Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15255 del 22/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 22/07/2016, (ud. 28/06/2016, dep. 22/07/2016), n.15255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18848-2014 proposto da:

F.A., C.O., in proprio e nella qualità di soci

della R.O. srl, elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

TRIONFALE 145, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO PETRARCHINI,

che li rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore, pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 73/01/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 17/12/2013, depositata il 14/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/06/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, osserva:

La CTR di Roma ha respinto l’appello di C.O. e F.A. (entrambi soci nella “R.O. srl”) -appello proposto contro la sentenza n. 477/58/2012 della CTP di Roma che aveva respinto i ricorsi riuniti dei predetti contribuenti- ed ha così annullato gli avvisi di accertamento adottati nei confronti della ridetta società e nei confronti di ciascuno delle persone fisiche dei soci e relativi -rispettivamente- ad IVA-IRAP e ad IRPEF per l’anno 2005 a mezzo dei quali era stato recuperato a tassazione (anche a carico dei soci per le imposte sui redditi in proporzione alle quote a ciascuno imputate del 75% e del 25%, probabilmente in ragione del criterio “per trasparenza” elettivamente applicabile alla specie di causa) maggior imponibile desunto induttivamente dalla differenza tra le dichiarate rimanenze iniziali e finali di merce in magazzino, non supportata da idonea giustificazione, in collegamento con l’omessa partecipazione al contraddittorio su invito dell’ufficio.

La CTR -dopo avere evidenziato che i contribuenti avevano addotto l’esistenza di un contratto di affitto di azienda con tale “G.A. srl nel quale era previsto l’accollo dei debiti per forniture fatte dalla “IGES srl” e la consegna delle merci rimanenti presenti in magazzino alla data del subentro, sì che il valore corrispondente alla differenza tra rimanenze iniziali e rimanenze finali determinata da tale consegna era stata poi indicato nei ricavi- ha motivato la decisione nel senso che anche all’esame dei dati di bilancio 2005 “non vi è alcuna certezza…che l’operazione si sia svolta secondo la prospettazione di parte appellante”, mentre l’unica certezza circa la natura ed entità dei beni ceduti dalla R.O. srl alla G.A. srl sarebbe potuta discendere da un inventario della merce in giacenza nel magazzino. Da ciò la conclusione che la parte contribuente non era riuscita a provare che cosa fosse avvenuto della merce non più presente in magazzino alla data del 31.12.2005. Priva di pregio era apparsa alla CTR la tesi dell’erronea attribuzione ai soci del maggior reddito in questione, siccome le quote imputate ai due soci erano state desunte al quadro R.O. del Modello Unico e perciò dalla dichiarazione proveniente dalla stessa dichiarante. D’altronde l’atto di cessione invocato dai contribuenti risaliva al 27.3.2006.

La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.

L’Agenzia non si è difesa.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, con il motivo unico di impugnazione (centrato sul vizio di omesso esame di un fatto decisivo e distinto in tre diversi aspetti) la ricorrente si duole anzitutto del fatto che il giudice del merito abbia omesso di esaminare il fatto storico decisivo concernente il contratto di affitto di ramo di azienda in data 16.3.2005 nel quale era prevista la consegna delle rimanenze di magazzino presenti al momento del subentro in favore della G.A. srl.

Il primo aspetto del motivo appare manifestamente infondato, siccome risulta già di per sè dalla sintesi degli argomenti su cui si fonda la decisione impugnata, donde si trae che il giudicante -nell’esercizio dei poteri che gli spettano in via esclusiva in ordine alla selezione e la valutazione delle fonti del proprio convincimento – ha fatto specifico oggetto di esame il contratto di cui si tratta e ne ha ricavato la conclusione che non se ne possa trarre la prova invocata dalla parte contribuente.

Con il secondo aspetto di doglianza, la parte contribuente si duole che il giudice del merito (nel convalidare l’imputazione ai due soci dei redditi di cui si è detto ai fini IRPEF) abbia omesso di tenere conto del fatto che nella compagine sociale dell’anno 2005 figurava anche, come socio al 50%, C.G., siccome avrebbe dovuto desumere dal contratto di cessione di quote in data 27.6.2006 che era stato prodotto in appello dalla parte contribuente, dal quale risultava appunto l’avvenuta cessione delle quote in precedenza appartenute a C.G..

Anche per questo aspetto il motivo di impugnazione appare manifestamente infondato, potendosi desumere dal riassunto della motivazione della pronuncia impugnata che il giudice del merito non ha affatto (per quanto la parte ricorrente censuri la motivazione come laconica e superficiale) omesso di fare esame del contratto che la parte contribuente ha prodotto in giudizio, mentre invece l’ha considerato inidoneo a costituire prova dell’assunto difensivo della stessa parte. Con il terzo aspetto del motivo di impugnazione, la parte ricorrente si duole che la CTR abbia omesso di considerare la cartella di pagamento notificata da Equitalia alla F.A. in data 17.4.2013 (proprio in conseguenza dell’avviso di accertamento qui in argomento) e che la predetta cartella era stata impugnata dalla F. avanti alla CTP di Roma, impugnazione nel corso della quale l’Agenzia aveva comunicato l’accoglimento parziale della proposta di mediazione formulata dalla F. con emissione di provvedimento di sgravio parziale. Detto sgravio recava la motivazione “Riliquidazione CTP 477/58/2012” e cioè la sentenza della CTP di Roma poi fatta oggetto di appello avanti alla CTR, appello deciso con la sentenza di cui ora si discute. La F. aveva poi provveduto al pagamento della somma determinata con l’accordo. Di tutto ciò era stata fatta allegazione avanti alla CTR di Roma con la nota di deposito del 25.11.2013 della quale la CTR stessa non aveva tenuto conto alcuno.

Anche detto aspetto del motivo appare manifestamente infondato.

Nell’ottica dell’esame della fondatezza dell’avviso di accertamento impugnato, non rileva in alcun modo la circostanza che la F. possa avere chiuso la controversia relativa alla cartella di pagamento mediante intervenuto accordo di mediazione (attenendo detto accordo ad una lite tutt’affatto diversa da quella qui pendente), non almeno fino a quando la parte avversaria Agenzia abbia dato espresso atto della cessazione della materia del contendere.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza.

Roma, 29 febbraio 2016.

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

che la sola parte ricorrente ha depositato memoria nella quale ha ribadito le ragioni a sostegno dell’impugnazione, ragioni che questa Corte non può condividere, atteso che la Commissione Regionale non ha affatto omesso di esaminare il “fatto” di cui la parte ricorrente lamenta (con il primo ed il secondo motivo) la pretermissione, avendo invece dichiarato di avere raggiunto il proprio convincimento a tale riguardo sulla scorta degli argomenti e delle prove addotte dalla parte pubblica; nel mentre va poi ribadito che non può avere qui (e cioè nel processo destinato all’accertamento dell’an debeatur) rilevanza l’esito di altro processo, tanto più che la stessa parte ricorrente – nel delineare, confusamente, l’oggetto di tale altro processo – ha fatto riferimento ad un avviso di accertamento (fonte di emissione della cartella ivi impugnata) che è stato indicato con un numero diverso da quello che è stato indicato (a pag. 2 del ricorso introduttivo di questo giudizio) come oggetto di impugnazione in questa sede;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita con controricorso ma solo con atto per la partecipazione all’udienza dove non si è difesa.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater D.P.R. 11.115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma. il 28 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2016

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