Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15267 del 24/06/2010

Cassazione civile sez. II, 24/06/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 24/06/2010), n.15267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.R. e M.T., rappresentati e difesi, per

procura speciale in calce al ricorso, dall’Avvocato Ranieri Gian

Vito, presso lo studio del quale in Roma, via Germanico n. 197

(studio Avv. R. Marone), sono elettivamente domiciliati;

– ricorrenti –

contro

R.L., rappresentata e difesa, per procura speciale a

margine del controricorso, dall’Avvocato Brizi Valentino,

elettivamente domiciliata in Roma, via Giulio Cesare Cordara n. 15,

presso lo studio dell’Avvocato Mauro Felicetti;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Foligno n. 468/08,

depositata in data 3 ottobre 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 marzo 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per i ricorrenti, l’Avvocato Gian Vito Ranieri;

sentito, per la resistente, l’Avvocato Grazia Fiormonte con delega;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale, il quale ha chiesto disporsi la trattazione del

ricorso in pubblica udienza.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che, con ricorso notificato il 23 gennaio 2009, B.R. e M.T. hanno impugnato per cassazione la sentenza n. 468/08, depositata il 3 ottobre 2008, con la quale il Giudice di pace di Foligno ha accolto la domanda proposta da R.L. e ha condannato i predetti ricorrenti al pagamento della somma di Euro 29,14, con gli interessi legali dalla domanda al saldo, ha rigettato le domande riconvenzionali proposte dai convenuti, e ha condannato questi ultimi al pagamento delle spese di lite;

che la domanda accolta dal Giudice di pace aveva ad oggetto il pagamento della quota che l’attrice R. sosteneva essere a carico dei convenuti per le spese di fornitura di energia elettrica da parte dell’ENEL, relative ai consumi effettuati dai condomini dell’immobile di proprietà comune sito in (OMISSIS), via (OMISSIS), costituito da quattro unità immobiliari, per lo smaltimento, mediante pompa di sollevamento, degli scarichi idrici provenienti dalla utilizzazione dei locali ubicati nel piano scantinato; utenze elettriche gravanti sulla attrice, la cui spesa era sempre stata ripartita tra i condomini;

che le domande riconvenzionali proposte dal B. e dalla M. avevano ad oggetto la domanda di condanna dell’attrice al distacco della propria lavatrice dall’impianto di scarico e alla rifusione della somma di Euro 120,00 o quella diversa a risultare a titolo di indebito arricchimento conseguente ad una ingiusta ripartizione della spesa per elettricità;

che i ricorrenti propongono un unico motivo di ricorso, con il quale si dolgono della violazione dell’art. 1123 cod. civ., formulando il seguente quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ.: “Se il consumo di energia elettrica effettuato da un condomino nell’utilizzo esclusivo della propria lavatrice, che si serve per lo scarico della pompa comune, è da considerarsi spesa gravante sul singolo condomino in relazione all’uso che questi effettivamente ne fa ex art. 1123 c.c., comma 2”;

che l’intimata ha resistito, con controricorso;

che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.

Considerato che il relatore designato, nella relazione depositata in data 11 gennaio 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione:

“Sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio, essendo il ricorso manifestamente inammissibile, in considerazione del fatto che l’impugnazione esperibile avvero la sentenza del Giudice di pace in questione, ancorchè contenente una condanna al pagamento di Euro 29,14, oltre interessi legali, era l’appello e non già il ricorso per Cassazione. Gli stessi ricorrenti precisano che la R., nell’atto di citazione, aveva chiesto la loro condanna, in solido, alla rifusione in suo favore “(…) della quota a loro carico sulle fatture ENEL n. (OMISSIS) di Euro 40,73 e n. (OMISSIS) di Euro 75,82, nonchè su quelle a scadere sino alla sentenza, per somma complessiva che verrà quantificata in corso di causa, da mantenere in ogni caso entri i limiti di competenza per valore del giudice adito, oltre interessi legali dalla domanda al saldo”.

I ricorrenti riferiscono altresì di avere proposto domanda riconvenzionale con la quale si chiedeva il distacco della lavatrice dalla tubazione di scarico o, in subordine f la rifusione in loro favore dell’aliquota forfetaria del 13,50% sulla quota bimestrale spettante all’attrice, relativa alla fornitura di energia elettrica necessaria per l’azionamento della pompa, o di quella percentuale maggiore o minore accertata in corso di causa “e, comunque, nei limiti di competenza del giudice adito”.

In proposito, si osserva che la controversia nella quale è stata pronunciata la sentenza impugnata, non era da decidersi secondo equità, bensì ratione valoris secondo diritto. Infatti, gli stessi ricorrenti danno atto che la domanda (che assume rilievo decisivo per l’individuazione della regola di decisione: si veda Cass., S.U., n. 13917 del 2006) era stata proposta per la condanna della convenuta al pagamento di una somma complessiva che verrà quantificata in corso di causa, da mantenere in ogni caso entro i limiti di competenza per valore del giudice adito. La formulazione della domanda comporta, ai sensi dell’art. 14 cod. proc. civ., che il valore della controversia, dovendo reputarsi la domanda di valore indeterminato, si presume di valore eguale al massimo della competenza per valore del giudice di pace, di cui all’art. 7 cod. proc. civ., comma 1. (Cass. n. 15698 del 2006; Cass., n. 13019 del 2007)”;

che il Collegio condivide la proposta del consigliere delegato;

che le deduzioni critiche svolte dai ricorrenti nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ., volte a ribadire che la sentenza del Giudice di pace era ricorribile per cassazione, non appaiono idonee ad indurre ad una diversa conclusione;

che, invero, sussiste una ulteriore ragione di inammissibilità del ricorso, in quanto la sentenza del Giudice di pace di Foligno, depositata il 3 ottobre 2008, doveva comunque essere impugnata con l’appello, anche nel caso in cui la stessa fosse stata pronunciata secondo equità, trovando applicazione nel caso di specie l’art. 339 cod. proc. civ., come sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 1, che stabilisce in via generale l’appellabilità delle sentenze pronunciate in primo grado (art. 339, comma 1), con la limitazione ai motivi espressamente indicati nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata pronunciata dal giudice di pace secondo equità (art. 339, comma 3) (sulla portata della innovazione e sulla assoggettabilità ad appello di tutte le sentenze del giudice di pace, v. Cass. n. n. 13019 del 2007);

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.000,00, di cui Euro 800,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2010

 

 

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