Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15263 del 24/06/2010

Cassazione civile sez. II, 24/06/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 24/06/2010), n.15263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

T.G., rappresentato e difeso dall’Avvocato PERRONE

Antonella Anna Maria, per procura speciale in calce al ricorso,

elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte suprema di Cassazione;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FAGNANO CASTELLO, in persona del Sindaco pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza del Tribunale di Cosenza, sezione distaccata di

San Marco Argentano, n. 50/08, depositata in data 6 ottobre 2008.

Udita, la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 marzo 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per la ricorrente, l’Avvocato Antonella Anna Maria Perrone,

la quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, il quale ha concluso in senso conforme

alla relazione.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che T.G. ha impugnato per cassazione la sentenza n. 50/08 del Tribunale di Cosenza, sezione distaccata di San Marco Argentano, depositata il 6 ottobre 2008, con la quale è stata rigettata la domanda da esso ricorrente proposta nei confronti del Comune di Fagnano Castello, volta a sentir dichiarare il suo diritto al rimborso delle spese legali sostenute in relazione al giudizio penale cui era stato sottoposto a causa e nell’esercizio delle sue funzioni pubbliche di consigliere e assessore di quel Comune, procedimento penale conclusosi con sentenza di assoluzione perchè il fatto non sussiste;

che il ricorrente ha precisato essere sua intenzione proporre direttamente ricorso per cassazione, dal momento che le doglianze rivolte alla sentenza impugnata sono di mero diritto e non essendo prescritto costituzionalmente il doppio grado di giurisdizione;

che, inoltre, osserva il ricorrente, il Comune, in qualità di parte vittoriosa e ritenendo la sentenze definitiva, certamente non ha alcun interesse a proporre appello;

che, a sostegno della impugnazione, il ricorrente ha dedotto che il “discorso argomentativo del giudice non è stato realmente condotto secondo un percorso logico coerente, comunque scarsamente interpretativo di una questione di massima di rilievo su cui la Suprema Corte ha un costante orientamento”;

che l’intimato Comune non ha svolto attività difensiva;

che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al Pubblico Ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il relatore designato, nella relazione depositata in data 11 gennaio 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione:

“Sussistono le condizioni per la trattazione della causa ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., risultando il ricorso inammissibile.

Ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 2, infatti, “può inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d’accordo per omettere l’appello; ma in tale caso l’impugnazione può proporsi soltanto a norma del comma 1, n. 3″.

Nel caso di specie, il ricorrente neanche deduce l’esistenza di un accordo con il Comune, del quale si presume il disinteresse alla proposizione dell’appello. Il ricorso inoltre, pur avendo ad oggetto una sentenza pronunciata dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, non presenta la formulazione del quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., e anzi si conclude con la richiesta a questa Corte di enunciare il giusto principio di diritto applicabile ai fini della concreta decisione della controversia al quale dovrà uniformarsi il giudice del rinvio. Siffatta carenza rende il ricorso inammissibile, secondo il principio per cui è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi non sia accompagnata dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte; più specificamente, deve escludersi che il quesito di diritto possa desumersi implicitamente dalla formulazione dei motivi di ricorso, la quale non è sufficiente ad integrare il rispetto del requisito formale specificamente richiesto dalla richiamata disposizione (Cass., n. 23153 del 2007)”;

che il Collegio condivide la proposta del consigliere delegato, alla quale non sono stati mossi rilievi critici neanche in sede di discussione orale, essendosi il difensore limitato a sollecitare l’accoglimento del ricorso;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’intimato Comune svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2010

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