Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15266 del 12/07/2011

Cassazione civile sez. I, 12/07/2011, (ud. 01/06/2011, dep. 12/07/2011), n.15266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.D., domiciliato in Roma presso la Corte di cassazione,

rappresentato e difeso dall’avv. MARRA Alfonso Luigi giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello stato, che lo rappresenta e difende ex lege;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli emesso nel

procedimento n. 1039/08 in data 8.7.2008;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza del 1.6.2011 dal

Relatore Cons. Carlo Piccininni;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

F.D. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi, cui ha resistito l’intimato, avverso il provvedimento emesso dalla Corte d’appello di Napoli il 8.7.08, con il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze veniva condannato ex lege n. 89 del 2001 al pagamento di un indennizzo di Euro 4.500, per l’eccessivo protrarsi di un processo svoltosi innanzi al Tar Campania. Al riguardo il Collegio osserva: il decreto impugnato ha accolto la domanda di equo indennizzo per danno non patrimoniale nella misura dianzi specificata, avendo accertato una eccessiva durata del processo di quattro anni e sei mesi, sulla base di una ritenuta durata ragionevole di anni tre. Con il primo motivo di ricorso si censura la pronuncia per non avere dato applicazione all’art. 6 della Conv. di Strasburgo secondo l’interpretazione fornita dalla Corte Edu.

Il motivo appare del tutto inconsistente, limitandosi a delle astratte affermazioni di principio senza muovere alcuna censura concreta a punti o capi del decreto specificatamente individuati.

Con il secondo ed il terzo motivo il ricorrente lamenta l’avvenuta parametrazione dell’indennizzo sul solo periodo di eccedenza di durata (e non dunque di questa nella sua interezza), doglianza infondata alla luce del chiaro disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2.

Con il quarto ed il quinto motivo si deduce sotto diversi profili il mancato riconoscimento di un bonus di Euro 2000,00 in ragione della natura previdenziale della controversia. Tale censura è manifestamente infondata. La Corte di Strasburgo ha infatti affermato il principio che il bonus in questione debba essere riconosciuto nel caso in cui la controversia riveste una certa importanza ed ha poi fatto un elenco esemplicativo, comprendente le cause di lavoro e quelle previdenziali. Tutto ciò non significa che dette cause sono necessariamente di per sè particolarmente importanti con una conseguente liquidazione automatica del bonus in questione, ma che, data la loro natura, è possibile che lo siano con una certa frequenza.

Tale valutazione di importanza rientra nella ponderazione del giudice di merito che, come è noto, dispone di una certa discrezionalità nel variare l’importo di indennizzo per anno di ritardo e che in tale valutazione, qualora riconosca la causa di particolare incidenza sulla situazione della parte, può arrivare a riconoscere il bonus in questione. Tutto ciò non implica uno specifico obbligo di motivazione essendo tutto ciò compreso in quella che concerne la liquidazione del danno, per cui, se il giudice non si pronuncia sul bonus, implicitamente ciò sta a significare che non ha ritenuto la controversia di tale rilevanza da riconoscerlo.

Con il sesto ed il settimo motivo si censura la liquidazione delle spese per l’asserito immotivato ridimensionamento della nota spese, censure che risultano inammissibili stante la mancata allegazione di copia della nota che si assume depositata e l’omessa indicazione della data in cui sarebbe avvenuto il deposito.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 800, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 1 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2011

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