Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15245 del 20/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 20/06/2017, (ud. 22/02/2017, dep.20/06/2017),  n. 15245

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21099/2012 proposto da:

V.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.

FERRARI 12, presso lo studio dell’avvocato SERGIO SMEDILE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GAUDENZIO VOLPONI;

– ricorrente –

contro

A.S., A.G.A., G.C.,

A.R., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avv. TOMMASO

PAIANO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 398/2012 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 12/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/02/2017 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato Smedile Sergio difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

Pomponi Grazia Tiberia con delega depositata in udienza dell’avv.

Paiano Tommaso difensore dei controricorrenti che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 13/11/2003 gli odierni quattro controricorrenti convenivano in giudizio V.C. per sentire dichiarare l’inesistenza di una servitù di passaggio deducendo la mancanza di titolo originario o derivativo costitutivo della servitù. I convenuti assumevano che con atto notarile del 5/6/1981 la striscia di terreno sulla quale la V. pretendeva di esercitare la servitù era invece gravata da servitù di passaggio a favore di fondi non appartenenti alla convenuta, la quale era nuda proprietaria di altro fondo del quale era usufruttuario il di lei coniuge S.G..

La convenuta opponeva l’esistenza di rogito notarile del 2002 e successivo atto di rettifica dei dati catastali, con il quale era stato rettificata dai sigg. C. e D. l’elencazione dei mappale su quali era stata costituita la servitù aggiungendovi il mappale (OMISSIS) di proprietà degli attori, a loro volta aventi causa dai sigg. L. e Gi. ai quali, nel rogito di acquisto della proprietà, era espressamente accordata la facoltà di concedere anche a terzi la servitù di passaggio sui propri fondi.

Il Tribunale di Parma, dopo l’espletamento di CTU, con sentenza del 2008 dichiarava l’insussistenza della servitù di passaggio oggetto della negatoria servitutis, precisando che la porzione di terreno del fondo attoreo oggetto della domanda doveva essere individuato con la particella (OMISSIS) anzichè (OMISSIS) e che il rogito del 2002 non era idoneo a costituire la pretesa servitù in quanto nel rogito non si prevedeva il contestuale trasferimento del fondo pretesamente dominante.

La sentenza era appellata dalla V., soccombente in primo grado; gli appellati chiedevano il rigetto dell’appello.

La Corte di Appello di Bologna con sentenza del 12/3/2012 rigettava l’appello condannando l’appellante alle spese per i seguenti motivi:

1. l’usufruttuario non è litisconsorte necessario nelle cause originate da un negatoria servitutis (così come anche in quelle di confessoria servitutis), ma solo un soggetto al quale si estende la legittimazione processuale;

2. tutti gli altri motivi di appello riguardanti l’accertamento di servitù di passaggio sul fondo degli attori a favore di altri fondi non sono rilevanti in causa in quanto inidonei a costituire la diversa (in quanto relativa ad un fondo diverso) servitù a favore del fondo dell’appellante ed essendo altresì irrilevante il diritto di passaggio sul fondo fondato su contratti aventi effetti obbligatori e non reali o di contratti aventi effetti reali, ma che cardavano la servitù a favore di fondi diversi da quello oggetto di causa;

3. sono inammissibili per genericità i motivi di appello con i quali si deduce la stato di fatto e di uso consolidato dei proprietari dei retrostanti immobili sullo stradello per cui è causa in quanto non consentono di individuare gli elementi fondativi in fatto e in diritto e finanche di valutare se non si tratta della deduzione di una situazione meramente possessoria, in quanto tale in conferente;

4. i motivi riguardanti la mancata ammissione di istanze istruttorie e prove orali attengono ad eccezioni e difese dell’appellante inammissibili e irrilevanti e per tali motivi restano assorbiti dal rigetto dei motivi ad essi relativi;

5. i motivi riguardanti l’interpretazione del rogito del 1981 con il quale F., vendendo ad A. e G. il fondo del mappale (OMISSIS) sul quale la V. pretende di avere la servitù e con il quale si dà atto della servitù costituita a favore del fondo di L., Gi. e P. e loro aventi causa, con diritto di concedere la servitù già costituita, rileva come mera informazione di una servitù e non rileva per l’accertamento di una servitù già costituita sul fondo oggetto di causa, essendo ivi considerate servitù a favore di fondi diversi dal fondo pretesamente dominate oggetto di V.C. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi e ha depositato memoria.

