Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15247 del 23/06/2010
Cassazione civile sez. trib., 23/06/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 23/06/2010), n.15247
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso
di essa domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
A.D.B.;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia n. 194/63/06, depositata il 20 giugno 2006.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17 febbraio 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.
La Corte:
Fatto
OSSERVA
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 194/63/06, depositata il 20 giugno 2006, che, accogliendo l’appello di A.D.B., commercialista, gli ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAI’ versata per gli anni 1999, 2000, 2001 e 2002.
Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.
11 ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366-bis cod. proc. civ., con il quale si censura la sentenza per vizio di motivazione in ordine al requisito dell’autonoma organizzazione.
La ratio decidendi della sentenza impugnata è conforme al consolidato principio affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata: il requisito della autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente die richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007).
Segnatamente, la pronuncia gravata contiene un inequivoco accertamento di fatto in ordine all’insussistenza, nella specie, di autonoma organizzazione non è oggetto di adeguate e puntuali censure.
In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e art. 380-bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”;
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribadito il principio di diritto sopra enunciato, il ricorso va rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2010