Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15267 del 21/07/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 15267 Anno 2015
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 25762-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
BLASI ALBERTO, MUSSO LIVIA, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA DEI COLLI PORTUENSI 536, presso lo studio
dell’avvocato FRANCESCA LUISA REVELLI, rappresentati e difesi
dall’avvocato CARLO MANESCALCHI giusta procura speciale a
margine del controricorso;

controricorrenti –

Data pubblicazione: 21/07/2015

avverso la decisione n. 911/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA CENTRALE di GENOVA del 19/11/2012,
depositata il 03/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/06/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

udito l’Avvocato Revelli Francesca Luisa (delega avvocato
Manescalchi) difensore dei controricorrenti che si riporta alla memoria
ed al controricorso.
In fatto e in diritto.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico
motivo, contro la senten7a resa dalla Commissione tributaria centrale della
Liguria n.911, depositata il 3.12.2012, che ha respinto l’appello proposto
dall’Agenzia avverso la decisione con la quale era stato annullato l’avviso di
liquidazione emesso a carico di Blasi Alberto e Musso Livia per il recupero di
imposta di registro sull’acquisto di prima abitazione avvenuto in data
11.7.1985.
Secondo il giudice di appello il beneficio agevolativo poteva riconoscersi anche
in caso di trasferimento di fatto della residenza. Peraltro, che le modifiche
normative successivamente introdotte, concedendo al contribuente il termine di
18 mesi per stabilire effettivamente la residenza nell’immobile acquistato,
escludevano la possibilità di interpretazioni formaliste.
L’Agenzia delle entrate deduce la violazione dell’art.2 D.L. n.12/1985, conv.
nella 1.n.118/1985, avendo la Commissione centrale illegittimamente
considerato situazioni fattuali a fronte dell’unico concetto di residenza
giuridica al quale aveva fatto riferimento il legislatore, secondo la pacifica
giurisprudenza di legittimità.
Le parti contribuenti, costituitesi, preliminarmente eccependo l’inammissibilità
del ricorso in relazione al passaggio in giudicato della statuizione relativa
all’utilizzazione effettiva quale prima casa da parte dei contribuenti, hanno
chiesto il rigetto del ricorso.
Il motivo, ammissibile avendo l’Agenzia contestato in radice la decisione
impugnata quanto alla rilevanza di situazioni fattuali ai fini del beneficio
fiscale, è fondato.
Questa Corte, con riferimento all’art.2 d.l.n.12/1985, conv.nella 1.n.118/1985, è
ferma nel ritenere che in tema di imposta di Registro, l’art. 2 della legge n. 118
del 1985 richiede, per la fruizione dei benefici ivi previsti, che l’immobile
venga acquistato nel comune di residenza o in quello in cui si svolge l’attività
lavorativa del compratore e che lo stesso venga effettivamente impiegato ad uso
abitativo. A tali fini, va esclusa non solo una diversa interpretazione estensiva o
analogica della disposizione, ma altresì qualsiasi rilevanza giuridica di realtà di
fatto che contrastino con il dato anagrafico al momento dell’attoRic. 2013 n. 25762 sex. MT – ud. 10-06-2015
-2-

CONTI;

Ric. 2013 n. 25762 sez. MT ud. 10-06-2015
-3-

C ass. n.10027/2001 ;
Cass.n.9705/1997;
Cass. n.8377/2001 ;
Cass. n.10051/2002; Cass. n.2266/2014- .
Questa Corte è dunque ferma nel ritenere che la previa residenza anagrafica nel
comune dove si intende acquistare un immobile costituisce presupposto
necessario per il godimento dei benefici fiscali per l’acquisto della prima casa
anche con riferimento agli atti soggetti “ratione temporis” alla disciplina di cui
al d.l. 7 febbraio 1985 n. 12 (convertito nella legge 5 aprile 1985, n. 118),
potendo il suddetto requisito essere dimostrato solo attraverso le risultanze
anagrafiche, a nulla rilevando una residenza di fatto- Cass.n.23579/2012-.
A tali principi non si è conformata la Commissione centrale, la quale ha invece
valorizzato la situazione fattuale esistente al momento del rogito- voltura
utenze- non affiancata dalla residenza nel comune ove si trovava l’immobile
acquistato.
E’ appena il caso di sottolineare, per confutare le difese sul punto spiegate dai
controricorrenti in memoria, che nemmeno può invocarsi nel caso di specie
l’orientamento di questa Corte secondo il quale il dato anagrafico sulle
risultanze fattuali, il beneficio fiscale della “prima casa” spetta a coloro che, pur
avendone fatto formale richiesta, non abbiano ancora, al momento dell’acquisto
dell’immobile, ottenuto il trasferimento della residenza nel Comune in cui è
situato l’immobile stesso, in base all’unicità del procedimento amministrativo di
mutamento dell’iscrizione anagrafica, sancita anche dall’art. 18, comma 2, del
d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 (contenente il regolamento anagrafico della
popolazione residente), che, nell’affermare la necessità della saldatura
temporale tra cancellazione dall’anagrafe del comune di precedente iscrizione
ed iscrizione in quella del comune di nuova residenza, ancora la decorrenza alla
dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel comune di nuova
residenza-cfr.Cass.n.110/2015;Cass.n.3507/2011-. Ed infatti, nel caso di specie
i contribuenti non hanno mai dedotto, nel corso del giudizio, di avere avanzato
richiesta di trasferimento della residenza nel comune al momento dell’acquisto
dell’immobile, invece adducendo unicamente emergenze fattuali idonee, a loro
dire, a dimostrare il previo trasferimento di fatto-v.pagg.2 e 3 controricorso-.
Erroneo si è parimenti rivelato il richiamo alle modifiche normative
successivamente introdotte dal legislatore, inidonee ad incidere sul quadro
giuridico rilevante ai fini dell’agevolazione esistente all’atto della stipula del
rogito notarile.
Resta solo da aggiungere che i precedenti evocati dai controricorrenti a pag.4
della memoria —Cass.n.3206/1994 e Cass.n.9648/1999-sono inconferenti
rispetto al caso di specie, riferendosi a specifiche fattispecie, diverse da quella
qui esaminata, inidonei a scalfire il principio che, ai fini dell’imposta di registro
non consente l’estensione al soggetto ha acquistato un bene nel regime
normativo esistente al momento dell’atto di fruire di condizioni diverse
successivamente introdotte dalla normativa sopravvenuta- nel caso di specie,
nella prospettiva delle parti contToricorrenti- la possibilità di trasferire la
residenza nel comune ove si è acquistato il cespite entro il termine di 18 mesiv.,infatti,Cass. n. 1255 del 22/01/2014.
In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e
non ricorrendo ulteriori accertamenti la causa può essere decisa nel merito ex
art.384 c.p.c. con il rigetto del ricorso introduttivo.

Le spese del giudizio di marito vanno compensate mentre quelle di legittimità
seguono la soccombenza delle parti controricorrenti e si liquidano come da
dispositivo
P.Q.M.
La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta
il ricorso della parte contribuente.
Compensa le spese del giudizio di merito e condanna i controricorrenti al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore
dell’Agenzia delle entrate in euro 1.200,00 per compensi, oltre spese prenotate
a debito.
Così deciso il 10.6.2015 nella camera di consiglio della sesta sezione civile in

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