Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15267 del 05/06/2019

Cassazione civile sez. II, 05/06/2019, (ud. 27/06/2018, dep. 05/06/2019), n.15267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17945/2014 proposto da:

F.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO

107, presso lo studio dell’avvocato LORENZO BORRE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MICHELE FACCI;

– ricorrente –

PLURIFIN CO COMPAGNIA GENERALE INVESTIMENTI SPA, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FEDERICO CESI 72, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO

BONACCORSI DI PATTI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente e ric. incidentale –

avverso la sentenza n. 126/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 08/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/06/2018 dal Consigliere RAFFAELE SABATO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Con sentenza depositata l’8.5.2013 la corte d’appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da S.A., anche quale madre esercente la potestà sulla minore F.F., e da quest’ultima, nel frattempo divenuta maggiorenne, nei confronti della Plurifin Co. Compagnia Generale Investimenti s.p.a. avverso la sentenza con cui il tribunale di Bologna – all’esito di giudizio connotato altresì da declaratoria di estinzione nei confronti di talune parti – la aveva condannata, con altri, al rilascio di un immobile occupato senza titolo in (OMISSIS), a suo tempo condotto in locazione da F.G. deceduto senza che si verificasse successione nel contratto, di cui F.F. era erede accettante con beneficio di inventario; oltre al pagamento di canoni di locazione, indennità di occupazione e spese processuali.

2. La corte d’appello, a sostegno della decisione, ha considerato, per quanto qui rilevai che, essendo all’emissione della sentenza di primo grado in corso il termine per l’inventario (scadente il 27 gennaio 2013), la sentenza di condanna della minore quale erede da parte del tribunale fosse pienamente legittima, dovendo la stessa – in conseguenza dell’accettazione beneficiata – rispondere intra vires o ultra vires, rispettivamente a seconda dell’avere o non avere essa adempiuto all’onere di compiere l’inventario nel termine. La corte d’appello ha ritenuto infondato l’argomento delle appellanti secondo cui ex art. 489 c.c., non fosse possibile, pendente il termine dell’inventario, alcuna condanna dell’accettante beneficiata. Ha poi ritenuto che la rinuncia all’eredità successivamente operata dalla minore in data 15 gennaio 2013 fosse tamquam non esset, essendo possibile la sola limitazione responsabilità per chi avesse comunque accettato, se l’inventario fosse stato redatto nel termine.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso F.F. su due motivi. Ha resistito la s.p.a. con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato su un motivo. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. Con il primo motivo si lamenta violazione degli artt. 474 e 484 c.c. e ss.. Secondo la ricorrente, erroneamente la corte d’appello avrebbe ritenuto che l’accettazione con beneficio d’inventario comporti l’acquisto della qualità di erede a prescindere dalla redazione dell’inventario, derivando secondo la corte dal compimento o dal mancato compimento dell’inventario nel termine la sola differenza in ordine al se l’accettante debba rispondere intra vires o ultra vires. Viceversa, secondo la ricorrente ex art. 489 c.c., non sarebbe possibile, pendente il termine dell’inventario, alcuna condanna dell’accettante con beneficio, da considerarsi mera chiamata, acquistandosi la qualità di erede attraverso una fattispecie a formazione progressiva costituita dall’accettazione beneficiata seguita dall’inventario nel termine.

2. Con il secondo motivo si deduce, poi, violazione degli artt. 471 e 489 c.c. e ss.. Erroneamente la corte avrebbe ritenuto che la rinuncia all’eredità, operata dalla minore in data 15 gennaio 2013, fosse tamquam non esset. Come già esposto con il primo motivo, trattandosi di una fattispecie a formazione progressiva, l’accettazione non si sarebbe compiuta senza inventario, restando la minore semplice chiamata. Secondo la ricorrente l’art. 471 c.c., nel disporre che non si possono accettare eredità devolute ai minori e agli interdetti se non con il beneficio, lascerebbe aperta la possibilità che, qualora il legale rappresentante non abbia compiuto l’inventario, trovi applicazione l’art. 489 c.c., che stabilisce che i minori e gli altri incapaci non si intendono decaduti, se non al compimento di un anno dalla maggiore età o dal cessare dell’incapacità. Il minore per il quale sia stata operata accettazione beneficiata, secondo la ricorrente, qualora non compia l’inventario entro l’anno dalla maggiore età, non diverrebbe erede puro e semplice, in quanto ciò contravverrebbe alla ratio protettiva dell’art. 471 c.c.. Anche, dunque, a voler ritenere inefficace la rinuncia effettuata, la ricorrente resterebbe mera chiamata (così, in particolare, p. 15-18 del ricorso).

