Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15242 del 22/07/2016

Cassazione civile sez. VI, 22/07/2016, (ud. 10/03/2016, dep. 22/07/2016), n.15242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5305-2015 proposto da:

C.R., C.S., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE REGINA MARGHERITA 290, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO

MANTOVANO, che li rappresenta e difende giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 297/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA del

26/02/2014, depositata il 28/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. C.S. e C.R. hanno impugnato per cassazione la sentenza con la quale la Corte d’appello di Brescia ha rigettato la domanda del primo, di condanna di G.U. al risarcimento dei danni causatigli in esito ad una colluttazione.

2. Con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza d’appello avrebbe erroneamente ritenuto non esservi prova del danno: essendo, infatti, tale prova oltremodo difficile, il danno poteva essere liquidato in via equitativa.

3. Il ricorso proposto da C.R. è inammissibile, non avendo egli proposto alcun motivo di impugnazione. E’ appena il caso di rilevare che la richiesta di cassazione della sentenza d’appello nella parte in cui ha compensato le spese di lite anche nei confronti di C.R. è, giustappunto, una domanda, ma non supportata da alcuna illustrazione della doglianza.

4. Il ricorso proposto da C.S. è infondato.

La Corte d’appello ha rilevato che non vi erano prove dell’esistenza delle lesioni in tesi patite da C.S., eccezion fatta per le dichiarazioni dello stesso danneggiato.

Correttamente, pertanto, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno, (…) posto che “la facoltà per il giudice di liquidare in via equitativa il danno esige due presupposti: in primo luogo, che sia concretamente accertata l’ontologica esistenza d’un danno risarcibile, prova il cui onere ricade sul danneggiato, e che non può essere assolto semplicemente dimostrando che l’illecito ha soppresso una cosa determinata, se non si dimostri altresì che questa fosse suscettibile di valutazione economica; in secondo luogo, il ricorso alla liquidazione equitativa esige che il giudice di merito abbia previamente accertato che l’impossibilità (o l’estrema difficoltà) d’una stima esatta del danno dipenda da fattori oggettivi, e non già dalla negligenza della parte danneggiata nell’allegare e dimostrare gli elementi dai quali desumere l’entità del danno” (Sez. 3, Sentenza n. 25912 del 2013).

5. Si propone, pertanto, il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti alle spese”.

2. La parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il Collegio ritiene di condividere le osservazioni contenute nella relazione con riferimento al ricorso proposto da C.R.; di non poterle condividere, invece, con riferimento al ricorso proposto da C.S..

4. Il Tribunale di Crema, con la sentenza n. 366 del 2008, in primo grado ritenne accertato in facto che G.U. commise il reato di percosse nei confronti di C.S.. Condannò di conseguenza il primo al risarcimento, in favore del secondo, sia del danno biologico, sia del danno morale.

La Corte d’appello di Brescia ha ritenuto non dimostrata l’esistenza di lesioni permanenti e della loro entità, e per questa ragione ha riformato la sentenza di primo grado anche nella parte in cui condannò G.U. al risarcimento del danno non patrimoniale da reato, di cui all’art. 185 c.p. (presuntivamente ravvisabile nello spavento e nell’affanno causati dall’aggressione).

Quest’ultimo pregiudizio tuttavia non poteva che essere dimostrato attraverso presunzioni semplici, alle quali la Corte d’appello non ha fatto minimamente ricorso, e comunque la sola circostanza che la vittima del reato di percosse non abbia patito postumi permanenti, non comporta di per sè l’insussistenza anche del danno non patrimoniale causato dal reato, e consistito nel turbamento dell’animo.

5. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Brescia, la quale tornerà ad esaminare, sulla base delle prove raccolte e delle presunzioni semplici, se i fatti accertati ormai in via definitiva abbiano causato alla vittima danni non patrimoniali diversi dalla lesione della salute.

6. Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione;

rimette al giudice di merito la liquidazione delle spese del presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di cassazione, il 10 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2016

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