A.R., A.G.A., A.S. e G.C. hanno resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 100, 101, 102 c.p.c., in relazione agli artt. 949, 981, 982, 983, 984 c.c. (relativi al contenuto del diritto di usufrutto); art. 1012 c.c., comma 2 (per il quale l’usufruttuario può far riconoscere l’esistenza dell’usufrutto); art. 1027 c.c., art. 1028 c.c. (relativi al contenuto del diritto di usufrutto e nozione dell’utilità); art. 1064 c.c. (relativi all’estensione del diritto di proprietà e secondo la quale il proprietario deve lasciare libero e comodo l’ingresso a chi ha un diritto di servitù), art. 1079 c.c. (relativo all’accertamento della servitù).

La ricorrente assume che S.G., in quanto usufruttuario del fondo pretesamente dominante, è litisconsorte necessario in questo giudizio e che pertanto la sentenza di appello è nulla per la mancata integrazione del contraddittorio nei suoi confronti.

1.1 Il motivo è infondato alle luce dei principi già in precedenza affermati da Cass. 5900/2010 e recentemente affermati da questa Corte che qui si condividono e rispetto ai quali non assumono rilevanza le norme processuali e sostanziali richiamate dalla ricorrente.

In particolare, questa Corte con la sentenza 23/6/2015 n. 12948 di questa stessa sezione, ancorchè con riferimento alla violazione delle distanze legali e alla conseguente condanna alla demolizione di opere sul fondo pretesamente dominante, ha riformato appunto la sentenza della Corte distrettuale la quale aveva invece affermato la necessità del litisconsorzio passivo dell’usufruttuario nella negatoria servitutis proposta contro il solo nudo proprietario.

Nel richiamato precedente questa Corte ha affermato il principio secondo il quale la sentenza d’accoglimento della negatoria servitutis proposta contro il solo nudo proprietario, ove resa contro il solo nudo proprietario e non anche contro l’usufruttuario, non è inutiliter data una volta che, estintosi l’usufrutto, la nuda proprietà si consolidi divenendo piena.

Infatti, l’usufrutto è un diritto reale autonomo rispetto alla nuda proprietà, ne consegue che l’eventuale giudicato con il quale è accertata (come nella specie) l’inesistenza della servitù convenzionale sul fondo degli attori in negatoria servitutis per l’utilità del fondo appartenente all’odierna ricorrente costituisce accertamento dell’inesistenza della servitù, mentre quanto gli ulteriori effetti (ad esempio collegati all’esecuzione delle opere di demolizione riguarda il diverso aspetto del diritto di procedere all’esecuzione coattiva), la loro esecuzione nei confronti del proprietario è differita al momento del consolidarsi della nuda proprietà con l’usufrutto al momento in cui si estingue.

Questa impostazione è coerente con la natura della negatoria servitutis, che è accordata dall’ordinamento per reagire contro l’altrui affermazione di diritti reali, mentre le problematiche stricto iure esecutive possono essere differite al consolidamento dell’usufrutto con la nuda proprietà.

Il litisconsorzio necessario, secondo i principi più volte affermati da questa Corte, ricorre solo quando sia espressamente previsto dalla legge (non previsto in questo caso) o quando, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune a una pluralità di soggetti, la decisione non può conseguire il proprio scopo se non è resa nei confronti di tutti loro (cfr. ex pluribus, Cass. nn. 6381/08, 4890/06, 4714/04, 3023/04 e 11612/97).

E’ solo per mere ragioni d’opportunità – come tali inidonee a fondare in materia un’affermazione avente validità teoretica – che la precedente giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 17581/07), per evitare una pronuncia di condanna ineseguibile ad tempus, aveva ritenuto necessario il litisconsorzio tra il nudo proprietario e l’usufruttuario. Ma si tratta, appunto, di un commodum, cioè di una situazione non necessaria che al più legittimerebbe (oltre all’intervento volontario, anche) la chiamata in causa iussu iudicis dell’usufruttuario, ai sensi dell’art. 107 c.p.c.. Nè varrebbe dedurre l’inconveniente della possibile prescrizione dell’actio iudicati, in attesa dell’estinzione dell’usufrutto, atteso che inopponibilità e ineseguibilità della sentenza nei confronti dell’usufruttuario equivalgono a impedimenti di diritto ai sensi dell’art. 2935 c.c., che impediscono la prescrizione.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112, 115, 116 c.p.c. e il vizio di omessa, insufficiente motivazione.

