Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15242 del 16/07/2020
Cassazione civile sez. VI, 16/07/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 16/07/2020), n.15242
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30335-2018 proposto da:
S.G., in proprio e quale socio amministratore della
Società MA.RI.OR di S.G. snc, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA GREGORIO VII 474, presso lo studio dell’avvocato
DOMENICO ARIZZI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3029/7/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di MESSINA, depositata il
17/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 04/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI
PRISCOLI LORENZO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Rilevato che la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso un avviso di accertamento e un atto di contestazione e la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate rilevando che alla stessa udienza è stato chiamato e deciso anche il ricorso n. 4451/09 R.G.A., con accoglimento delle ragioni dell’Agenzia, sicchè, fermo restando il diniego di condono, è venuto meno l’unico elemento su cui poggia la sentenza qui impugnata, ossia che l’accertamento, in presenza di condono valido ed efficace, non poteva essere notificato e peraltro, quanto in particolare all’avviso di accertamento, va ribadito quanto osservato in relazione al ricorso n. 4452/2009, che pure lo comprendeva, anch’esso deciso nella stessa udienza;
la parte contribuente proponeva ricorso affidato a due motivi mentre l’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la parte contribuente denuncia l’omesso esame di un fatto, decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti e che costituisce un punto decisivo della controversia, per avere la CTR motivato per relationem, richiamando altra propria contestuale decisione, fra le medesime parti, che non aveva già valore di giudicato tra le parti e senza riprodurre la motivazione di riferimento in modo autonomo e autosufficiente;
considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la parte contribuente denuncia l’omesso esame di un fatto, decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti e che costituisce un punto decisivo della controversia, per avere la CTR omesso di esaminare i rilievi proposti dalla parti circa la validità e correttezza degli accertamenti induttivi scaturenti dal processo verbale di contestazione della guardia di finanza di Messina;
considerato, quanto al primo motivo che secondo questa Corte l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nell’attuale testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicchè sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo. Ritenuta pertanto l’inammissibilità di entrambi i motivi di impugnazione, il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza (Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018);
considerato, quanto al secondo motivo che secondo questa Corte l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. SU n. 27415 del 2018; Cass. n. 8053 del 2014);
considerato che il ricorso, denunciando in entrambi i motivi di impugnazione l’omesso esame di fatti decisivi, è inammissibile perchè, quanto in particolare al primo motivo, lamenta in realtà surrettiziamente un vizio di omessa motivazione, non più suscettibile di essere oggetto di valutazione in Cassazione e non individua dei fatti storici intesi in senso storico-naturalisitico ma motivazioni o argomentazioni e, quanto in particolare al secondo motivo, è carente quanto alla dimostrazione sia della ipotetica decisività del fatto asseritamente omesso sia della sia della circostanza del non essere stato preso in considerazione dal giudice ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;
ritenuta pertanto l’inammissibilità di entrambi i motivi di impugnazione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 4.000, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore imposto a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 marzo 2020.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2020