Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15269 del 28/07/2016

Cassazione civile sez. VI, 25/07/2016, (ud. 24/05/2016, dep. 25/07/2016), n.15269

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27231/2014 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO,

78, presso lo studio dell’Avvocato ALESSANDRO FERRARA, rappresentato

e difeso dagli Avvocati ANTONIO COPPOLA, SILVIO FERRARA, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentata e difesa dagli Avvocati CLEMENTINA

PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, giusta procura a margine del

ricorso;

– controricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 6380/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

11/10/2013, depositata il 28/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/05/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI;

udito l’Avvocato CAPANNOLO EMANUELA, difensore della parte

controricorrente, la quale si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte di appello di Napoli ha rigettato l’appello proposto da P.A. avendo accertato che non sussistevano le condizioni sanitarie per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento azionata.

Ricorre per cassazione il P. denunciando:

1.- la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

2.- l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3.- la violazione della L. n. 118 del 1971, art. 12 e s.m..

4.- il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti ed all’insufficienza illogicità e arbitrarietà della motivazione della sentenza.

5.- la violazione e falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1.

Resiste l’Inps con controricorso ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato memoria al solo fine di partecipare alla discussione.

Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa insistendo per l’integrale accoglimento del ricorso.

Tanto premesso il ricorso, manifestamente fondato, deve essere accolto.

La Corte territoriale ha del tutto omesso di esaminare la censura, pur sintetica, con la quale il P. ha in appello reiterato le domande tese al riconoscimento delle prestazioni disciplinate della L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13, ribadendo di essere in possesso dei requisiti economici richiesti dalla legge.

Ne consegue che la sentenza sul punto deve essere cassata e rinviata alla Corte di appello che procederà all’esame della domanda reiterata in appello alla luce delle censure formulate alla sentenza di primo grado. Ugualmente fondate le censure articolate nel quarto e nel quinto motivo di appello che investono la decisione che ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento.

Come affermato da questa Corte in fattispecie analoghe (cfr. Cass. n. 1069 del 2015) “l’indennità di accompagnamento è una prestazione del tutto peculiare in cui l’intervento assistenziale non è indirizzato – come avviene per la pensione di inabilità – al sostentamento dei soggetti minorati nelle loro capadità di lavoro (tanto è vero che l’indennità può essere concessa anche a minori degli anni diciotto e a soggetti che, pur non essendo in grado di deambulare senza l’aiuto di un terzo, svolgano tuttavia un’attività lavorativa al di fuori del proprio domicilio), ma è rivolto principalmente a sostenere il nucleo familiare onde incoraggiare a farsi carico dei suddetti soggetti, evitando così il ricovero in istituti di cura e assistenza, con conseguente diminuzione della relativa spesa sociale (cfr. Cass. 28 agosto 2000, n. 11295; id. 21 gennaio 2005, n. 1268; 23 dicembre 2011, n. 28705). (…) 11 diritto all’indennità di accompagnamento spetta sia nel caso in cui il bisogno dell’aiuto di un terzo si manifesti per incapacità di ordine fisico, sia per malattie di carattere psichico. Quanto alle incapacità di ordine materiale questa Corte ha precisato che la nozione di incapacità di compiere autonomamente le comuni attività del vivere quotidiano con carattere continuo comprende anche le ipotesi in cui la necessità di far ricorso all’aiuto di terzi si manifesta nel corso della giornata ogni volta che il soggetto debba compiere una determinata attività della vita quotidiana per la quale non può fare a meno dell’aiuto di terzi, per cui si alternano momenti di attesa, qualificabili come di assistenza passiva, a momenti di assistenza attiva (così Cass. 11 aprile 2003, n. 5784).

