Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15235 del 22/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 22/07/2016, (ud. 03/12/2015, dep. 22/07/2016), n.15235
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15775-2014 proposto da:
C.F., + ALTRI OMESSI
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1160/2013 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,
depositata il 06/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
03/12/2015 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 13 marzo 2012 presso la Corte d’appello di Potenza, P.G., + ALTRI OMESSI L’adita Corte d’appello considerava ragionevole la durata di sette anni, in considerazione del numero dei creditori insinuati e delle alterne e travagliate vicende della procedura (liquidazione di lotto immobiliare d contenzioso, oltre ad essere stato intrapreso contenzioso nell’interesse del fallimento per il recupero di crediti), per cui riteneva che fosse indennizzabile un ritardo di due anni, a fronte della durata complessiva di nove anni (decorrenti dalla data di redazione dello stato passivo, il 23.2.2003), e riteneva, altresì, che ai ricorrenti potesse essere liquidato un indennizzo di Euro 1.500,00 per ciascuno, pari ad Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, con spese processuali compensate per la metà.
Avverso detto decreto i ricorrenti sopra indicati hanno proposto ricorso, affidato ad un unico motivo.
L’intimato Ministero ha resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza.
Con l’unico motivo i ricorrenti deducono violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e ss. dell’art. 111 Cost., Legge Costituzionale n. 2 del 1999, art. 1, dell’art. 6, par. 1 CEDU e dell’art. 2056 c.c., nonchè vizio di motivazione, dolendosi del fatto che la Corte d’appello abbia determinato la durata complessiva della procedura facendola decorrere dalla data di domanda di insinuazione allo stato passivo e non dalla sentenza dichiarativa del fallimento.
Il ricorso è infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata di una procedura fallimentare, la durata del procedimento va determinata avendo riguardo al tempo intercorso tra la proposizione dell’istanza ex art. 101, con cui il creditore diventa parte della procedura, ed il provvedimento di ammissione del credito, non potendosi cumulare con tale periodo quello precedente di svolgimento della procedura concorsuale, al quale il creditore è rimasto estraneo (Cass. n. 2207 del 2010; Cass. n. 20732 del 2011).
Con la conseguenza che correttamente la Corte d’appello ha fatto riferimento alla data della domanda di insinuazione al passivo.
Conclusivamente il ricorso va rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.
Risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali che liquida in favore dell’Amministrazione in complessivi Euro 700,00, oltre a spese prenotate e prenotande a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2, il 3 dicembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2016