PESCARA SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL

POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato LEONELLO BROCCHI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 201/2016 della COMM. TRIB. REG.ABRUZZO

SEZ.DIST. di PESCARA, depositata il 23/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Emerge dalla sentenza indicata in epigrafe che la società Marina di Pescara s.r.l. impugnava l’avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava l’imposta di registro proporzionale sui corrispettivi al cui pagamento veniva condannata con lodo arbitrale in favore dell’ente appaltatore per le migliorie realizzate nel corso del rapporto di affidamento e gestione, dichiarato risolto in conseguenza dell’inadempimento contrattuale della società Danimar Boat Service, condannata anch’essa, in favore della società concedente al pagamento dei canoni non pagati alle scadenze, sul rilievo che si trattava di corrispettivi assoggettati ad IVA, con la conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura fissa.

La CTP di Pescara respingeva il ricorso.

Proposto appello dall’amministrazione finanziaria, in riforma della prima decisione, la Commissione tributaria regionale dell’Abbruzzo ha rilevato che il corrispettivo dovuto per le migliorie realizzate dalla società Danimar (contraente inadempiente) dovessero essere considerate avulse dal contratto di appalto e non assimilabili alle prestazioni di sevizi “sicchè il ristoro indennitario costituisce esclusivamente il pendant voluto dalla disposizione codicistica dell’art. 1150 c.c. allo scopo di assicurare il riequilibrio patrimoniale relativamente all’aumento del valore goduto dal bene,” così come analoga valutazione operava con riferimento al ristoro della spesa sostenuta per lo svolgimento delle prestazioni lavorative mai autorizzate in sede di contrattazione, rispetto alla quale assumeva che il collegio arbitrale aveva applicato il disposto dell’art. 2041 c.c., ritenendo che tutte le prestazioni non fossero soggette ad Iva con la conseguente applicazione della tassazione a regime proporzionale commisurata al valore.

Contro questa sentenza la società Marina di Pescara propone ricorso che articola in un unico motivo, per ottenerne la cassazione, al quale l’amministrazione finanziaria replica con controricorso.

Diritto

CONSIDERAZIONI IN DIRITTO

2. Con l’unico e pluriarticolato motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1, 2, 3 e 15, nonchè del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che i corrispettivi esulassero dal contratto di appalto e non fossero assoggettati ad iva.

Rimarca la ricorrente che la CTR ha errato nell’affermare che il pagamento del compenso esulasse dall’attività di impresa, trattandosi al contrario di indennizzo concernente il miglioramento delle infrastrutture portuali finalizzate alla erogazione dei servizi di rimessaggio, custodia, assistenza, manutenzione ordinaria e straordinaria, varo ed alaggio dei natanti, assoggettato ad IVA, precisando che, comunque, il contratto prevedeva la realizzazione dell’hangar di 1500 mq nell’area del cantiere del porto turistico(periodo d) delle premesse, nonchè alla clausola n. 9) secondo la quale la società si impegnava a completare il piano di investimenti di cui all’allegato che concerneva appunto la realizzazione dell’hangar.

2. La censura è parzialmente fondata.

Occorre rilevarsi, in relazione alle difese svolte dall’Agenzia sia nel giudizio di merito che in questa sede, secondo le quali non risultava alcuna documentazione in ordine alla concreta soddisfazione dell’iva sui corrispettivi incassati, che, come questa Corte ha statuito, secondo un consolidato principio di diritto, il regime legale dell’obbligazione tributaria, – qui con riferimento al principio di alternatività tra l’Iva e l’imposta di registro, – ha carattere imperativo, e natura inderogabile, in quanto sottratto alle libere scelte delle parti; si è, difatti, osservato che “nei casi di imposizione alternativa il contribuente e ancora di più l’ufficio, hanno rispettivamente l’obbligo di corrispondere o di richiedere il tributo effettivamente dovuto e non quello per primo corrisposto o scelto dal contribuente in base a considerazioni soggettive” (Cass. n. 23219/2019; Cass., 21 febbraio 2019, n. 5225; Cass., 10 agosto 2010, n. 18524; Cass., 12 marzo 1996, n. 2021; Cass., 11 aprile 1996, n. 3427).

Non è, allora, conferente la censura che viene svolta con riferimento al difetto di prova che per i corrispettivi dovuti per canoni contrattuali pregressi non pagati alle relative scadenze (punto 3 del lodo come trascritto nel controricorso) fosse stata assolta l’IVA, in quanto ciò che rileva, ai fini del principio di alternatività, è che l’operazione rientri nel campo di applicazione dell’Iva, seppur esente (cd. soggezione teorica; cfr., ex plurimis, Cass., 27 novembre 2015, n. 24268; Cass., 20 aprile 2007, n. 9403; Cass., 21 maggio 1990, n. 4577), e ciò, come si è rilevato, perchè il contribuente ha l’obbligo di corrispondere il tributo previsto dalla legge e non quello scelto in base a considerazioni soggettive.

