Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15248 del 21/07/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 15248 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso 3450-2014 proposto da:
PANDOLFO FILIPPO PNDFPP47R01D876K, DI BUONO
MARIA GIUSEPPA DBNMGS52E67A415N, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA ZILIOTTO 20, presso lo studio del dottor
FERDINANDO FUSCO, rappresentati e difesi dall’avvocato MARIO
FRANCO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti contro
SINISGALLI ROSETTA, MAROTTA MICHELE, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA SISTINA 42, presso lo studio dell’avvocato
ANGELA MALACARNE, rappresentati e difesi dall’avvocato VITO
RIPULLONE, giusta mandato a margine del controricorso;
– controricorrenti –

Data pubblicazione: 21/07/2015

avverso l’ordinanza n. 7/2013 della CORTE D’APPELLO di
POTENZA del 25/06/2013, depositata il 26/06/2013, nonché contro
la sentenza n. 141 del 31/01/2012 del TRIBUNALE di POTENZA;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/06/2015 dal Consigliere relatore Dott. FRANCO DE STEFANO.

§ 1. — È stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai
sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., datata 21.10.14 e regolarmente
notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza
del tribunale di Potenza del 31.1.12 n. 141, impugnata con appello
dichiarato inammissibile ex art. 348-bis cod. proc. civ., nonché contro
la relativa ordinanza della corte di appello di Potenza 26.6.13 in causa
n. 83/13 r.g.:
«1. — Filippo Pandolfo e Maria Giuseppa Di Buono ricorrono,
affidandosi a tre complessi motivi, direttamente a questa Corte per la
cassazione tanto dell’ordinanza 26.6.13 con cui la corte di appello di
Potenza, ai sensi dell’art. 348-bis cod. proc. civ., ha dichiarato
inammissibile il suo appello avverso la sentenza 31.1.12 del tribunale di
quel capoluogo, quanto di quest’ultima, con cui è stata rigettata la
domanda di riscatto agrario da loro proposta contro Michele Marotta e
Rosetta Sinisgalli. Gli intimati notificano controricorso.
2. — Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio — ai
sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., anche in relazione
all’art. 360-bis cod. proc. civ. — parendo potersi dichiarare
inammissibile per le ragioni che seguono, impregiudicato anche il
riscontro del rispetto del termine per proporre l’impugnazione della
sentenza di primo grado con decorrenza dalla data di comunicazione
dell’ordinanza del giudice di appello.

Ric. 2014 n. 03450 sez. M3 – ud. 10-06-2015
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Svolgimento del processo

3. — I ricorrenti sviluppano tre motivi: il primo, rubricato
«Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 e 4
cpc). a) Violazione del principio della domanda: omessa pronuncia
sulla sussistenza del rapporto di affittanza e dei requisiti soggettivi dei
soggetti acquirenti del bene privi di legittimazione del diritto di

procedendo ex art. 112 cpc; b) Violazione e falsa applicazione degli art.
416 e 417 anti riforma e 115 cpc come modificato dall’art. 45 e 14 della
Legge 18/06/2009 n. 69; c) Violazione del principio di non
contestazione. Illegittimità delle gravate sentenze e nullità del deciso
per extrapetizione»; il secondo, rubricato « Violazione e falsa
applicazione di norme di diritto; omessa, insufficienza e
contraddittorietà della motivazione delle sentenze (ex art. 360 n. 4
cpc). Omessa verifica e decisione sul punto della presenza di elementi
presuntivi di convincimento, idonei a fornire la prova del requisito di
coltivatore diretto e di mancata alienazione di fondi nel biennio;
violazione del principio dell’onere della prova ex art. 2697 cc.»; il terzo,
rubricato «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ex art.
360 n. 3 cpc) per omessa e falsa applicazione dell’art. 348 bis, comma
10 cpc e dell’art. 360 bis, comma 1°, cpc. Vizio motivazionale su punto
decisivo della controversia (ex art. 360 n. 5 cpc): mancato
accertamento e valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione».
4. — Deve ritenersi superflua l’illustrazione dei motivi e delle
repliche dei controricorrenti, parendo assorbenti i seguenti profili di
inammissibilità, tra loro concorrenti, ma del tutto autonomi.
4.1. In primo luogo, per la parte in cui quest’ultimo si rivolge
contro l’ordinanza della corte di appello ex art. 348-bis cod. proc. civ.,
va ribadito che contro di essa non è consentita alcuna impugnazione,
secondo quanto ampiamente argomentato da questa Corte con le
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prelazione rispetto al confinante (ex art. 7 Legge n. 817/71) error in

ordinanze del 16.4.13, nn. 8940 a 8943, alla cui esaustiva motivazione
può qui bastare un semplice richiamo (ma v. pure Cass., ord. 9 giugno
2014, n. 12936, ovvero Cass. 23 giugno 2014, n. 14182, nonché Cass. 3
ottobre 2014, n. 20968): infatti, affinché sia coerente con le finalità
della novella, la valutazione, per quanto necessariamente completa se

