Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15240 del 12/07/2011

Cassazione civile sez. un., 12/07/2011, (ud. 21/06/2011, dep. 12/07/2011), n.15240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. LUPI Fernando – Presidente di sezione –

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente di sezione –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI ANDREA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VOLPE FRANCESCO, per

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la decisione n. 7439/2009 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 26/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI MACIOCE;

uditi gli avvocati Francesco VOLPE, Giancarlo CASELLI dell’Avvocatura

Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

“Il magistrato in pensione I.G., all’esito del definitivo pronunziamento del giudice penale assolutorio nei suoi confronti (13.1.1997) chiese a Ministero di G.G. la liquidazione delle spese legali a lui spettanti in forza dei sopravvenuto disposto del D.L. n. 67 del 1997, art. 18, conv. in L. n. 135 del 1997. Il TAR del Veneto adito accolse il ricorso disattendendo la tesi dell’Amministrazione – per la quale il beneficio non poteva applicarsi alle spese afferenti i giudizi conclusi con assoluzioni irrevocabili avvenute prima della entrata in vigore della legge istitutiva – ed affermando che sussisteva un immanente principio generale di rimborsabilità. Il Consiglio di Stato, adito con appello dall’Amministrazione, nel prendere atto della esistenza di contrasti interpretativi ha optato per la tesi della inesistenza di un principio latente ed ha affermato il carattere innovativo del beneficio ex Lege n. 135 del 1997, pertanto ritenendo non compresa nella nuova area di rimborsabilità l’attività processuale anteriore e definita con sentenza di proscioglimento pubblicata prima della entrata in vigore della novella. Avverso tale sentenza , depositata il 26.11.2009, ha proposto ricorso l’interessato ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1, denunziando sostanzialmente, al seguito di S.U. n. 30254 del 2008, la commissione di un rifiuto della giurisdizione, un rifiuto consistente nel fatto che la interpretazione restrittiva e vanificante data dal CdS – ed in contrasto con numerosi diversi propri precedenti – avrebbe integrato un indebito diniego di dare ai diritti soggettivi la tutela apprestata dalla legge e costituente il proprium unitario ed inscindibile della giurisdizione esclusiva. In controricorso, per il Ministero della Giustizia, l’Avvocatura dello Stato ha osservato la incongruità della pretesa di scorgere un rifiuto nella diversa lettura delie norme anche in dissenso da propri precedenti.

E’ stata acquisita relazione ex art. 380 bis c.p.c. e la difesa del ricorrente così come la difesa dello Stato, in vista della adunanza camerale del 5 Aprile 2011, hanno depositato memorie.

Il Collegio, con ordinanza 8811 del 18.4.2011, rilevato che le questioni poste in memoria dal ricorrente non si prestavano alla disposta definizione camerale, ha deciso la remissione del ricorso alla pubblica udienza. Tanto il difensore dell’ I. quanto l’Avvocatura dello Stato hanno depositato ulteriori memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380 bis c.p.c. in data 7.2.2011 ha osservato come, sul dato preliminare che sia il giudice amministrativo quello attributario di giurisdizione in subjecta materia vi fosse da richiamare il recente pronunziato di S.U. 6996 del 2010 per il quale dovevasi affermare che la controversia concernente il rimborso delle spese defensionali, disciplinato dal D.L. 25 marzo 1997, n. 67, art. 18, convertito nella L. 23 maggio 1997, n. 135 (come autenticamente interpretato dal D.L. n. 203 del 2005, art. 10 bis, convertito nella L. n. 248 del 2005, nonchè dal D.L. n. 78 del 2009, art. 17, convertito nella L. n. 102 del 2009), per i soggetti sottoposti a giudizio di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti e risultati prosciolti nel merito, esula dalla giurisdizione contabile ed appartiene a quella del giudice del rapporto di lavoro – da cui il diritto al rimborso promana – intercorrente tra la P.A. ed il suo dipendente, con la conseguenza che la giurisdizione deve ritenersi attribuita al giudice ordinario, salva l’assegnazione al giudice amministrativo nei casi in cui essa attenga ad ipotesi di impiego “non privatizzato”, come quello dei militari. Fatta tale premessa la relazione ha osservato che il ricorso dovesse dichiararsi inammissibile, non avendo alcuna plausibilità il tentativo di ricondurre a rifiuto della propria giurisdizione esclusiva la decisione del Consiglio di Stato impugnata che, andando di contrario avviso a propri orientamenti, abbia negato il rimborso sul rilievo della inapplicabilità ratione temporis della norma che ebbe ad istituirlo, contestualmente negando che detta norma fosse meramente ricognitiva di un principio “latente” nell’ordinamento (come opinato dal primo giudice e dai richiamati, disattesi, orientamenti). La relazione ha quindi richiamato l’orientamento di queste S.U. per il quale il ricorso denunziante rifiuto della giurisdizione da parte del giudice amministrativo può essere ricondotto alla ipotesi di cui all’art. 362 c.p.c., comma 1, solo se il rifiuto sia fondato sulla ritenuta estraneità della domanda dalle attribuzioni giurisdizionali di quel giudice e non certo quando la decisione abbia consapevolmente disatteso precedenti pur consolidati orientamenti sulla interpretazione delle norme, in tali ipotesi configurandosi soltanto errores in judicando sottratti al sindacato delle Sezioni Unite (S.U. nn. 26812 e 1853 del 2009).