Quanto alle malattie psichiche, questa Corte ha precisato che l’indennità di accompagnamento, va riconosciuta, alla stregua di quanto previsto dalla L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1, anche in favore di coloro i quali, pur essendo materialmente capaci di compiere gli atti elementari della vita quotidiana (quali nutrirsi, vestirsi, provvedere alla pulizia personale, assumere con corretta posologia le medicine prescritte) necessitino della presenza costante di un accompagnatore in quanto, in ragione di gravi disturbi della sfera intellettiva, cognitiva o volitiva dovuti a forme avanzate di gravi stati patologici, o a gravi carenze intellettive, non siano in grado di determinarsi autonomamente al compimento di tali atti nei tempi dovuti e con modi appropriati per salvaguardare la propria salute e la propria dignità personale senza porre in pericolo sè o gli altri. Va, al riguardo citata la giurisprudenza di questa Corte in materia di psicopatie con incapacità di integrarsi nel proprio contesto sociale. Così, ad esempio, è stato riconosciuto il diritto all’indennità di accompagnamento: a persona, che per deficit organici e cerebrali fin dalla nascita si presentava incapace di stabilire autonomamente se, quando e come svolgere gli atti elementari della vita quotidiana, riferendosi l’incapacità non solo agli atti fisiologici giornalieri ma anche a quelli direttamente strumentali, che l’uomo deve compiere normalmente nell’ambito della società (Cass. 7 marzo 2001, n. 3299); a persona che, per infermità mentali, difettava anche episodicamente di autocontrollo sì da rendersi pericolosa per sè e per altri (Cass. 21 aprile 1993, n. 4664); a persona che, per un deficit mentale da sindrome psico-organica derivante da microlesioni vascolari localizzate nella struttura cerebrale e destinate a provocare nel tempo una vera e propria demenza, non poteva sopravvivere senza l’aiuto costante del prossimo (Cass. 22 gennaio 2002, n. 667); a persona che, anche per un deterioramento delle facoltà psichiche (in un quadro clinico presentante tra l’altro ictus ischemico e diabete mellito), mostrava una incapacità di tipo funzionale, di compiere cioè l’atto senza l’incombente pericolo di danno (per l’agente o per altri) (Cass. 27 marzo 2001 n. 4389); a persona che, affetta da oligofrenia di grado elevato, con turbe caratteriali e comportamentali, era incapace di parlare se non con monosillabi e di non riconoscere gli oggetti, versando così in una situazione di bisogno di una continua assistenza non solo per l’incapacità materiale di compiere l’atto, ma anche per la necessità di evitare danni a sè e ad altri (Cass. 8 aprile 2002, n. 5017). Si veda anche Cass. 23 dicembre 2011, n. 28705 con riguardo ad una diagnosi di psicosi schizofrenica paranoidea (demenza precoce). In un siffatto contesto ricostruttivo va, dunque, ritenuto che la capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri debba intendersi non solo in senso fisico, cioè come mera idoneità ad eseguire in senso materiale detti atti, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata, la loro importanza anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica; e come ancora la capacità richiesta per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento non debba parametrarsi sul numero degli elementari atti giornalieri, ma soprattutto sulle loro ricadute, nell’ambito delle quali assume rilievo non certo trascurabile l’incidenza sulla salute del malato nonchè la salvaguardia della sua dignità come persona (anche l’incapacità ad un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e per l’imprevedibilità del loro accadimento, attestare di per sè la necessità di una effettiva assistenza giornaliera: cfr. per riferimenti sul punto: Cass. 11 settembre 2003, n. 13362)”.

Nel caso di specie la Corte di appello ha affermato che il P., affetto da deficit intellettivo di grado medio e psicosi schizofrenica in trattamento con neurolettici atipici era affetto da crisi paranoidee che non avevano una frequenza tale da predisporre condizioni di pericolosità per sè e per altri e di impossibilità di badare a se stesso.

Ha quindi escluso il diritto all’indennità di accompagnamento per il solo fatto che la necessità di accompagnamento per uscire dall’abitazione e farvi ritorno ovvero nell’attendere alle faccende domestiche che richiedono un maggiore impegno fisico non sarebbe sufficiente ad integrare il diritto alla prestazione ove si consideri che invece il ricorrente era in grado di vestirsi, lavarsi, nutrirsi e deambulare all’interno dell’abitazione in autonomia.

In tal modo la Corte si è discostata dai principi sopra ricordati in base ai quali,ove pure l’invalido sia in grado di compiere gli atti elementari della vita quotidiana (quali nutrirsi, vestirsi, provvedere alla pulizia personale, assumere con corretta posologia le medicine prescritte), possa essere, pur tuttavia, necessaria la presenza costante di un accompagnatore quando, in ragione di gravi disturbi della sfera intellettiva, cognitiva o volitiva dovuti a forme avanzate di gravi stati patologici, o a gravi carenze intellettive, non siano in grado di determinarsi autonomamente al compimento di tali atti nei tempi dovuti e con modi appropriati per salvaguardare la propria salute e la propria dignità personale senza porre in pericolo sè o gli altri.

La sentenza si limita a richiamare le diagnosi contenute in tre certificati medici allegati alla perizia d’ufficio e riportati in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza (certificati del 26.8.2012, 2.3.2013 e 17.6.2013) ma si discosta immotivatamente, al pari del consulente, dalle conclusioni da questi riportate (necessità di assistenza continua).

La psicosi cronica schizofrenica cronica delirante, con effetti attutiti per effetto del contesto familiare in cui l’invalido è inserito, nondimeno richiede al giudice di parametrare la necessità di un aiuto permanente alla peculiarità della patologia psichiatrica attenendosi alla giurisprudenza sopra citata, specificamente dedicata agli effetti delle malattie psichiche sulla capacità di attendere agli atti del vivere quotidiano, e di raccordare la sua statuizione di rigetto della domanda ad un motivato esame delle condizioni reali del P., come descritte negli atti di causa ed accertate dall’ausiliare, secondo le regole del sillogismo giudiziario, che impongono di assumere per la decisione postulati verificati e corrispondenti a regole di esperienza condivise.

La sentenza impugnata, al contrario, si è sottratta al compito fondamentale che le era commesso, ancorando l’inesistenza del diritto alla mera capacità di svolgere alcuni dei semplici compiti in cui si articola e svolge la vita quotidiana.

In conclusione, la sentenza impugnata è affetta dal denunciato vizio di motivazione e di falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1. La sentenza cassata deve essere rinviata alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2016

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