Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15263 del 01/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 01/06/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 01/06/2021), n.15263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27803-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MEDIOCREDITO ITALIANO SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIUSEPPE MAZZINI 142, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

GALGANO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4795/2015 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA,

depositata il 21/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. In data 20 settembre 2007 la società Hardis s.p.a cedeva pro soluto a Centro Factoring s.p.a., oggi Mediocredito Italiano s.p.a., un credito nei confronti della Azienda Ospedaliera Universitaria (OMISSIS), che accettava detta cessione. A seguito del mancato pagamento integrale del debito, Centro Factoring s.p.a. otteneva decreto ingiuntivo dal tribunale di Napoli per la somma di Euro 305.327, oltre accessori. L’agenzia delle entrate notificava avviso di liquidazione con cui liquidava l’imposta di registro applicando l’aliquota proporzionale del 3% ritenendo illegittimo il fatto che la parte avesse pagato l’imposta fissa ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40, in base al principio di alternatività dell’imposta di registro. La commissione tributaria provinciale di Napoli accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale della Campania sul rilievo che il credito oggetto del decreto ingiuntivo era scaturito da un contratto di factoring che era un’operazione finanziaria rientrante indubbiamente nel campo di applicazione dell’Iva sicchè, per il principio di alternatività Iva-Registro, il decreto ingiuntivo ottenuto a carico del debitore ceduto doveva scontare l’imposta fissa. Inoltre assumeva significato il fatto che l’agenzia delle entrate avesse adottato provvedimenti di autotutela in controversie similari anche per importi superiori a quello oggetto di causa.

Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato ad un motivo illustrato con memoria. La contribuente resiste con controricorso pure illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, della tariffa all. A, art. 8, lett. b., e al t.u. n. 131 del 1986, art. 40. Sostiene che, in conseguenza della cessione del credito, si sono venuti a creare due distinti rapporti: l’uno, tra il cedente e il ceduto, l’altro tra quest’ultimo e il cessionario. L’obbligazione derivante dal decreto ingiuntivo non attiene al credito tra la cedente ed il ceduto sottoposto a Iva ma è relativo al diverso e autonomo rapporto tra il ceduto e la società cessionaria. Rapporto che non è soggetto a Iva, trattandosi di azione volta al recupero di un debito scaduto. Ne consegue che tale prestazione, che non è soggetta all’imposta sul valore aggiunto, va sottoposta all’imposta di registro con aliquota proporzionale.

2. Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4, per assoluta genericità della motivazione laddove la CTR ha affermato che l’agenzia delle entrate aveva adottato provvedimenti di autotutela in controversie similari anche per importi superiori a quello oggetto di causa.

3. Preliminarmente va rigettata l’eccezione preliminare svolta dalla controricorrente la quale deduce l’inammissibilità del ricorso per genericità, avendo la ricorrente esaurientemente esposto i fatti e le ragioni di doglianza.

4. In ordine al primo motivo di ricorso, osserva la Corte che l’obbligazione di pagamento che ha dato origine all’emissione del decreto ingiuntivo è distinta, sotto il profilo soggettivo, dall’obbligazione sorta dal rapporto tra la società Hardis s.p.a e l’Azienda Ospedaliera Universitaria (OMISSIS) e da quella sorta tra la prima e Centro Factoring s.p.a., oggi Mediocredito s.p.a., per effetto della cessione di credito in esecuzione di un contratto di factoring che, a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 2, n. 3, rientra nel campo di applicazione dell’Iva pur essendo soggetta al regime dell’esenzione. La cessione del credito ha comportato il subentro della cessionaria Centro Factoring s.p.a. nel rapporto giuridico tra la cedente Hardis s.p.a ed il debitore ceduto Azienda Ospedaliera Universitaria (OMISSIS).

La questione dell’assoggettamento all’imposta di registro in misura proporzionale o fissa del decreto ingiuntivo o della sentenza ottenuta dal cessionario del credito nei confronti del debitore ceduto è stata oggetto di esame da parte di questa Corte che si è pronunciata con la sentenza n. 11312 del 2000 in un caso in cui il cessionario del credito instava per l’assoggettamento a tassa fissa di registro del decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore ceduto in forza del fatto che il credito era stato ceduto ad estinzione dell’obbligazione derivante dal contratto di appalto stipulato tra cedente e cessionario. Ha affermato la Corte che il pagamento del credito ceduto attiene al rapporto tra il cedente ed il debitore ceduto e non al rapporto tra cedente e cessionario, sicchè è incongruo fare riferimento al trattamento fiscale della prestazione resa dal cedente al cessionario dovendosi piuttosto considerare, ai fini della tassazione, il diverso rapporto tra cedente e debitore originario.

Con la successiva sentenza n. 4802 del 2011 questa Corte, affermando di voler dare continuità all’orientamento già espresso con la sentenza n. 11312 del 2000, ha affermato, in realtà, un principio affatto diverso, ovvero che “… l’obbligazione nascente dalla sentenza di condanna, non attiene al credito tra la cedente ed il ceduto, sottoposto ad IVA, ma è relativa al diverso ed autonomo rapporto tra il debitore ceduto e la Società cessionaria, per il che tale prestazione, che non è soggetta, neppure teoricamente (perchè di fatto esentata), all’imposta sul valore aggiunto va, in conclusione, sottoposta ad imposta di registro, con aliquota proporzionale.”

Questo collegio intende porsi in consapevole contrasto con la sentenza n. 4802 del 2011 e dare seguito, invece, al principio espresso con la più risalente sentenza n. 11312 del 2000 secondo cui, ai fini della tassazione della sentenza ottenuta dal cessionario contro il debitore ceduto, occorre avere riguardo alla natura del rapporto tra creditore cedente e debitore ceduto, per modo che, qualora quest’ultimo sia soggetto ad Iva, la sentenza stessa non è soggetta ad imposta proporzionale poichè il pagamento del debito originario era soggetto all’imposta sul valore aggiunto ai sensi del testo unico, art. 40.”

Questa soluzione interpretativa muove dalla premessa secondo cui il credito fatto valere dal cessionario nei confronti del debitore ceduto coincide con quello vantato dal creditore originario verso il debitore e muta solo con riguardo al soggetto cui il credito è stato ceduto, sostituendosi la figura del cessionario a quella del cedente.

A seguito della cessione del credito il debitore ceduto diviene obbligato verso il cessionario allo stesso modo in cui era tale nei confronti del suo creditore originario, tanto è vero che può opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente, sia quelle attinenti alla validità del titolo costitutivo del credito, sia quelle relative ai fatti modificativi ed estintivi del rapporto anteriori alla cessione od anche posteriori al trasferimento, ma anteriori all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla sua conoscenza di fatto (così Cass. n. 9842 del 20/04/2018 e Cass. n. 575 del 17/01/2001).

In considerazione della natura del credito originario, pacificamente rientrante nel campo dell’Iva, deve quindi affermarsi il principio secondo cui la sentenza con cui il debitore ceduto sia condannato al pagamento nei confronti del cessionario o del factor di un debito soggetto ad Iva deve essere tassata non in misura proporzionale con l’aliquota del 3% ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa allegata, art. 8, ma in base al medesimo art. 8, nota II, secondo cui le sentenze di condanna non sono soggette all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi soggetti ad Iva ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40.

5. Il secondo motivo rimane assorbito.

6. Il ricorso va perciò rigettato. In considerazione dei precedenti giurisprudenziali non univoci sulla questione controversa, le spese processuali si compensano.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale da remoto, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2021

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