Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15240 del 20/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 20/06/2017, (ud. 14/02/2017, dep.20/06/2017),  n. 15240

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4449-2013 proposto da:

O.A., (OMISSIS), O.A.E. (OMISSIS),

G.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA QUINTINO

SELLA 41, presso lo studio dell’avvocato CAMILLA BOVELACCI,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANNA IPPOLITA SCHIAVI, LUIGI

FILIPPO PAOLUCCI;

– ricorrenti –

contro

COMUNE di CIVIDALE DEL FRIULI, c.f. (OMISSIS) in persona del Sindaco

pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GUGLIELMO PELIZZO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 815/2011 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 19/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2017 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato LUIGI FILIPPO PAOLUCCI, difensore dei ricorrenti,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato GUGLIELMO PELIZZO, difensore del controricorrente,

che ha chiesto l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 25.3.1998 O.A., O.A.E. ed G.A., premesso di essere eredi legittimi di O.C., a sua volta erede di P.I., deceduta il (OMISSIS), esponevano che quest’ultima aveva legato alla (OMISSIS), in allora amministrata dall’ente comunale di assistenza, alcuni terreni posti in località (OMISSIS), corredati di fabbricati rurali, nonchè la villa padronale, gravata da usufrutto a favore di S.M.. Il tutto vincolato ad un divieto perpetuo di alienazione e alla condizione che tale immobile fosse adibito a casa di riposo per -Signori decaduti e per poveri -.

Pertanto, essi convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Udine il Comune di Cividale del Friuli, anche nella qualità di titolare e legale rappresentante della Casa di Riposo, chiedendo la risoluzione dell’attribuzione patrimoniale testamentaria per inadempimento, ai sensi dell’art. 648 c.c., comma 2, e art. 1453 c.c. e la conseguente retrocessione del bene in loro favore. In subordine, chiedevano che fosse fissato al comune un termine di adempimento. Chiedevano, inoltre, che ove fosse stata accertata l’illegittima apposizione del vincolo di inalienabilità del bene, fosse dichiarata la nullità del legato ai sensi del combinato disposto degli artt. 626 e 634 c.c.

Il Comune di Cividale del Friuli, nella contumacia della Casa di Riposo, chiedeva il rigetto delle domande attrici eccependo, altresì, l’usucapione della proprietà di tutti i beni legati.

Con sentenza del 3.4.2003 il Tribunale respingeva la domanda.

Tale pronuncia era riformata dalla Corte d’appello di Trieste, che con sentenza dell’11.4.2003 dichiarava la risoluzione del legato per inadempimento dell’onere da parte del Comune di Cividale del Friuli, e disponeva la retrocessione della proprietà dei suddetti beni in favore degli appellanti.

Sull’impugnazione del Comune di Cividale del Friuli tale sentenza era annullata con rinvio da questa Corte di cassazione, che accoglieva, assorbito ogni altro motivo di ricorso, la sola doglianza relativa alla mancata pronuncia sull’eccezione di prescrizione.

Riassunta, la causa era nuovamente decisa dalla Corte d’appello di Trieste, che quale giudice di rinvio con sentenza n. 815/11 “rigettava l’appello”, ritenendo prescritta Fazione di risoluzione del legato modale e infondate sia le altre domande attoree sia l’eccezione di usucapione. In particolare e per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte triestina osservava che con lettera del 25.8.1972 l’allora Ente comunale di assistenza, nel rispondere ad una sollecitazione scritta di O.C., erede ed esecutore testamentario, che aveva contestato la mancata destinazione degli immobili alla finalità imposta con il legato, aveva manifestato la volontà di adempiere non appena le proprie condizioni finanziarie l’avessero consentito. Tale risposta. secondo la Corte d’appello, equivaleva ad una dichiarazione meramente potestativa (del tipo “adempirò se vorrò”), e pertanto integrava inadempimento del modus. Ma poichè da allora in poi non vi erano stati atti d’interruzione della prescrizione ordinaria decennale fino alla notifica della citazione (avvenuta il 25.3.1998), l’azione di risoluzione era prescritta.

Rilevava, inoltre, che la disposizione testamentaria non poteva ritenersi nulla ai sensi dell’art. 1379 c.c., poichè il vincolo d’inalienabilità dei beni era propedeutico alla loro destinazione a casa di riposo.

La cassazione di tale sentenza è chiesta da O.A., O.A.E. ed G.A. con ricorso affidato a quattro motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Cividale del Friuli.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e ss., 587, 648 e 1543 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La Corte territoriale, si sostiene, pur avendo rettamente interpretato la volontà testamentaria come diretta a imporre un vincolo d’inalienabilità perpetuo perchè collegato ad una data destinazione assistenziale, non ha tuttavia considerato che per adempiere tale obbligazione la stessa testatrice non aveva previsto alcun vincolo ulteriore, ivi incluso modo e tempo dell’adempimento. Parte ricorrente lamenta, quindi, che la sentenza impugnata nell’interpretare la lettera del 25.8.1972 inviata dall’Ente comunale di assistenza all’erede ed esecutore testamentario della P., ne abbia stravolto il significato traendone conclusioni illogiche e contrarie al dato testuale.