davvero sommaria e risolversi in una schematica conferma della
validità delle ricostruzioni in fatto e delle decisioni in diritto operate dal
primo giudice; in ogni caso, detta ordinanza non è mai definitiva, visto
che è sempre possibile impugnare ulteriormente il provvedimento di
primo grado, sia pure coi termini e nelle forme previste dal nuovo art.
348-ter cod. proc. civ.
4.2. Per la parte poi in cui il ricorso si rivolge contro la sentenza
di primo grado, va rilevato come in esso manchi ogni analitica
trascrizione dell’atto di appello: eppure (per tutte, v. Cass., ordd. 17
aprile 2014, nn. 8940 a 8943, alle cui amplissime argomentazioni può
qui bastare un richiamo integrale), nel ricorso per cassazione avverso la
sentenza di primo grado, proponibile ai sensi dell’art. 348-ter, terzo
comma, cod. proc. civ., l’atto d’appello, dichiarato inammissibile, e la
relativa ordinanza, pronunciata ai sensi dell’art. 348-bis cod. proc. civ.,
costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità, con la
conseguenza che, ai sensi dell’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., è necessario
che nel suddetto ricorso per cassazione sia fatta espressa analitica
menzione sia dei motivi di appello che della motivazione
dell’ordinanza ex art. 348-bis cod. proc. civ., al fine di evidenziare
l’insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al
vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame
(in tal senso v. pure Cass., ord. 15 maggio 2014, n. 10722, ovvero
Cass., ord. 9 giugno 2014, n. 12936).
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non altro con riferimento alle questioni più liquide, deve essere

4.3. Ma, nella specie, nel ricorso i richiami all’atto di appello
sono limitati alle conclusioni e restano sommari e generici: e, non
potendo valere ad integrare le lacune del ricorso alcun altro atto
successivo, questa Corte non è posta in grado di operare la preliminare,
invece indispensabile, verifica di cui sopra sulla base del solo ricorso.

sentenza di primo grado, ove sia infine accertata la non tardività della
proposizione dell’impugnazione ai sensi dell’art. 348-ter cod. proc. civ.
(decorrendo il termine breve dalla comunicazione di cancelleria
dell’ordinanza di secondo grado), essi sono inammissibili per ulteriori,
concorrenti e tra loro indipendenti, ordini di ragioni:
5.1. in primo luogo, ciascuno dei motivi si articola in
un’inestricabile commistione di fatti, argomenti, doglianze e citazioni: e
così esso viola il requisito di specificità e completezza del motivo di
cassazione (fra le ultime, v. Cass. 6 marzo 2014, n. 5277; in precedenza,
negli esatti termini, anche Cass. n. 4741 del 2005, seguita da numerose
conformi, tra cui Cass. 5244/06, Cass. 15604/07, Cass. 6184/09), visto
che è stata prospettata una pluralità di questioni precedute
unitariamente dalla elencazione delle norme che si assumono violate e
dalla deduzione del vizio di motivazione, così richiedendosi un
inesigibile intervento integrativo della Corte, che, per giungere alla
compiuta enucleazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna
delle doglianze lo specifico vizio di violazione di legge o del vizio di
motivazione (Cass. 20 settembre 2013, n. 21611);
5.2. in secondo luogo, non è più possibile, dopo la novella del
2012 del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (sulla cui portata sostanziale
vedi già quanto statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte con le sue
pronunzie n. 8053 del 7 aprile 2014 e n. 19881 del 22 settembre 2014),
dolersi di omissione, contraddittorietà o insufficienza della
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5. — Ancora, nella parte in cui i motivi sono rivolti avverso la

motivazione, nemmeno ai sensi di altra delle previsioni di quella
norma, mentre i limiti di censurabilità del giudizio di fatto sono ancora
più ristretti (Cass. 9 giugno 2014, n. 12928); sicché — sussistendo
l’inammissibilità del secondo motivo pure in quanto articolato in
indissolubile commistione con il prospettato, ma appunto non più

quanto nella sostanza volti a conseguire una rivalutazione della
conclusione sull’insussistenza di un quadro probatorio sufficiente in
ordine a tutti i requisiti per l’esercizio del diritto di riscatto. Invece,
nella specie, il giudice di primo grado ha operato comunque una
valutazione complessiva ed esauriente, non essendo tenuto a dare
conto di ogni singola risultanza probatoria e, meno che mai, del
mancato esercizio del potere di ricorrere alle presunzioni.
6. — Deve quindi proporsi al Collegio la declaratoria di
inammissibilità del ricorso, per di più con applicazione (per carenza di
discrezionalità: Cass. 14 marzo 2014, n. 5955), dell’art. 13 comma 1-

quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17,
della 1. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i
gradi o i giudizi di impugnazione».
Motivi della decisione
§ 2. — Non sono state presentate conclusioni scritte, né le parti
hanno depositato memoria — eccettuata, per i controricorrenti, la nota
spese — o sono comparse in camera di consiglio per essere ascoltate.

5 3. — A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera
di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in
diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le
conclusioni, avverso le quali del resto nessuna delle parti ha
ritualmente mosso alcuna critica osservazione.
§ 4. — Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il
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deducibile, vizio motivazionale — tutti i motivi sono inammissibili in

ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna dei soccombenti
ricorrenti al pagamento, in favore delle controparti, delle spese del
giudizio di legittimità, per gli uni e per gli altri tra loro rispettivamente
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in solido, attesa la comunanza della rispettiva posizione processua e.
§ 5. — Deve, infine, trovare applicazione l’art. 13 comma 1 quater

del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della
1. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi
o i giudizi di impugnazione: ai sensi di tale disposizione, il giudice
dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la
definisce, a dare atto — senza ulteriori valutazioni discrezionali — della
sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o
improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte
dell’impugnante integralmente soccombente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione
da lui proposta, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13.

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti,
tra loro in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in
favore delle controparti, tra loro in solido, liquidate in € 1.985,00, di
cui € 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali ed
accessori nella misura di legge. e

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Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. 115/02, come modif.

dalla 1. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
co. 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, addì 10 giugno 2015

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