Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1524 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. I, 23/01/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 23/01/2020), n.1524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18842/2018 proposto da:

B.M., rappresentato e difeso dall’avvocato Ibrahim Khalil

Diarra, giusta procura allegata in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

13/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/10/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 1743/2018 depositato il 13-05-2018 e comunicato il 15-5-2018 il Tribunale Ordinario di Brescia ha respinto il ricorso di B.M., cittadino della (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè minacciato di morte dagli zii paterni per questioni ereditarie e per aver prelevato in banca dei soldi rientranti nell’eredità paterna. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della Costa d’Avorio, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che resiste con controricorso.

3. il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6,7,8 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27 comma 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè gli artt. 115 e 116 c.p.c.”. Censura la valutazione di non credibilità del suo racconto, asserendo che il Tribunale abbia compiuto una scomposizione atomistica della pluralità di fatti storici puntualmente elencati e descritti dal ricorrente, senza effettuarne una sintesi, in violazione delle norme indicate in rubrica.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5”. Si duole il ricorrente della valutazione effettuata dal Tribunale circa l’insussistenza in Costa d’Avorio di una situazione di violenza indiscriminata determinata da conflitto interno o internazionale, richiamando una sentenza di merito e la relazione di Amnesty International, da cui risulta una condizione di criminalità diffusa, alimentata dalla corruzione in tutti gli strati dell’amministrazione dello Stato e della giustizia in particolare, sicchè nessuna protezione avrebbe potuto ottenere il ricorrente da parte delle Autorità statali.

3. Con il terzo motivo denuncia “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.”. Deduce il ricorrente di aver compiutamente descritto tutti gli aspetti della propria vicenda personale, compreso lo stato di profonda ristrettezza economica della sua famiglia che lo aveva costretto a sfidare l’autorità e la prepotenza degli zii paterni, ed afferma che dette circostanze non sono state prese in considerazione dal Tribunale.

4. In via preliminare deve essere esaminato il profilo di inammissibilità del ricorso per cassazione eccepito dal Ministero, il quale ha evidenziato che la procura alle liti allegata a detto ricorso non reca alcun riferimento nè al giudizio di cassazione, nè al provvedimento impugnato.

4.1. Il ricorso risulta, in effetti, privo di idonea procura speciale ex art. 365 c.p.c., in quanto il mandato contenuto in foglio separato in calce all’atto, non contiene alcun riferimento al decreto impugnato e all’impugnazione in cassazione, ma letteralmente si riferisce ad un mandato conferito per “ogni fase e grado del presente giudizio di opposizione al diniego di protezione internazionale e umanitaria”. Trattasi con evidenza di un tenore incompatibile con l’esigenza di dimostrare la specialità della procura medesima. Questa Corte, infatti, ha più volte ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ex art. 83 c.p.c., comma 2, contenga espressioni generiche ed incompatibili con la specialità richiesta per la proposizione dell’impugnazione in cassazione (in casi analoghi a quello che si sta scrutinando da ultimo Cass. n. 17708 del 2019; Cass. n. 5190 del 2019; Cass. n. 28146 del 2018).

La procura rilasciata all’avvocato iscritto nell’apposito albo e necessaria per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere, quindi, conferita con specifico riferimento alla fase di legittimità, attesa l’esigenza di assicurare, in modo giuridicamente certo, la riferibilità dell’attività svolta dal difensore al titolare della posizione sostanziale controversa.

Nella materia della protezione internazionale e umanitaria la suddetta esigenza risulta vieppiù rafforzata, atteso che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria e che il difensore debba certificare anche la data di rilascio della procura.

5. Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

6. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

7. Infine deve dichiararsi che sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto (Cass. SU 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2.100 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dichiara che sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020

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