La ricorrente fa riferimento all’atto del notaio B. del 25/10/2002 laddove si indicano, individuandoli catastalmente, le aree di terreno delle quali sono rispettivamente nuda proprietaria la V. e il marito S. e un successivo atto di rettifica del 12/2/2004 nella parte in cui è scritto che C. e D. (venditori) e i coniugi V. e S. (rispettivamente acquirenti della nuda proprietà e dell’usufrutto sul fondo pretesamente dominante) concordemente riconoscono e danno atto che il terreno oggetto della servitù costituita con l’atto del 25/10/2002 è rappresentato al catasto terreni di (OMISSIS) dal foglio di mappa (OMISSIS) mappale (OMISSIS).

Partendo da questi elementi documentali, la ricorrente assume che la servitù costituita con tale atto era una servitù già esistente sul fondo dei controricorrenti A. – G. sulla base di atti precedenti.

La ricorrente articola il suo motivo con riferimento ai seguenti atti:

a) il già menzionato rogito B. 25/10/2002 e successiva rettifica tra C. e D., aventi causa dai sigg. L. e Gi., con il quale i coniugi V. e S. avevano acquistato il fondo pretesamente dominante (mapale (OMISSIS)) e successivo atto di rettifica;

b) il rogito Be. del 15/6/1981 con il quale gli A. – G. avevano acquistato da F. la proprietà del fondo pretesamente servente (mappale (OMISSIS)), precisandosi che il fondo era gravato da servitù di passaggio delle retrostanti proprietà (fondi a favore dei quali sarebbe stata costituita la servitù) L.D. e Gi.Li. e altri e con il quale era stato attribuito agli acquirenti di concedere il loro diritto di servitù anche a terzi;

c) il contratto di locazione C. – V. nel quale si afferma che gli stessi beneficiano della servitù;

d) l’atto Ch. – V. del 15/2/1989 (indicato tra gli atti di cui al punto e del ricorso);

e) vari atti esaminati dal CTU e con allegati (alla consulenza) schemi planimetrici o schemi di provenienza e dai quali si dovrebbe desumere l’esistenza della servitù sin dal 1866 e dai quali in particolare emerge (a dire della ricorrente) che il mappale (OMISSIS) era gravato da servitù di passaggio a favore di mappali ora di proprietà di V.C.; assume inoltre che gli esiti della CTU non sarebbero stati considerati nè dal Giudice del primo grado, nè dal Giudice di appello.

2.1 In primo luogo la violazione dell’art. 112 c.p.c., non sussiste in quanto la Corte di appello ha pronunciato sull’unica domanda proposta, ossia la negatoria servitutis, nè risulta (e non è neppure dedotto) che abbia pronunciato di ufficio su eccezioni che potevano esser proposte soltanto dalle parti.

Il motivo, quanto ai lamentati vizi di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e di motivazione, è infondato in tutte le sue numerose articolazioni per i seguenti motivi.

a) In ordine al rogito B. 25/10/2002 tra C. e D. Lidia (aventi causa dai sigg. L. e Gi.) e successivo atto di rettifica la Corte di appello ha motivato osservando che il rogito (con la connessa rettifica) costituisce un atto meramente ricognitivo di una servitù ove sia già esistente sul mappale (OMISSIS) (di proprietà degli A. – G.), come tale non idoneo a costituire una servitù se non già esistente, posto che all’atto non hanno partecipato i proprietari del fondo servente (appunto gli A. – G.) e dunque i sigg. C. e D. non avevano alcun diritto di costituire una servitù a carico del fondo A. in quanto non ne erano proprietari, come non è controverso in causa, tanto che la ricorrente per sostenere la propria tesi difensiva, fa riferimento ad atti precedenti, tra i quali il rogito Be. di cui al successivo punto b).

