Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1527 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. I, 23/01/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 23/01/2020), n.1527

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32102/2018 proposto da:

M.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Barone

Antonio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2152/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 11/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/10/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 2152/2018 pubblicata il 11/05/2018 la Corte d’Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da M.A., cittadino del (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli emessa il 9-11-2016 con la quale era stata rigettata la domanda del ricorrente avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale ha rilevato che l’appellante aveva notificato l’atto di appello solo il 22/12/2017, ovvero oltre i trenta giorni dalla data in cui il provvedimento del Tribunale era stato notificato al difensore.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che resiste con controricorso.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 5 – D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, art. 27, comma 1 bis (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Lamenta che il Tribunale e successivamente la Corte d’appello abbiano formato il proprio convincimento sulla base della credibilità soggettiva del richiedente, omettendo di esercitare il potere istruttorio ufficioso.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 7, 8 e 11 – D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 2 (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Deduce che i fatti narrati non sono in contraddizione con le notizie e le informazioni generali sul Paese di provenienza. Il ricorrente aveva riferito di essere fuggito, in seguito alla morte del padre, perchè cacciato di casa dal nuovo compagno della madre. Allega che in caso di rimpatrio rischia di subire atti di violenza fisica e psichica e non può avere protezione dallo Stato.

3. Con il terzo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Si duole della valutazione circa l’insussistenza di violenza indiscriminata in diverse aree e regioni del Senegal, richiamando la giurisprudenza di questa Corte e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

4. Con il quarto motivo denuncia “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Lamenta la mancanza di specifica motivazione circa la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, ponendo in rilievo l’attuale situazione socio-politica-economica del Senegal, con riferimento all’art. 2 Cost. e all’art. 3 CEDU.

5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5.1. Il ricorrente non censura l’unica ratio decidendi della sentenza impugnata, con la quale era stato dichiarato inammissibile per tardività il gravame in quanto l’appellante, attuale ricorrente, aveva notificato l’atto di appello solo il 22-12-2017, ovvero oltre i trenta giorni dalla data in cui il provvedimento del Tribunale era stato notificato al difensore.

6. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in 2.100 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020

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