Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1526 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. I, 23/01/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 23/01/2020), n.1526

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18979/2018 proposto da:

K.L., rappresentato e difeso dall’avvocato Cognini Paolo,

giusta procura allegata in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 04/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/10/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 5640/2018 pubblicato il 4-5-2018, il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso di K.L., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto, nell’ordine in via gradata, il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ed umanitaria. Esaminando nel merito le domande, il Tribunale ha osservato che i fatti narrati dal richiedente, ancorchè credibili, non esponevano a rischio grave il richiedente o sua madre ed ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria. Neppure ha ritenuto sussistere i presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, avuto anche riguardo alla situazione generale e politico-economica del Gambia, descritta dettagliatamente nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza, nonchè valutato non rilevante, di per sè, il fatto che il ricorrente fosse un giocatore di calcio e fosse stato tesserato presso la F.I.G.C..

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Con ordinanza interlocutoria di questa Corte depositata il 9/5/2019 è stata disposta l’acquisizione del fascicolo d’ufficio del giudizio svoltosi avanti al Tribunale di Ancona (R.G. n. 7858/2018) ed il rinvio a nuovo ruolo della causa.

4. Il ricorso è stato nuovamente fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “Omessa pronuncia su motivi di gravame Mancanza della motivazione/Motivazione apparente – Nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. – Nullità della sentenza impugnata per violazione dell’obbligo di motivazione in fatto e in diritto del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 9, comma 2 – Nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 429 c.p.c., comma 1 e art. 188 disp. att., commi 1 e 2 – Nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 111 Cost.”. Il ricorrente premette, riepilogando la ricostruzione della propria vicenda personale, di essere fuggito dal Gambia dopo la scomparsa del padre, ufficiale dell’esercito gambiano e amico di uno dei promotori dell’azione sovversiva con la quale venne tentato un colpo di stato, nel dicembre 2014. Riferisce di essere stato trattenuto, in uno stato simile alla detenzione, fino al 15 marzo in un campo e di essere fuggito raggiungendo la Libia, dove aveva subito violenze e torture documentate, e di seguito l’Italia. Ad avviso del ricorrente la motivazione del decreto impugnato è solo apparente, mancando il vaglio effettivo delle allegazioni svolte. Inoltre i timori del ricorrente non traevano origine dal fatto che il padre fosse un militare al servizio del deposto Presidente J., ma dalla circostanza opposta, ossia dal fatto che il padre fosse corresponsabile del tentato golpe del 2014. Il ricorrente assume di temere ritorsioni non da parte del governo in carica, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, ma da parte dei sostenitori del Presidente deposto, ancora presenti ed attivi in Gambia.

2. Con il secondo motivo lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “Violazione di legge e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, art. 13, comma 1 bis e art. 27, commi 1 e 1 bis e art. 18 della direttiva Europea n. 2013/32/UE – Carenza di istruttoria – Illogicità dei criteri interpretativi – Violazione dei principi di diritto in materia di protezione internazionale e attinenti allo scrutinio della richiesta di protezione”. Sostiene il ricorrente che la motivazione del decreto sia illogica, risultando travisata o comunque erroneamente valutata la sua vicenda personale, essendo noto che l’esposizione politica di un solo membro della famiglia, in determinate situazioni, possa tradursi in pericolo anche per i parenti più prossimi. Il Tribunale non ha approfondito l’aspetto relativo al grado di pericolosità, organizzazione ed insediamento negli apparati statali dei sostenitori dell’ex Presidente J. ed anche il contesto generale del Gambia è stato valutato in maniera incongrua rispetto alla specifica condizione del richiedente.

3.Con il terzo motivo lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “Violazione di legge e falsa applicazione in riferimento alla richiesta di protezione umanitaria del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e art. 9, comma 2. Violazione di legge in riferimento all’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo”. Denuncia carenza di motivazione ed errori di diritto, non avendo il Tribunale effettuato un effettivo esame del caso concreto, nè valutato adeguatamente che il ricorrente risulti organicamente e fattivamente inserito nel mondo dello sport attraverso l’attività calcistica e che abbia seguito corsi di formazione e tirocini formativi.