2. – Il secondo mezzo allega la violazione o falsa applicazione degli artt. 587, 1362 e ss. e 2935 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, lì dove la sentenza impugnata, ai tini dell’individuazione del termine di prescrizione, non ha tenuto conto del contesto complessivo della clausola testamentaria e del vincolo d’inalienabilità dei beni oggetto del legato. In altri termini. evidente il nesso tra vincolo d’inalienabilità e vincolo di destinazione, è evidente che la volontà di non adempiere avrebbe potuto emergere solo nel momento in cui fosse stata chiara l’intenzione del comune di Cividale di tenere una condotta assolutamente incompatibile con la volontà di dare esecuzione al legato, condotta posta in essere solo allorchè detto ente onorato aveva posto in vendita i beni.

3. – Il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 587 e 1362 c.c., ravvisabile nella parte in cui la sentenza impugnata ha distinto tra legittimazione all’adempimento e legittimazione alla risoluzione, ritenendo quindi gli attori legittimati alla seconda e non anche alla prima delle due azioni. Anche in tal caso la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del contesto complessivo della clausola testamentaria e del legame esistente tra inalienabilità e destinazione impressa.

4. – Il quarto motivo espone la “erronea- o falsa applicazione degli artt. 1379 e 1362 c.c., in relazione agli artt. 1453 c.c., nella parte in cui si è ritenuto superata e non proponibile la domanda di nullità dell’intero lascito per l’illiceità del vincolo di inalienabilità imposto dalla testatrice, costituente, per la sua propedeuticità alla destinazione a pensionato. l’unico motivo determinante l’attribuzione patrimoniale gratuita.

5. – Quest’ultimo motivo, che per la sua autonoma vocazione rescindente va esaminato con priorità, è fondato.

Questa Corte ha avuto modo di affermare che la disposizione dell’art. 1379 c.c. con riguardo alle condizioni di validità del divieto convenzionale di alienare (limite temporale di durata; rispondenza ad apprezzabile interesse di una parte) si applica, essendo espressione di un principio di portata generale, anche a pattuizioni che come quelle contenenti un vincolo di destinazione, seppur non puntualmente riconducibili al paradigma del divieto di alienazione, comportino comunque limitazioni altrettanto incisive del diritto di proprietà (Cass. nn. 12769/99 e 3082/90).

Ne deriva che qualsiasi vincolo di inalienabilità ritraibile da una destinazione permanente del bene al soddisfacimento di un dato interesse si traduce nell’indiretta violazione della prefata norma, il cui carattere imperativo è iscritto negli stessi limiti entro cui essa consente il divieto di alienazione; il quale è ammissibile alla duplice condizione che sia “contenuto entro convenienti limiti di tempo” e risponda “a un apprezzabile interesse di una delle parti”.

La Corte territoriale non ha ben governato la noma in oggetto, poichè non ha considerato che un vincolo perpetuo di destinazione si traduce in un altrettanto perpetuo limite di circolazione. Infatti, pena l”inadempimento dell’onerato, è consentita in astratto solo l’alienazione del bene col medesimo vincolo (da riprodurre con apposita e analoga clausola, essendo il divieto in oggetto privo di efficacia reale), con la conseguenza di sottoporre il diritto di proprietà ad un’incisiva compromissione, essendone sostanzialmente sterilizzati sine die i connessi poteri dispositivi.

Nei termini che seguono il principio di diritto ex art. 384 c.p.c., comma 1, cui dovrà attenersi il giudice di rinvio: “è nulla, per violazione della norma imperativa dell’art. 1379 c.c. sui limiti del divieto convenzionale di alienazione, l’attribuzione patrimoniale gratuita di un bene sottoposto senza limiti di tempo ad un dato vincolo di destinazione, imposto dal disponente con clausola modale; infatti. essendo consentita in astratto, pena l’inadempimento dell’onerato. solo la circolazione del bene col medesimo vincolo (da riprodurre con apposita clausola, trattandosi di divieto privo di efficacia reale), il diritto di proprietà risulta sottoposto ad un’incisiva compromissione, essendone sostanzialmente sterilizzati sine die i connessi poteri dispositivi”.

6. – L’accoglimento del motivo esaminato assorbe le restanti censure, poichè impone al giudice di rinvio di valutare, con priorità rispetto ai restanti temi della controversia. se ai sensi dell’art. 647 c.c.,. comma 3 la ridetta illiceità del modus renda nulla l’attribuzione patrimoniale mortis causa.

7. – Il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d’appello di Trieste, provvederà anche sulle spese di cassazione.

PQM

 

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti i restanti, e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Trieste, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2017

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