La motivazione è coerente e logica e pertanto non sono ravvisabili nè il vizio di motivazione, nè la collegata violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c..

b) In ordine al rogito Be. del 15/6/1981 F. – A. (atto con il quale A. – G. acquistano dal F. la proprietà del mappale (OMISSIS) oggetto della pretesa servitù passiva) alle pagg. 14 e ss. della sentenza la Corte di appello motiva rilevando:

– che la clausola dell’atto prevedeva che l’acquisto era effettuato con un riferimento del tutto generico alle servitù attive e passive esistenti precisandosi che era esistente servitù di passaggio a favore delle retrostanti proprietà L. – Gi. – P. ed altri e loro aventi causa e che L. e Gi. potranno concedere tale diritto anche a terzi;

– che il tenore della clausola e la considerazione che alla stipulazione non partecipavano i L., Gi. e P. consentono di affermare che la clausola non costituiva alcuna servitù sul fondo trasferito, ma era meramente ricognitiva di una servitù già costituita;

– che L. – Gi. non avevano la facoltà di concedere a terzi il diritto di servitù di passaggio senza cedere anche la proprietà del fondo a favore del quale era costituita la servitù;

– che l’interpretazione dell’appellante V. era inconciliabile con i principi generali in tema di diritti reali immobiliari secondo i quali la costituzione della servitù convenzionale esige la forma scritta e l’individuazione del fondo dominante e di quello servente;

– che l’interpretazione dell’appellante V. contrastava con il rilievo che il rogito F. – A. – G. è idoneo a costituire diritti e obblighi solo tra le parti, sicchè non può integrare tra gli estranei L. – Gi. il titolo contrattuale idoneo ad attribuire loro il diritto di concedere a terzi il passaggio sul fondo attoreo (se non già costituita la servitù).

Pertanto deve escludersi la sussistenza del lamentato vizio di motivazione e a maggior ragione la lamentata violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c..

c) In ordine contratto di locazione C. – V. avente ad oggetto i mappali (OMISSIS) la Corte di appello ha reso esauriente motivazione alle pagine 11 e 12 della sentenza ritenendo:

– irrilevante l’accertamento dell’esistenza di una servitù di passaggio a favore dei mappali (OMISSIS) di proprietà C. di cui la V. dispone in forza di contratto di affitto ed è irrilevante il passaggio esercitato sul fondo non di sua proprietà.

Va precisato che C. non poteva certamente costituire una servitù a carico del fondo non di sua proprietà senza il consenso del proprietario del fondo servente.

d) In ordine al rogito Ch. – V. del 15/2/1989 non sussistono i dedotti vizi di motivazione e di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in quanto la Corte di appello, con espresso riferimento al secondo motivo di appello sub E) (ossia alle censure fondate su tale atto) ha motivato rilevando che: è inammissibile il motivo che trova il suo fondamento nell’esistenza di una servitù di passaggio gravante sul mappale degli attori a favore del mappale (OMISSIS), acquistato dalla convenuta nel 1989 in quanto fatto diverso e nuovo, rispetto all’eccepita costituzione della servitù in forza del rogito del 2002 allegato per la prima volta con la memoria ex art. 184 c.p.c., avrebbe dovuto essere dedotto nel precedente termine assegnato per le eccezioni non rilevabili di ufficio (art. 180 c.p.c., nella formulazione ante L. 890/2005 (v. pagg. 12 e 13 della sentenza di appello); va a tale riguardo osservato che l’art. 180 c.p.c., al comma 2, nella formulazione ante L. n. 890 del 2005, applicabile al processo in quanto iniziato prima del 2005, stabiliva termine perentorio non inferiore a venti giorni prima dell’udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c., per proporre eccezioni processuali e di merito non rilevabili di ufficio e pertanto la motivazione della Corte di appello risulta pienamente legittima; attesa l’inammissibilità dell’eccezione, la Corte di appello neppure era tenuta ad esaminare l’atto in funzione della quale era prodotto.

e) La censura è altresì da rigettare quanto ai vari atti esaminati dal CTU (tra i quali quello di cui al precedente punto d) e con allegati (alla consulenza) schemi planimetrici o schemi di provenienza e dai quali si dovrebbe desumere l’esistenza della servitù sin dal 1866 e dai quali in particolare a dire della ricorrente dovrebbe emergere che il mappale (OMISSIS) era gravato da servitù di passaggio a favore di mappali ora di proprietà di V..

La ricorrente propone una inammissibile diversa interpretazione e valutazione del merito rispetto a quanto ritenuto dal Giudice del secondo grado di merito.

