Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15253 del 22/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 22/07/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 22/07/2016), n.15253

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11530-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

HYPO VORARLBERG LEASING SPA, in persona dell’Amministratore Delegato

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI 4,

presso lo studio dell’avvocato LUCA MAZZEO che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati CHRISTOPH SENONER, LORIS TOSI,

giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 16/1/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA 3 GRADO

di BOLZANO del 15/01/2015, depositata il 26/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo contro la sentenza resa dalla CT 2 grado di Bolzano n. 16/01/05, depositata il 26.1.2015, che ha accolto l’impugnazione della società Hypo Vorarlberg Leasing spa, annullando l’avviso di liquidazione relativo ad imposta proporzionale di registro pretesa dall’ufficio sui corrispettivi che il tribunale di Bolzano aveva ordinato di corrispondere, con ordinanza resa ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., in favore della concedente di beni dati in leasing. Si è costituita in giudizio la società contribuente con controricorso, eccependo l’inammissibilità e infondatezza del ricorso.

L’unico motivo di ricorso proposto dall’Agenzia, fondato sulla violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 15 è inammissibile.

Ed invero, il giudice di secondo grado, esaminando le clausole negoziali(clausola 20.2 e 20.3), ha ritenuto che alle somme che il tribunale di Bolzano aveva ordinato di corrispondere agli utilizzatori di tre contratti di leasing fosse applicabile l’imposta di registro in misura proporzionale ritenendo che la natura di siffatti importi, ben lungi dall’integrare una penale rappresentava, tenuto conto delle specifiche previsioni contrattuali puntualmente esaminate, una “pretesa di adempimento di tutti gli obblighi dell’utilizzatore in esecuzione del contratto di leasing(nonostante la perdita del godimento del bene) controbilanciato dal diritto di ricevere il ricavato della vendita dell’immobile”.

Ora, a ben considerare, la censura che prospetta l’Agenzia, fondata sulla violazione del parametro normativo relativo all’assoggettabilità ad IVA delle somme dovute a titolo di penale, impinge con le valutazioni di merito operate dalla CTR in ordine alla natura delle clausole negoziali sulla cui base sono stata emesse le ordinanze del tribunale di Bolzano, dalle quali il giudice di merito ha tratto il convincimento della natura non risarcitoria delle somme dovute dall’utilizzatore in caso di inadempimento.

Nè l’Ufficio ha posto in discussione i criteri ermeneutici utilizzati dalla Ct di secondo grado per giungere alle conclusioni sopra rassegnate, formulando una specifica censura di violazione di legge rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito ed alle clausole negoziali richiamate dal giudicante. Ed infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale/ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato, nonchè, in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, con la trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, ancorchè la sentenza abbia fatto ad essa riferimento, riproducendone solo in parte il contenuto, qualora ciò non consenta una sicura ricostruzione del diverso significato che ad essa il ricorrente pretenda di attribuire – cfr. Cass. n. 4178/2007;Cass.n. 2560/2007; Cass.n.24461/2005; Cass.n.15604/2007; Cass.n.19044/2010-.

Pertanto, la parte ricorrente, che nemmeno si è curata di riportare in ricorso il contenuto delle clausole negoziali interpretate dal giudice di merito, ha dato luogo ad un’ulteriore ragione di inammissibilità del ricorso.

Sulla base di tali considerazioni il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore della controricorrente in Euro 3.500,00 per compensi, Euro 100,00 per esborsi, 15 % dei compensi per spese generali, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2016

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