Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15240 del 23/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/06/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 23/06/2010), n.15240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso

di essa domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

V.P.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 34/33/06, depositata il 16 giugno 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17 febbraio 2010 dal Relatore Cons. Dr. Antonio Greco.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

la Corte:

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod., proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 34/33/06, depositata il 16 giugno 2006, che, accogliendo parzialmente l’appello di V.P., commercialista, gli ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998 e 1999, negandoglielo per l’anno 2000.

Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Il ricorso contiene due motivi, rispondenti ai requisiti prescritti dall’art. 366-bis cod. proc. civ..

Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza per violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione;

con il secondo, per vizio di motivazione in ordine alla prova dell’insussistenza dell’autonoma organizzazione.

La ratio decidendi della sentenza inpugnata – secondo cui relativamente all’attività professionale occorra accertare se oltre alla prestazione professionale viene esercitata anche un’attività ad essa collegata mediante l’utilizzo di una autonoma struttura produttiva e se per il funzionamento di tale struttura produttiva sia o meno determinante l’esclusivo e sufficiente apporto del professionista organizzatore – non è conforme al consolidato principio affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata: il requisito della autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id qued plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007).

L’accertamento dell’insussistenza dell’autonoma organizzazione compiuta nella sentenza impugnata – secondo cui manca il presupposto impositivo dell’IRAP, tra l’altro, atteso che dalla copia del quadro RE della dichiarazione dei redditi risulta che il contribuente, per lo svolgimento della propria attività, si avvale di un computer e di una stampante e non ha personale alle proprie dipendenza, inoltre, a fronte dei rilievi svolti dall’amministrazione in secondo grado – ad avviso dell’Agenzia delle entrate, si legge nella decisione della CTR, tra gli elementi comprovanti l’autonoma organizzazione vi è l’alto valore dei beni strumentali – e col secondo motivo del ricorso – a tenore del quale dai quadri RE delle dichiarazioni dei redditi del contribuente risulta un valore dei beni strumentali usati nel 1998 di L. 50.045.000 e nel 1999 di L. 62.590.000, si appalesa, da una parte, come affermazione generica, e, dall’altra, come non sorretta da congrua e adeguata motivazione.

In conclusione, si ritiene, che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e art. 380-bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto appare manifestamente fondato”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribadito il principio di diritto sopra enunciato, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2010

 

 

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