Ne discende l’irrilevanza del concreto assolvimento dell’onere di corrispondere Viva sulle somme dovute in relazione al contratto di affidamento di gestione delle strutture portuali.

In relazione al punto 4) del lodo arbitrale, l’avviso di liquidazione impugnato ha ad oggetto una richiesta di pagamento dell’imposta di registro, determinata in misura proporzionale ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa allegata, prima parte, art. 8, comma 1, lett. b), rispetto ad una statuizione di condanna, emessa nei confronti della società contribuente, al pagamento, nella misura dell’aumento di valore conseguito per effetto dei miglioramenti ex art. 1150 c.c., di somme per “migliorie” apportate alla struttura per la realizzazione dell’hangar, autorizzate dalla società Marina di Pescara e da eseguire ai sensi dell’art. 6 del contratto a cura e spese della società Danimar, nonchè al pagamento di una somma per l’esecuzione di altre opere (realizzazione del marciapiede e asfaltatura), – sebbene non autorizzate – dovuta a titolo di indennizzo ai sensi dell’art. 2041 c.c..

L’art. 8 cit. assoggetta ad imposta di registro gli atti dell’Autorità Giudiziaria ordinaria e speciale in materia di controversie civili che definiscono, anche parzialmente, un giudizio, prevedendo, in una articolata casistica, fattispecie in cui l’imposta è dovuta in misura fissa ed altre in cui è dovuta in misura proporzionale. Ai sensi della lett. b) sono soggetti ad un imposta proporzionale del 3/o quelli ” recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura”; recita poi la nota II allo stesso articolo:” Gli atti di cui al comma 1, lettera b), e al comma 1-bis non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi del testo unico, art. 40.” Secondo il richiamato art. 40, comma 1, “Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa.” Dal quadro normativo innanzi delineato deriva l’operatività nel nostro sistema tributario del principio della cd alternatività tra l’IVA e l’imposta di registro, che esclude l’applicabilità dell’imposta di registro in misura proporzionale per la registrazione di atti relativi ad operazioni che risultano già assoggettate ad IVA. La corretta applicazione di tale principio presuppone che in presenza della registrazione di una sentenza di condanna al pagamento di somme venga verificato, preliminarmente, se quelle stesse somme si riferiscano o meno a prestazioni di beni o servizi soggette all’imposta sul valore aggiunto.

Come si è detto, il lodo arbitrale sottoposto a registrazione (dopo la rituale dichiarazione di esecutività) statuiva la condanna della società ricorrente al pagamento di maggiori corrispettivi in favore della società Danimar Boat Service in dipendenza di opere edili relative alla struttura dell’hangar (autorizzata dalla stazione appaltante e da eseguirsi i sensi dell’art. 6 del contratto a cura e spese della società appaltatrice) e di altre opere non autorizzate dalla concedente, qualificando dette somme l’una come indennità ex art. 1150 c.c. da versarsi quale misura dell’aumentato valore conseguito dalla struttura, l’altra come indennità ex art. 2041 c.c. (somme dovute per opere non autorizzate tenuto conto dell’arricchimento senza causa della ricorrente).

Ciò premesso, questa Corte ha statuito che, quando l’atto da registrare sia una sentenza o un lodo arbitrale, per stabilire i presupposti ed i criteri di tassazione, occorre – in conformità al disposto del D.P.R. 26 aprile 1985, n. 131, art. 20 e tariffa allegata, art. 8, lett. c) – far riferimento al contenuto ed agli effetti che emergono dalla pronuncia stessa, senza possibilità di utilizzare elementi ad essa estranei, nè di ricercare contenuti diversi da quelli su cui si sia formato il giudicato (ex plurimis: Cass., Sez. 5″, 26 febbraio 2009, n. 4601; Cass., Sez. 5″, 20 luglio 2011, n. 15918). “In tema di imposta di registro, se l’atto da registrare è una sentenza o un lodo arbitrale (nella specie recante la condanna al pagamento dei maggiori corrispettivi derivanti da azione di adempimento contrattuale), per stabilire i presupposti ed i criteri di tassazione, in conformità al disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 e tariffa allegata, art. 8, sub c), occorre fare riferimento al contenuto e agli effetti emergenti dalla pronuncia stessa, senza possibilità di utilizzare elementi ad essa estranei nè di ricercare contenuti diversi da quelli su cui si è formato il giudicato.(Cass. n. 12013/20).

Ai sensi dell’art. 1150 c.c., il possessore ha diritto all’indennità per i miglioramenti, purchè l’incremento di valore sussista al tempo della restituzione della cosa, in quanto il diritto medesimo prescinde dall’esistenza di un rapporto contrattuale fra le parti e si correla al dato obiettivo dell’incremento di valore secondo criteri di effettività e attualità, traendo il proprietario vantaggio dalla miglioria solo dal momento della reintegrazione nel godimento del bene (Cass. n. 8152/2012; n. 11300 del 2007).