A tale proposito si osserva che la Corte di appello:

– ha ritenuto che tutti gli altri motivi di appello riguardanti l’accertamento di servitù di passaggio sul fondo degli attori a favore di altri fondi non sono rilevanti in causa in quanto non sarebbero idonei a ritenere sussistente la diversa (in quanto relativa ad un fondo diverso) servitù a favore del fondo dell’appellante ed essendo altresì irrilevante che l’affittuaria abbia diritto di passaggio sul fondo in quanto titolare del diritto di godimento di altro fondo a favore del quale è costituita la diversa servitù (pag. 11 della sentenza);

– dopo avere esaminati il primo e il secondo motivo di appello (ad eccezione delle censure di cui al punto c dello stesso motivo, esaminate successivamente), ha ritenuto che “le ragioni di infondatezza dei motivi sin qui espressamente esaminati risultano in realtà assorbenti delle ragioni addotte a sostegno del terzo motivo di appello (nel quale appunto si faceva riferimento alle risultanze di cui alla CTU) in quanto le censure in cui esso si sostanzia riguardano risultanze istruttorie che attengono (ad) eccezioni e allegazioni della difesa V. della cui inammissibilità si è più sopra trattato” (pag. 14 della sentenza).

Ogni altra residuale censura della ricorrente resta assorbita dalle preliminare e congrua motivazione della Corte di appello (v. pag. 11 della sentenza) secondo la quale:

– il thema decidendum ha ad oggetto unicamente l’accertamento negativo del rapporto di servitù di passaggio tra il fondo pretesamente dominante di proprietà dei sigg. A. – G. e quello pretesamente dominante di proprietà V.;

– è estranea al predetto thema decidendum e quindi irrilevante ai fini del decidere dell’esistenza di una servitù di passaggio a carico del fondo attoreo ogni questione inerente l’accertamento anche solo in via incidentale o di eccezione in quanto l’esistenza di una siffatta servitù non varrebbe ad affermare l’esistenza di quella, diversa sul piano prediale, oggetto dell’actio negatoria esercitata dai sigg. A. – G. nel giudizio.

In particolare, per quanto riguarda la mancata considerazione degli accertamenti e delle acquisizioni del CTU si deve osservare che il vigente ordinamento processuale è ispirato ai principi del libero convincimento del giudice il quale, dunque, può trarre il suo convincimento dalle risultanze istruttorie acquisite con la consulenza, ma non ne è vincolato e, soprattutto il giudizio sulla rilevanza degli stessi ai fini dell’accoglimento della domanda è riservato al giudice e non al CTU.

Nella specie la Corte di appello ha valutato tutti gli elementi probatori acquisiti nel processo e ne ha motivatamente ritenuto l’irrilevanza ai fini del decidere nel processo di negatoria servitutis nel quale non era rilevante accertare se il fondo degli attori fosse gravato da altre servitù a favore di fondi altrui o comunque non a favore del fondo V. e ciò costituisce motivato giudizio di merito non sindacabile da questo giudice di legittimità, nè il ricorso per cassazione può essere trasformato in un giudizio di merito di terzo grado.

Quanto allo stato di fatto e di uso della servitù sullo stradello insistente sul mappale (OMISSIS) in favore dei retrostanti fondi anche di proprietà della V., anch’esso oggetto del secondo motivo di ricorso, illustrato al punto d) e pure richiamato al punto e) dello stesso motivo, con riferimento agli accertamenti del CTU, la Corte ha reso motivazione esauriente rilevando alla pagina 12 della sentenza (con specifico riferimento al secondo motivo di appello sub A e sub F) che la sua testuale sinteticità e genericità impedisce di individuare gli elementi fondativi in fatto e in diritto e finanche di valutare se non trattasi di situazione meramente possessoria in quanto tale non conferente.

Tale congrua motivazione non è attinta dal motivo di ricorso.

Solo per completezza di motivazione si richiama quanto già rilevato al precedente punto d), ossia che l’art. 180 c.p.c., al comma 2, nella formulazione ante L. n. 890 del 2005, applicabile al processo in quanto iniziato prima del 2005, stabiliva termine perentorio non inferiore a venti giorni prima dell’udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c., per proporre eccezioni processuali e di merito non rilevabili di ufficio e che la Corte di appello ha pure correttamente rilevato (pag. 12 della sentenza) la decadenza, rilevabile di ufficio, dalle attività assertive e difensive.

La violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali (cfr. ex multis Cass. 27/12/2016 n. 27000 Ord.), ma non è questo il caso; ne discende l’inammissibilità del vizio dedotto con riferimento alla lamentata artt. 115 e 116 c.p.c..