Sulla base di tale chiara linea di discrimine, la relazione ha notato che il “rifiuto” contestato dal ricorso in disamina fosse afferente non già alla scelta di negare astrattamente tutela al diritto, per ostacoli “di sistema”, bensì alla opinione dì non più condividere un pregresso orientamento sulla interpretazione delle norme, opinione semmai qualificabile come erronea mancata applicazione della legge e non certo come rifiuto di esercitare nel concreto la propria “giurisdizione”.

La conclusione attinta su punto dalla relazione viene pienamente condivisa dal Collegio, che non può che ribadire, al seguito del costante orientamento dì queste Sezioni Unite (da ultimo con la decisione 10870 del 2011) come appartenga alla area del sindacabile “rifiuto” della propria giurisdizione solo quel diniego di tutela da parte del giudice amministrativo che si radichi nell’affermazione della esistenza di un ostacolo generale alla conoscibilità della domanda nel mentre si sottrae a detta sindacabilità quel diniego che discenda direttamente ed immediatamente dalla lettura delle norme invocate a sostegno della pretesa.

A fronte della eloquenza delle conclusioni attinte nella relazione la difesa del ricorrente tanto nella prima quanto, più esplicitamente, nella seconda memoria ha sottoposto a queste Sezioni Unite la plausibilità di una estensione del sindacato diretto sulle decisioni adottate dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, una estensione 1) coerente con la prospettiva di assicurare la effettività delle tutele dei diritti (ben delineata da S.U. 30254 del 2008), 2) in linea con una prospettiva di self restraint del legislatore nell’estensione dell’area della giurisdizione esclusiva ex art. 103 Cost., 3) idonea a sventare ipotesi di maliziose sottrazioni legislative dall’area del sindacato di legittimità realizzate attraverso la semplice destinazione di “diritti” all’area indeterminata della giurisdizione esclusiva.

La proposta appare priva di margini di condivisibilità là dove postula l’estensione del sindacato di legittimità in corrispondenza della estensione indebita della giurisdizione esclusiva, in una prospettiva nella quale esigenze di tutela dei diritti e di repressione della loro ingiustificata sottrazione al giudice degli stessi dovrebbero far premio sulla eloquenza della previsione di cui all’art. 103 Cost., comma 1, ultima parte e finirebbero per obliterare il dato per il quale l’uso indebito ed irragionevole della estensione dell’area della giurisdizione esclusiva (e quindi proprio la immotivata confluenza in essa di situazioni primarie di diritti soggettivi) è naturalmente sottoposto al sindacato della Corte Costituzionale che, ripetutamente ed anche di recente (le decisioni n. 167 del 2011 e nn. 371 e 35 del 2010), ha tracciato le condizioni per il corretto uso della facoltà concessa al legislatore dall’art. 103 Cost., comma 1.

Le esigenze sottese alla testè rammentata prospettazione della parte ricorrente potrebbero semmai iscriversi ad un tentativo della stessa parte di ridiscutere la ragionevolezza della interpretazione data dalle S.U. di questa Corte alla disposizione di cui alla L. n. 135 del 1997, art. 18, comma 1, di conversione del D.L. n. 67 del 1997, secondo la quale la cognizione del diritto al rimborso spetta al giudice del rapporto del dipendente statale (la già citata sentenza 6996 del 2010 e la assai recente sentenza 5918 del 2011) e non, sempre ed oggettivamente, al giudice dei diritti.

Ma tal tentativo non risulta emerso nel dibattito del processo, anche perchè la sua valutazione sarebbe impedita dalla preclusione rappresentata dalla mancata impugnazione, da parte del magistrato vittorioso, della sentenza del TAR de Veneto e dalla mancata proposizione ex adverso della questione di giurisdizione in appello.

Consegue il rigetto del ricorso.

La peculiarità della vicenda induce a compensare le spese tra ricorrente ed Amministrazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2011

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