4. I primi due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

4.1. Il ricorrente, nel censurare la valutazione effettuata dal Tribunale delle vicende personali dallo stesso narrate, assumendo che sia mancato un concreto esame dei rischi a cui sarebbe esposto in caso di rimpatrio, afferma di temere ritorsioni non da parte del governo in carica, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, ma da parte dei sostenitori del Presidente deposto, ancora presenti ed attivi, a suo dire, in Gambia.

Il Tribunale, pur affermando prima che il padre del ricorrente era sostenitore dell’ex Presidente J. (pag. n. 3 del decreto), ma di seguito precisando che il richiedente riconduceva il timore di danno grave all’accusa di essere stato sostenitore o partecipante ai colpi di stato diretti a sovvertire, in passato, il regime di J. (pag. n. 4), ha, in ogni caso, dato conto in dettaglio del netto miglioramento della situazione generale del Gambia dopo l’insediamento del nuovo Presidente B., citando plurime fonti di conoscenza (report Easo dicembre 2017, report Amnesty International aprile 2017 e rapporto Ministero dell’Interno del maggio 2017), non solo in relazione alla generale tutela dei diritti umani, alla sicurezza del Paese ed al sistema giudiziario, ma anche con riferimento all’attuata politica di riconciliazione e rispetto dei diritti umani nei confronti dei seguaci del vecchio regime dittatoriale (pag. n. 4 decreto).

Le doglianze non colgono, quindi, la suesposta ratio decidendi, atteso che il ricorrente non censura specificatamente il percorso argomentativo di cui si è appena detto, ma si limita a riportare, diffusamente, la normativa di riferimento e a dolersi, del tutto genericamente, del mancato approfondimento istruttorio su fatti decisivi di persecuzione asseritamente subiti o subendi per vendetta dei sostenitori dell’ex Presidente J., ormai da tempo deposto, e sul contesto del Paese di origine, senza, tuttavia, confrontarsi con la motivazione del decreto impugnato in relazione alla descrizione aggiornata della situazione di detto Paese.

Pertanto le censure si risolvono in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile, in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (Cass., sez. un., n. 8053/2014).

Quanto alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass. n. 32064/2018 e Cass. n. 30105/2018), non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come precisati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza già citata.

Nel caso di specie il Tribunale, con motivazione adeguata ed indicando le fonti di conoscenza (pag. n. 4 del decreto impugnato), ha escluso che la situazione generale del Gambia realizzi la fattispecie di cui trattasi, così compiutamente esercitando il dovere di cooperazione istruttoria. La situazione politica del paese è stata, quindi, analizzata dal giudice territoriale, che ha escluso l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di origine del ricorrente.

5. Anche il terzo motivo è inammissibile.

5.1. In ordine alla protezione umanitaria, secondo la giurisprudenza di questa Corte la valutazione deve essere autonoma, nel senso che il diniego di riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie non può conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario che l’accertamento da svolgersi sia fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass. n. 28990/2018).

Ciò nondimeno il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato ed il potere istruttorio ufficioso può esercitarsi solo in presenza di allegazioni specifiche sui profili concreti di vulnerabilità (Cass. n. 27336/2018).

5.2. Nella fattispecie in esame il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte dei giudici di merito, che hanno, con idonea motivazione, valutato le allegazioni del ricorrente, anche in quanto giocatore di calcio (pag. n. 7 decreto impugnato), e le informazioni sul Paese di origine. Le doglianze sono formulate genericamente, facendo il ricorrente diffuso riferimento alla situazione di instabilità ed insicurezza del Gambia, all’estrema difficoltà sociale ed alle perpetrate violazioni di diritti umani, senza censurare le considerazioni svolte nel decreto impugnato circa il netto miglioramento della situazione generale del Paese dopo l’insediamento del nuovo Presidente B..

Considerato, infine, che, in base alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 4455/2018), l’accertata assenza di vulnerabilità rende recessivo il fattore costituito dal percorso di integrazione, e quindi ininfluenti, nella specie, le considerazioni attinenti alla riferita attività di calciatore, la censura di cui trattasi si risolve, inammissibilmente, in una ricostruzione dei fatti difforme da quella accertata dal giudice di merito.

6. Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendosi disporre sulle spese del presente giudizio, atteso che il Ministero è rimasto intimato.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020

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