3. I motivi, strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e dichiarati infondati.

3.1. Il nostro ordinamento prevede che, nel caso di eredità cui sia chiamato un minore, il legale rappresentante (di norma i genitori congiuntamente o il genitore esercente la relativa responsabilità sul figlio) possa – non debba – accettarla o rinunciarvi; in caso sia di accettazione sia di rinuncia sarà necessaria autorizzazione del giudice tutelare ex art. 320 c.c.. Nel caso di accettazione, essa deve essere necessariamente fatta con beneficio di inventario ai sensi dell’art. 471 c.c., norma protettiva che, attraverso l’obbligo di accettazione col beneficio di inventario, impedisce – compiuto l’inventario – l’effetto della confusione tra i patrimoni dell’erede e quello ereditario, con conseguente limitazione della responsabilità dell’erede nei limiti del valore dell’attivo ereditario.

3.2. Qualora il genitore esercente la responsabilità sul figlio minore, chiamato all’eredità, o comunque il legale rappresentante, faccia l’accettazione prescritta dall’art. 471 c.c., a ciò autorizzato, ne deriva – diversamente da quanto opinato da parte ricorrente l’acquisto da parte del minore della qualità di erede. Se il rappresentante non compie l’inventario – necessario per poter fruire della limitazione della responsabilità – si pone, per i minori e altri incapaci, una particolare ulteriore tutela: l’inapplicabilità della decadenza dal beneficio di inventario così come prevista in generale per i soggetti capaci, prevedendo la norma speciale dell’art. 489 c.c., che “i minori, gli interdetti e gli inabilitati non si intendono decaduti dal beneficio d’inventario, se non al compimento di un anno dalla maggiore età o dal cessare dello stato d’interdizione o d’inabilitazione, qualora entro tale termine non si siano conformati alle norme della presente sezione”.

3.3. Da tutto ciò discende (cfr. ad es. Cass. n. 1267 del 27/02/1986; v. anche n. 21456 del 15/09/2017) che l’eredità devoluta ai minori può essere accettata soltanto con il beneficio dell’inventario, mentre ogni altra forma di accettazione espressa o tacita è nulla e improduttiva di effetti, non conferendo al minore la qualità di erede. Mancando l’accettazione dell’eredità con il beneficio dell’inventario il minore rimane nella posizione di chiamato alla eredità e, nel termine di prescrizione di cui all’art. 480 c.c., il suo rappresentante legale potrà accettare la eredità con il beneficio d’inventario, mentre, lo stesso minore, una volta divenuto maggiorenne, potrà accettare senza il detto beneficio ovvero rinunciare alla eredità. Viceversa (e sul punto cfr. Cass. n. 8832 del 23/08/1999) qualora il genitore esercente la relativa responsabilità o il legale rappresentante del minore chiamato all’eredità faccia l’accettazione prescritta dall’art. 471 c.c., da cui deriva l’acquisto da parte del minore della qualità di erede (artt. 470 e 459 c.c.), ma non compia l’inventario – necessario per poter usufruire della limitazione della responsabilità – questo potrà essere redatto dal minore entro un anno dal raggiungimento della maggiore età; se anche in tale termine non si provveda, l’accettante è considerato erede puro e semplice (art. 489 c.c.).

3.4. Le contrarie tesi della ricorrente sono viziate da una confusione circa il portato della nozione di fattispecie a formazione progressiva, riferita dalla dottrina e dalla giurisprudenza all’accettazione beneficiata (composta da dichiarazione e inventario, solo dopo la progressione verificandosi la limitazione di responsabilità) e non già all’acquisto della qualità di erede (fattispecie che si compie uno actu con la dichiarazione di accettazione con beneficio; per cui la ricorrente infondatamente sostiene che, se non si sia completata la fattispecie con l’inventario, il minore divenuto maggiorenne potrebbe ancora rinunciare, pur in presenza di previa dichiarazione di accettazione).

3.5. In definitiva, il ricorso va rigettato, essendosi la corte d’appello attenuta al principio di diritto già formulato da questa corte (v. Cass. n. 8034 del 19/07/1993), e che va qui ribadito, secondo cui:

“L’art. 489 c.c., non attribuisce al minore, il cui legale rappresentante non abbia rinunciato a suo nome all’eredità, il diritto di rinunciarvi al compimento della maggiore età, ma soltanto la facoltà di redigere l’inventario nel termine di un anno dal compimento della maggiore età, in guisa da garantire la sua responsabilità intra vires hereditatis”.

4. E’ conseguentemente assorbito il motivo di ricorso incidentale condizionato, con cui si deduce violazione dell’art. 345 c.p.c., nella parte in cui la sentenza della corte d’appello avrebbe esaminato un’eccezione tardiva.

5. Rigettato così il ricorso principale e assorbito l’incidentale condizionato, va disposta condanna della ricorrente alle spese come in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

PQM

la corte rigetta il ricorso principale assorbito l’incidentale condizionato, e condanna la ricorrente principale alla rifusione a favore della parte controricorrente/ricorrente incidentale delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 5.000 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 27 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2019

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