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1366, 1367, 1369 c.c. e vizio di motivazione con riferimento all’interpretazione della clausola contenuta nel rogito Be. del 15/6/1981, che assume essere restrittiva, erronea, frammentaria, disorganica e carente di una visione di insieme, così violando i criteri di interpretazione del contratto di cui alle norme sopra riportate.

A fondamento dei suoi assunti la ricorrente fa riferimento ai vari titoli acquisiti agli atti processuali e agli accertamenti del CTU,secondo i quali, a suo dire la servitù in oggetto sul mappale (OMISSIS) di proprietà A. – G. era già costituita a far data dal 1866.

3.1 Nel motivo sono sostanzialmente riproposte, con riferimento all’applicazione dei criteri di interpretazione del contratto le censure di proposte con il secondo motivo di ricorso con riferimento al vizio di motivazione e alla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e, nella specie, con specifico riferimento al rogito Be. del 15/6/1981, in ordine alle quali se ne è già rilevata l’infondatezza al precedente punto 2.1 lett. b), con gli argomenti che qui di seguito si richiamano adattandoli alla tipologia della censura.

– La Corte di appello ha motivato in ordine al tenore della clausola del rogito la quale faceva riferimento alle servitù attive e passive già esistenti, ritenendola generica in quanto mancante dell’esatta e specifica individuazione dei beni che ne formano oggetto (con riferimento ai fondi dominanti e serventi).

La Corte di appello ha inoltre ritenuto:

– che la clausola non costituisse alcuna servitù sul fondo trasferito, ma che fosse meramente ricognitiva di una servitù già costituita e ciò in base al suo tenore letterale e alla considerazione che alla stipulazione non partecipavano i L., Gi. e P.;

– che la clausola con la locuzione “concedere tale diritto”, dovesse essere interpretata come mera ricognizione di una servitù già esistente che doveva essere provata e invece non era provata. Infine la Corte di appello ha rilevato:

– l’insostenibilità dell’interpretazione della clausola sostenuta dall’appellante V. in quanto inconciliabile con i principi generali in tema di diritti reali immobiliari secondo i quali la costituzione della servitù convenzionale esige la forma scritta, l’individuazione del fondo dominante e servente;

– l’inaccettabilità dell’interpretazione sostenuta dell’appellante V. in quanto contrastante con il rilievo che il rogito F. – A. – G. è idoneo a costituire diritti e obblighi solo tra le parti, sicchè tra gli estranei L. – Gi. il rogito del 1981 non può integrare il titolo contrattuale idoneo ad attribuire loro il diritto di concedere a terzi il passaggio sul fondo attoreo (se non già costituita la servitù);

– che non risulta che l’appellante V. si sia resa acquirente di fondi a favore dei quali era già costituita servitù di passaggio sul fondo A.;

– che sono inammissibili per genericità i motivi di appello con i quali si deduce la stato di fatto e di uso consolidato dei proprietari dei retrostanti immobili sulla stradello per cui è causa in quanto non consentono di individuare gli elementi fondativi in fatto e in diritto e finanche di valutare se non si tratta della deduzione di una situazione meramente possessoria, in quanto tale inconferente.

La Corte di appello, dunque, con articolatissima motivazione (desumibile dal complesso delle ragioni della decisione) ha ritenuto che gli elementi probatori acquisiti fossero inidonei a provare una costituzione di servitù preesistente al rogito del 1981 gravante sul fondo in oggetto e specificamente a favore del fondo della ricorrente o costituita con quel contratto.

Tale motivo (che si fonda sul presupposto della preesistente sussistenza, nel 1981, della servitù a carico del fondo di proprietà dei ricorrenti) è nella sostanza diretto a sollecitare a questa Corte una inammissibile rivalutazione di merito e avente ad oggetto tutto il materiale probatorio del quale si riportano stralci o riferimenti, peraltro, pur sinteticamente valutato dalla Corte di Appello che non ha l’obbligo di motivare specificamente su ognuno degli elementi probatori, quando, nella specie, li ha valutati nel loro complesso, nè ha l’obbligo di attenersi alle conclusioni del CTU quando come, nella specie ha valutato nel suo complesso il materiale probatorio ritenendolo inconcludente ai fini dell’accoglimento dell’appello.

