Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15261 del 24/06/2010

Cassazione civile sez. II, 24/06/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 24/06/2010), n.15261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.E., elettivamente domiciliato in Roma, Via di Villa di

Lucina n. 72, presso lo studio dell’Avvocato Cosimo Rillo,

rappresentato e difeso dall’Avvocato MASOTTA Filippo per procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO – PREFETTURA DI AVELLINO, in persona

del Prefetto pro tempore, rappresentato e difeso per legge

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma,

via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Avellino n. 567/06,

depositata in data 28 febbraio 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 marzo 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. LO VOI Francesco, il quale ha chiesto il rigetto del

ricorso per manifesta infondatezza dei motivi;

sentito, per il ricorrente, l’Avvocato Filippo Masotta, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Pasquale Ciccolo, che ha confermato le conclusioni scritte.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata in data 28 febbraio 2006, il Giudice di pace di Avellino rigettava l’opposizione proposta da L.E. avverso il verbale di accertamento elevato a suo carico dalla Polizia stradale di Avellino per violazione dell’art. 176 C.d.S., comma 19, perchè, provenendo dallo svincolo della (OMISSIS), si immetteva sul raccordo (OMISSIS) con manovra di svolta a destra per dirigersi verso (OMISSIS) e nella circostanza attraversava lo spartitraffico percorrendo parte della carreggiata nel senso di marcia opposto a quello consentito.

Il Giudice di pace riteneva che dalle stesse fotografie prodotte dall’opponente emergesse l’esistenza non solo della segnaletica orizzontale, che il medesimo opponente aveva definito non visibile, ma anche del segnale di direzione obbligatoria posto sul margine anteriore dell’isola di traffico.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre L.E. sulla base di tre motivi; resiste, con controricorso, l’UTG – Prefettura di Avellino.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve preliminarmente rilevarsi che la violazione è stata accertata dalla Polizia stradale di Avellino e che l’opponente ha proposto ricorso avverso il relativo verbale di accertamento dell’infrazione.

Legittimato passivo nel giudizio di opposizione era dunque il Ministero dell’Interno, quale organo di vertice dell’Amministrazione dalla quale dipende l’organo verbalizzante (ex plurimi, s, Cass., n. 16458 del 2006; Cass. n. 10216 del 2005; n. 7992 del 2005; n. 19541 del 2004). Il giudizio di merito è stato invece proposto e si è svolto nei confronti del Prefetto di Avellino, quale organo periferico del Ministero dell’Interno. Tuttavia, in virtù del principio enunciato dalle Sezioni unite (Cass., n. 3117 del 2006), l’errore di identificazione dell’organo legittimato a contraddire comporta una mera irregolarità, sanabile per effetto della rinnovazione dell’atto nei confronti di quello indicato dal giudice, della mancata eccezione da parte dell’amministrazione, o della mancata deduzione di specifico motivo di cassazione. Tanto è accaduto nella specie, in quanto l’Avvocatura generale dello Stato ha resistito al ricorso, senza formulare alcun rilievo sul punto.

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia contraddittorietà e insufficienza della motivazione, rilevando che il segnale di divieto di accesso era apposto sulla destra della sua direzione di marcia, laddove egli aveva svoltato a sinistra, e cioè in una direzione nella quale non vi era alcuna segnalazione di divieto; non si comprende quindi come il Giudice possa aver ritenuto sussistente la violazione contestata, nella quale si parlava appunto di svolta a destra.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 37 C.d.S., comma 7, dolendosi del fatto che il giudice non abbia tenuto conto della circostanza, chiaramente desumibile dalla relazione peritale di parte, che la segnaletica orizzontale era ricoperta di pulviscolo ed era poco visibile a causa della mancata manutenzione, laddove la citata disposizione fa obbligo all’amministrazione di mantenere la segnaletica stradale sempre in perfetta efficienza.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23. L’amministrazione non si era costituita nel giudizio di opposizione e non aveva fatto pervenire alla cancelleria del Giudice di pace la documentazione relativa all’accertamento della violazione, il che avrebbe imposto, in base alla citata disposizione, di ritenere non provata la violazione contestata e l’accoglimento dell’opposizione.

I primi due motivi sono inammissibili in quanto, più che evidenziare vizi logici o giuridici della impugnata sentenza, si risolvono, in realtà, in una inammissibile richiesta di nuova valutazione delle risultanze probatorie, di cui il Giudice di pace ha dato motivazione ampia e immune da vizi. Il Giudice di pace, invero, ha dato atto della produzione, da parte dell’opponente, di documentazione fotografica riproduttiva dello stato dei luoghi e da tale documentazione ha desunto la sussistenza dell’illecito contestato e la infondatezza dei rilievi svolti dal L. in sede di opposizione.

In tale contesto, le deduzioni del ricorrente circa la collocazione dei segnali e circa la visibilità o meno, causa pulviscolo, della segnaletica orizzontale, appaiono deduzioni di fatto, inammissibili in questa sede di legittimità.

Il terzo motivo è infondato.

Il Giudice di pace, come si è appena detto, ha ritenuto che la produzione documentale dell’opponente, lungi dall’offrire sostegno alle deduzioni difensive dello stesso, dimostrava la infondatezza delle stesse. In tale contesto, deve escludersi che possa operare il disposto della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, u.c., a norma del quale “il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente”. In proposito, deve rilevarsi che, avendo l’opponente l’onere di produrre unitamente al ricorso in opposizione il provvedimento impugnato (ordinanza- ingiunzione ovvero, nel caso di violazioni del codice della strada, verbale di contestazione: della L. n. 689 del 1981, art. 22, comma 3), ben poteva il Giudice dell’opposizione fondare la propria decisione su detto verbale, posto che “nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, mentre è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti” (Cass., S.U., n. 17355 del 2009).

Il terzo motivo di ricorso è quindi infondato.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna dell’opponente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 400,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2010

 

 

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