Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15242 del 12/07/2011

Cassazione civile sez. I, 12/07/2011, (ud. 19/01/2011, dep. 12/07/2011), n.15242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.P., L.A., R.M., quali eredi

di L.A., elettivamente domiciliati in Roma, Lungotevere

Pietra Papa 185, presso l’avv. Simona Donati, rappresentati e difesi

dall’avv. Mocella Marco, del Foro di Sant’Angelo dei Lombardi, per

procura in atti;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto della Corte di appello di Roma del 21 giugno 2007

nel procedimento n. 56715/05.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19

gennaio 2011 dal relatore, cons. Stefano Schirò;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso chiedendo dichiararsi

inammissibile il ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.P., L.A. e R.M., tutti quali eredi di L.A., ricorrono per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso il decreto in data 21 giugno 2007, con il quale la Corte di appello di Roma ha rigettato la domanda di equa riparazione proposta da L.A. nei confronti del Ministero della giustizia per la violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio promosso davanti al Tribunale di Napoli in data 19 marzo 1999 e definito con verbale di conciliazione dell’8 giugno 2005, sul presupposto che il ricorrente, avendo prodotto un verbale di conciliazione relativo ad un diverso giudizio, non aveva provato la fondatezza della propria domanda.

Il Ministero della giustizia non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti deducono che, nel giudizio per equa riparazione da violazione del termine ragionevole di durata del processo, il ricorrente ha la facoltà e non l’obbligo di produrre documenti e che la Corte d’appello, qualora ritenga indispensabile l’acquisizione di documenti deve farne richiesta al giudice dinanzi al quale si è svolto il processo presupposto. Con il secondo motivo i ricorrenti si dolgono che i giudici di appello non si siano pronunciasti sul merito della domanda relativa all’accertamento della violazione del termine ragionevole di durata.

Con la terza ed ultima censura si denuncia la violazione degli standard Europei in ordine alla determinazione della durata non ragionevole del giudizio e alla quantificazione dell’indennizzo.

Osserva il collegio che è fondato il primo motivo, restando assorbiti gli altri due, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’oggetto della domanda è individuabile nella richiesta di accertamento della violazione, rispetto alla quale l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei dati relativi alla sua posizione nel processo (data iniziale, data della definizione, eventuale articolazione nei diversi gradi) e non anche alla produzione degli atti posti in essere nel processo presupposto (Cass. 2004/19084; 2005/21093; 2010/16836).

Il decreto impugnato deve essere dunque cassato in ordine alla censura accolta e, poichè sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va rinviata ad altro giudice, che si individua nella Corte di appello di Roma in diversa composizione, che, attenendosi al principio in precedenza enunciato, provvederà a stabilire se il processo abbia avuto o meno durata ragionevole e, nel caso negativo, a determinare il periodo di durata non ragionevole, per poi procedere alla conseguente liquidazione dell’indennizzo alla luce dei parametri CEDU e della giurisprudenza di questa Corte. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2011

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