Ne consegue che l’indennità è esclusa dall’ambito di applicazione dell’Iva per mancanza del presupposto oggettivo: è del tutto assente, infatti, un nesso diretto e immediato tra la locazione – concessione dell’immobile e la corresponsione della somma a titolo di indennizzo. L’esclusione della somma dal campo di applicazione dell’Iva comporta il suo assoggettamento all’imposta di registro con aliquota del 3%.

Analogamente è a dirsi per l’indennità dovuta alla società inadempiente a titolo di indebito arricchimento, prevista dall’art. 2041 c.c. e liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dalla parte nell’erogazione della prestazione (cfr. Cass. 07 novembre 2014, n. 23780).

Questa Corte ha affermato che nel caso in cui le opere fatte dal terzo sul fondo altrui con materiali propri siano state realizzate in esecuzione di un contratto di appalto stipulato con il conduttore del fondo, non trova applicazione l’art. 936 c.c., il quale presuppone che l’autore delle opere non sia legato nè al proprietario nè ad altri cui sia stato concesso il godimento del fondo, da un rapporto negoziale che gli abbia attribuito il diritto di costruire; pertanto, qualora il proprietario non chieda l’eliminazione delle opere, ma preferisca ritenerle, acquisendone l’incremento di valore in danno del costruttore, il problema va risolto sulla base dei principi dettati dagli artt. 2038 e 2041 c.c. in tema di prestazione indebita ed ingiustificato arricchimento (Cass. n. 122550/2009).

Nella fattispecie, le variazioni apportate alle strutture e non autorizzate dalla ricorrente vanno qualificate come “extracontrattuali”, perchè introducono nella prestazione del concessionario della gestione del porto elementi non previsti in contratto, così come statuito dal Collegio arbitrale.

In conclusione, solo l’importo di Euro 48.607,75 dovuto alla società Marina di Pescara, in quanto concernente i canoni contrattuali rientra nell’ambito di applicazione dell’IVA; mentre le altre somme dovute in forza del lodo arbitrale ne sono escluse, in quanto queste ultime, come chiarito da questa Corte, da ultimo (con sentenza 12 novembre 2019, n. 29180), sono dovute a titolo di indennità sia per l’aumento di valore dei cespiti ex art. 1150 c.c. sia per l’ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c. e non scontano l’iva.

L’indennità, difatti, non costituisce elemento costitutivo del contratto, nel senso che l’esistenza del rapporto giuridico che unisce le parti non dipende dal versamento di essa: è a queste condizioni che la giurisprudenza unionale reputa che una somma qualificata come indennizzo remuneri una prestazione di servizi (Corte giust. 3 luglio 2019, causa C-242/18, Unicredit Leasing, punto 71).

Ma, queste indennità non fronteggiano alcuna prestazione di servizi, proprio perchè indennità, chiamate da una parte a compensare la misura dell’aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti, dall’altro a ristorare la diminuzione patrimoniale correlata all’arricchimento (ex art. 2041 c.c.)

Esse non presuppongono alcun legame tra prestazioni scaturenti dal sinallagma contrattuale, poichè la prestazione indennitaria sorge in un momento in cui il rapporto contrattuale è già cessato e non attiene, come stabilito dal collegio arbitrale a prestazioni contrattuali (Cass. 31 agosto 2009, n. 18899 e n. 29180/19, cit.).

La rilevanza degli obblighi di pagamento deve tener conto, anche del principio di alternatività tra iva e imposta di registro fissato dal D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 5 e 40, di modo che qualora sia ravvisabile nella transazione una prestazione di servizi imponibile ai fini iva, sarà questa imposta a dover essere applicata.

Per le suesposte considerazioni, il ricorso va accolto limitatamente al motivo inerente la somma dovuta a titolo di canoni contrattuali dalla società Danimar, che è attratta nel campo IVA, sulla quale è dovuta l’imposta di registro in misura fissa, respinte le altre censure; la sentenza impugnata va cassata e, poichè non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, sussistono i presupposti per la decisione della causa nel merito (ex art. 384 c.p.c.) mediante l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente limitatamente all’applicazione dell’imposta fissa sulla somma dovuta dalla società Danimar pari ad Euro 48.607,75.

Sussistono i presupposti – tenuto conto del parziale accoglimento del ricorso e della natura strettamente interpretativa della controversia – per la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso limitatamente ai canoni contrattuali dovuti dalla società Danimar, respinte le altre doglianze; Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dispone l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa sulla somma dovuta dalla società Danimar pari ad Euro 48.607,75 di cui al lodo arbitrale sottoposto a registrazione; confermando per il resto al sentenza impugnata.

dichiara interamente compensate le spese del presente giudizio e dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di cassazione tenuta da remoto, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2021

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