Non possono assumere rilievo i generici richiami alle regole sull’interpretazione dei contratti in quanto la Corte di appello, in relazione alle contrapposte tesi delle parti (in questo processo al quale è estranea la parte venditrice F.) doveva procedere ad una interpretazione del rogito F. – A. del 1981 non direttamente mirata alla ricostruzione della volontà delle parti, ma doveva unicamente stabilire se da quel contratto potesse o meno desumersi che era costituita o riconosciuta come già esistente una servitù a carico del fondo A. e a favore del fondo V. oggetto di causa e ciò ha motivatamente escluso per le ragioni già evidenziate e a questi fini ha interpretato la clausola come ricognitiva di una servitù già costituita che tuttavia doveva essere ricercata e individuata in altri precedenti titoli, ma che non era stata provata (pag. 15 della sentenza).

La Corte di appello, ai fini che interessavano la causa, non ha escluso rilevanza alla clausola con la quale si prevedeva che i L. – Gi. potevano concedere il diritto di servitù a terzi (perciò il richiamo alla regola ermeneutica dell’art. 1367 c.c. oltretutto non è pertinente), ma ha correttamente osservato che la clausola relativa alla servitù doveva necessariamente riferirsi a servitù preesistente che doveva essere provata con atto scritto intercorso tra il proprietario del fondo dominante e il proprietario del fondo servente e invece non provata.

In conclusione le censure proposte si risolvono in una inammissibile critica ad una valutazione di merito congruamente motivata della Corte di appello in ordine alla infondatezza della tesi difensiva della V. secondo la quale a favore del suo fondo era stata costituita una servitù sul fondo degli odierni controricorrenti.

Il motivo va dunque rigettato.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione di norme di diritto in relazione all’art. 15 c.p.c. (valore della controversia), la violazione della tariffa forense di cui al D.M. n. 127 del 2004 e l’omessa motivazione in merito all’importanza della causa e alla rilevanza della prestazione.

La ricorrente assume:

– che la Corte di appello ha liquidato in conformità alla nota spese depositata dalla controparte e nella quale per i diritti era applicato lo scaglione previsto per cause di valore indeterminabile e gli onorari erano stati calcolati applicando quelli previsti per le cause di valore di particolare importanza e indeterminabile;

– che invece la causa non era di valore indeterminabile, ma il valore doveva essere determinato ai sensi dell’art. 15 c.p.c., moltiplicando il reddito dominicale del terreno che, secondo la visura catastale aveva, al momento della proposizione della domanda, un reddito dominicale di Euro 2,32 e di conseguenza il valore era di Euro 116, applicandosi il moltiplicatore 50 dell’art. 15 c.p.c. e di conseguenza per i diritti avrebbe dovuto applicare lo scaglione della TF fino a Euro 600,00 e per gli onorari fino a Euro 5.200.

4.1 Il motivo è fondato.

Quanto al riferimento alla dichiarazione del difensore sul valore indeterminabile della causa, ai fini del contributo unificato, va osservato che la decisione impugnata è errata, ponendosi innanzitutto in contrasto con il principio secondo il quale la dichiarazione del difensore attinente alla determinazione del contributo unificato è indirizzata al funzionario di cancelleria al quale compete il relativo controllo ed è ininfluente sul valore della domanda (Cass. n. 6765/2012; n. 4994/2008; n. 5714/2007).

Ai sensi dell’art. 15 c.p.c., il valore delle cause relative a beni immobili si determina sulla base del reddito dominicale o della rendita catastale della “res” e solo in loro assenza, il giudice deve attenersi alle risultanze degli atti e, in mancanza di elementi concreti ed attendibili per la stima, deve ritenere la causa di valore indeterminabile (Cass. 10810/2015).

5. In conclusione devono essere rigettati i primi tre motivi di ricorso e deve essere accolto il quarto motivo; la sentenza impugnata deve quindi essere cassata limitatamente al motivo accolto (fermo restando il giudicato sul merito e il conseguente giudicato sulla sentenza di primo grado) con rinvio a diversa sezione della Corte di appello di Bologna che provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di appello sulla sentenza di primo grado e alla liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità (oltre ovviamente alle spese del giudizio di rinvio) determinando il valore della causa in base ai principi di cui all’art. 15 c.p.c. e alle tariffe professionali e parametri via via pro tempore vigenti.

PQM

 

rigetta i primi tre motivi di ricorso, accoglie il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione e limitatamente al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Bologna che provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2017

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