Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1524 del 25/01/2021

Cassazione civile sez. I, 25/01/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 25/01/2021), n.1524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15572/2019 r.g. proposto da:

E.L., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato Paolo

Sassi, presso il cui studio elettivamente domicilia in Isernia, alla

via XXIV Maggio n. 33;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

Ministro pro tempore.

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI CAMPOBASSO depositato in data

02/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 09/12/2020 dal Consigliere Dott. CAMPESE Eduardo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. E.L., nativo della Nigeria, ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, avverso il Decreto del Tribunale di Campobasso del 2 aprile 2019, reso nel procedimento n. 1207/2018, reiettivo della sua domanda volta ad ottenere una delle forme di protezione internazionale (status di rifugiato;

protezione sussidiaria o il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitaria. Il Ministero dell’Interno è rimasto solo intimato.

1.1. Quel tribunale, senza nulla precisare circa l’attendibilità, o meno, del pur riportato ampio racconto dell’ E., ritenne che: 1) “non risultano, nè sono prospettate dal richiedente, situazioni di persecuzione così come elencate nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7; infatti, il richiedente ha dichiarato di essersi allontanato dal proprio villaggio dopo la morte violenta del padre a causa di un terreno e di essere rimasto per circa tre anni a Lafia dopo la morte del padre… luogo da cui si è allontanato senza tornare al villaggio”; 2) neppure “sussistono.. i presupposti per la protezione sussidiaria ex art. 14 dello stesso D.Lgs., non essendo ravvisabile, in caso di ritorno in patria, una “minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”; infatti, alcun riferimento il richiedente fa a conflitti armati o situazioni di violenza indiscriminata che interessano lo stato. Al contrario, ha precisato che se tornasse in patria non gli succederebbe nulla; in ogni caso, la situazione della Nigeria non è di guerra civile, essendo presenti in altre regioni esclusivamente bande armate di diversa etnia in lotta tra loro e che le forze governative cercano di controllare”; “la situazione prospettata non integra neppure gli estremi dei seri motivi… di carattere umanitario di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (previgente) atteso che le difficoltà del richiedente attengono a questione private e familiari che possono trovare tutela giuridica nello stato stesso”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ed in particolare del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9 e 11 e successive modifiche, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,9 e 14 e art. 27, comma 1-bis e successive modifiche, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1, lett. e) e g), artt. 3, 5, 7 e 14, art. 16, comma 1, lett. b), e art. 19, ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale della richiedente e della situazione esistente in Nigeria sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria. Mancanza totale di motivazione”. Si contesta la mancata valutazione della vicenda personale dell’ E., ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria con riferimento alla effettiva situazione esistente in Nigeria, ascrivendosi al tribunale di non aver disposto l’audizione dello stesso al fine di ottenere giustificazioni sulle sue dichiarazioni rese innanzi alla commissione territoriale, nonchè di aver violato l’obbligo di cooperazione istruttoria.

1.1. La descritta doglianza è fondata nei limiti di cui appresso.

1.2. Invero, il tribunale molisano ha affermato l’insussistenza in Nigeria, da cui proviene l’ E., di una situazione di violenza diffusa ed incontrollabile, ma non ha chiarito minimamente (oltre al se una siffatta situazione riguardi anche la specifica zona di quello Stato di provenienza dell’odierno ricorrente) se, sul punto, abbia consultato, o meno (e, nel primo caso, quali), le COI (country of origin information), come, invece, sarebbe stato necessario al fine di verificare la fondatezza del riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria. Questa Corte, infatti, ha ripetutamente chiarito che, in tema di protezione sussidiaria dello straniero, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato determinativa di minaccia grave alla vita o alla persona), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del Paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Al fine di ritenere adempiuto tale onere, peraltro, quel giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (cfr., ex multis, Cass. n. 22232 del 2020; Cass. n. 13255 del 2020; Cass. nn. 9230-9231 del 2020; Cass. n. 13897 del 2019; Cass. n. 13449 del 2019; Cass. n. 11312 del 2019).

1.3. Alla stregua dei suesposti principi, quindi, il decreto oggi impugnato deve considerarsi, in parte qua, munito di motivazione meramente apparente, avendo omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr. Cass. n. 9017 del 2018, in motivazione; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 9113 del 2012).

1.4. A tanto deve solo aggiungersi che l’ E. ha pure specificamente allegato (cfr., amplius, pag. 2-3 del ricorso), riproducendone sinteticamente il contenuto, alcune recenti fonti, della cui attendibilità non vi è ragione di dubitare, che, secondo la sua prospettazione, ove fossero state esaminate dal giudice di merito, avrebbero potuto ragionevolmente condurre ad un diverso esito del giudizio.

2. Il secondo motivo – recante “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ed in particolare del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Nigeria sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria” – assumendo, ad ulteriore sviluppo di quanto esposto con il primo motivo, che la decisione di merito, retta da motivazione apparente, aveva errato nel non constatare la grave situazione d’instabilità del Paese d’origine e nell’escludere il rischio personale nel caso di rimpatrio, situazione e rischio che avrebbero imposto il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria, dovrà essere risolto dal Giudice del rinvio, alla luce della complessiva situazione del Paese, accertata mediante le COI.

3. Parimenti, la questione posta con il terzo motivo, che prospetta la “Violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2, e 136, comma 2 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28-bis, comma 2, lett. a)”, per avere il tribunale revocato l’amissione al patrocinio a spese dello Stato, a cagione della manifesta infondatezza dell’opposizione, si rivela, allo stato, cioè, prima del giudizio di rinvio, carente di attualità.

4. Il ricorso, dunque, va accolto limitatamente al primo motivo, assorbiti gli altri, ed il decreto impugnato deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame della domanda di protezione internazionale dell’ E. e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, e ne dichiara assorbiti gli altri. Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame della domanda di protezione internazionale dell’ E. e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2021

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