Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15256 del 20/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 20/06/2017, (ud. 22/03/2017, dep.20/06/2017),  n. 15256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12132-2014 proposto da:

L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI

6, presso lo studio dell’avvocato STEFANO ORLANDI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MY WAY DI SOLIMAN MEDHAT MAKRAM GHALI & C SNC, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COSTANTINO MORIN 1, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMILIANO SCARINGELLA, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente incidentale –

e contro

C.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1739/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato ORLANDI Stefano, difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato SCARINGELLA Massimiliano difensore del resistente

che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 3/6 luglio 2001, L.A. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, F.E. ed E. e M.G., rivendicando la proprietà di un’area cortilizia distinta nel Nceu del Comune di Roma al f. (OMISSIS), con accesso dal locale sito in (OMISSIS), di cui domandava pure il rilascio.

Si costituivano le convenute, le quali chiedevano il rigetto della domanda attrice e, in via riconvenzionale, l’accertamento dell’avvenuta usucapione del bene.

Il giudizio era interrotto per il decesso di F.E. e riassunto nei confronti dei suoi eredi C., G., A., R., M. e C.S., i quali si costituivano facendo proprie le difese della defunta.

Il Tribunale di Roma, istruita la causa a mezzo Ctu, con sentenza n. 6023/2006, rigettava la domanda attrice e compensava le spese di lite, ad eccezione di quelle di Ctu.

L.A. proponeva appello con atto di citazione, notificato il 13 aprile 2007.

Gli appellati si costituivano e chiedevano il rigetto dell’appello e, in via incidentale, la riforma della sentenza nella parte in cui era stata disposta la compensazione delle spese.

La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 1739/2013, rigettava l’appello principale e gli appelli incidentali sulle spese e, in riforma della decisione impugnata, ordinava la cancellazione della domanda proposta in primo grado da L.A..

L.A. ha proposto ricorso per cassazione, articolandolo su due motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.. Nessuno degli intimati ha svolto difese.

Si è costituita la My Way di Soliman Medhat Makram Ghali & C. snc con controricorso, intervenendo quale assegnataria, con ordinanza del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma, dell’immobile in questione all’esito del giudizio di scioglimento della comunione concernente il medesimo bene.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

In via preliminare va rigettata, perchè infondata, l’eccezione, avanzata dalla ricorrente di inammissibilità dell’intervento spiegato nel presente giudizio dalla società My Way perchè questa non sarebbe stata mai parte nelle fasi di merito della controversia. Va qui osservato che la società My Way di Soliman Medhat Makram Ghali e & C snc, risulta assegnataria con ordinanza del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma dell’immobile in questione all’esito del giudizio di scioglimento della comunione concernente il medesimo bene e, pertanto, come ha già affermato questa Corte (Cass. 11638 del 2016) nella qualità di successore a titolo particolare ex art. 111 c.p.c. può intervenire nel giudizio di legittimità per esercitare il potere di azione che gli deriva dall’acquistata titolarità del diritto controverso, quando non sia costituito il dante causa, altrimenti determinandosi un’ingiustificata lesione del suo diritto di difesa.

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione ed erronea applicazione dell’art. 948 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, poichè la Corte Territoriale aveva errato nel ritenere non dimostrato il diritto di proprietà di cui essa chiedeva il riconoscimento, senza valutare la non attendibilità della Ctu e la circostanza che, nell’atto di acquisto del 1967, era stata indicata la misura dell’area cortilizia ceduta, per mezzo della quale poteva essere individuato agevolmente il bene acquistato all’epoca.

La doglianza è inammissibile.

Innanzitutto, si osserva che la ricorrente non ha colto la ratio della decisione, in quanto la Corte Territoriale ha rigettato la sua domanda, non sulla base di una valutazione omessa od incompleta del contenuto dell’atto di acquisto del 1967, ma sul presupposto dell’irrilevanza dell’atto in questione (e dell’altro documento del 1922 pure menzionato nell’atto introduttivo del giudizio) al fine di raggiungere la prova della dedotta proprietà.

Quanto alla contestazione concernente la Ctu, si evidenzia che la Corte di Appello di Roma ha ritenuto non dirimente la questione dell’eventuale errore che sarebbe stato commesso dal perito dell’ufficio e che, comunque, la ricorrente ha omesso di riportare nell’atto di impugnazione le parti delle consulenza criticate ed il contenuto dei rilievi sollevati in appello e asseritamente non considerati dalla Corte Territoriale.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 184 c.p.c. in relazione agli artt. 159 e 161 c.p.c. e artt. 24 e 111 Cost. in quanto, nel fascicolo di ufficio, l’annotazione relativa alle note istruttorie, con riferimento alle quali era stato concesso dal giudice di primo grado termine per il deposito fino al 20 dicembre 2003, riportava la data del 23 dicembre 2003, con conseguente tardività di detto deposito.

2.1.= La doglianza è infondata.

In primo luogo, si osserva che la Corte Territoriale ha accertato che nessuna violazione vi è stata, poichè il timbro di certificazione” apposto alla memoria in questione risultava che la stessa era stata depositata il 20 dicembre 2003.

Inoltre, per costante giurisprudenza, la denuncia di vizi fondati sul mancato rispetto di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass., Sez. 5, n. 26831 del 18 dicembre 2014, Rv. 634236). Nella specie, la ricorrente non ha indicato quale concreto pregiudizio essa avrebbe patito dal tardivo deposito denunciato.

In definitiva, va rigettato e la ricorrente condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali pari al 15% ed accessori, come per legge. Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2017

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