Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15233 del 16/07/2020

Cassazione civile sez. lav., 16/07/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 16/07/2020), n.15233

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29013-2014 proposto da:

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI RIPETTA 22,

presso lo studio degli avvocati SERGIO RUSSO, FRANCESCO SCOZZAFAVA,

che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

ENEA ENTE NAZIONALE PER LE NUOVE TECNOLOGIE L’ENERGIA E L’AMBIENTE,

in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5111/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/06/2014 R.G.N. 6769/2012.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza in data 29 maggio- 26 giugno 2014 n. 5111 la Corte d’appello di Roma riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da G.C. – già dipendente di ENEA – Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente (in prosieguo: ENEA) – per l’accertamento del proprio diritto all’inquadramento nel 9^ livello retributivo dal 31 dicembre 1982 e per il pagamento delle conseguenti differenze di retribuzione.

2. La Corte territoriale in via preliminare riteneva la specificità dell’appello di ENEA avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto la domanda, in quanto sufficientemente preciso nell’individuazione dei passaggi motivazionali impugnati e nella indicazione delle soluzioni corrette.

3. Nel merito, per quanto ancora in discussione, osservava che sebbene, come correttamente affermato dal Tribunale, non vi fosse contestazione sulle mansioni svolte dal ricorrente, era invece contestato che dette mansioni fossero superiori all’inquadramento riconosciuto; sotto tale aspetto non era condivisibile la valutazione del primo giudice.

4. Il ricorrente era stato inquadrato:

– dal 31.12.1982 nel livello 7 in base al CCL 1982/1985;

– dalli 1.1.1988 nel livello 8 in base al CCL 1985/1988;

– dal 30.12.1993 nel livello 8″.1 in base al CCL 1988/1991;

– dal 31.12.1995 nel livello 9 in base alla norma transitoria CCNL 1994/1997;

– dal 31.12.1997 nel livello 9.1 (riequilibrio ex CCNL 1994/1997). 5.Da ultimo aveva conseguito il profilo professionale di “RICERCATORE ENEA” in base al CCNL 2002/2005.

6.Nel ricorso introduttivo, a fronte delle qualifiche molto elevate rivestite dal gennaio 1988, il G. non aveva precisato le mansioni superiori svolte, limitandosi ad affermare di avere sempre dimostrato elevata professionalità, competenza ed autonomia- nell’attività di ricerca come in quella ispettiva – ed a lamentare il proprio sotto-inquadramento.

7.L’esame della produzione di parte portava ad affermare che le mansioni svolte appartenevano al livello 8 del CCL 1985/1988, secondo la relativa declaratoria, confermata dal successivo CCL 1988/1991.

8.Ancora superiore era il contenuto della attività per il livello 9 successivamente attribuitogli.

9.L’allegato 3 al ricorso, richiamato dal G. a riprova della sua autonomia operativa, era semplicemente una dichiarazione del capo servizio Coordinamento Amministrativo del CNEL in data 24.1.1978, attestante che il G., appartenente al ruolo tecnico professionale, svolgeva “attività di vigilanza per la radioprotezione dei lavoratori e delle popolazioni su tutto il territorio nazionale”. Gli altri documenti erano costituiti dalle richieste del G. e dalle comunicazioni di risposta, che non avevano valore di riconoscimento del diritto al superiore inquadramento (ma di mero apprezzamento e solidarietà) nè comunque provenivano da soggetti abilitati a detto riconoscimento.

10.Quanto alla attribuzione del livello 7 nel periodo dal 31.12.1982 all’1.1.1988, in applicazione del primo CCL ENEA (1982/1985), tale livello derivava dalla valutazione operata in sede di contrattazione sindacale nè il G. aveva addotto alcun argomento concreto per disattenderla; l’allegato 3 al ricorso, relativo al periodo precedente e quindi utile alla valutazione del vissuto professionale, non conteneva indicazioni idonee a ravvisare lo svolgimento di mansioni superiori alla declaratoria del livello 7″ (allegato A al CCL, pagina 90) pressocchè sovrapponibile alla declaratoria del successivo livello 8″.

11.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza G.C., articolato in quattro motivi, cui ENEA ha resistito con controricorso.

12. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – nullità della sentenza per violazione degli artt. 342 e 434 c.p.c.

2. Si impugna la statuizione di ammissibilità del ricorso in appello di ENEA (integralmente riprodotto in questa sede), deducendosi che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente interpretato gli artt. 342 e 434 c.p.c.

3. Il motivo è infondato.

4. Giova premettere che nella specie trova applicazione ratione temporis (il ricorso in appello è del 21.8.2012) il testo dell’art. 434 c.p.c. previgente alle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv., con modif., in L. 7 agosto 2012, n. 134 (applicabili – ai sensi del medesimo art. 54 – ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione).

5.La giurisprudenza di questa Corte, in relazione al suddetto testo normativo, si è reiteratamente espressa nel senso che il requisito della specificità dei motivi di appello postula che alle argomentazioni della sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, dirette ad inficiare il fondamento logico-giuridico delle prime, in guisa da incanalare entro precisi confini il compito del giudice dell’impugnazione, consentendogli di comprendere con certezza il contenuto delle censure. Non è richiesto, tuttavia, a tal fine il rispetto di particolari forme sacramentali (ex aliis: Cass. 31 maggio 2006, n. 12984; 18 aprile 2007, n. 9244; 17 dicembre 2010, n. 25588; 23 ottobre 2014, n. 22502; 27 settembre 2016, n. 18932; 23 febbraio 2017, n. 4695); tali principi hanno trovato conferma anche nelle sentenze delle Sezioni Unite 25 novembre 2008, n. 28057 e 9 novembre 2011, n. 23299.

6.Ai suddetti criteri si è conformato il giudice dell’appello, che ha correttamente ritenuto l’ammissibilità dell’atto di impugnazione in ragione della individuazione da parte dell’appellante, da un canto, dei passaggi motivazionali impugnati, dall’altro, delle diverse soluzioni ritenute corrette.

7.Ai fini dell’ammissibilità dell’appello non è richiesto, invece, che l’appellante alleghi – e tantomeno riporti analiticamente – le emergenze di causa rilevanti – (ove investite ed evocate non equivocamente dalla censura) diversamente da quel che è previsto per l’impugnazione a critica vincolata, in quanto l’appello non ha mai perso la sua natura di impugnazione a critica libera.

8.Neppure è escluso, inoltre, che il ricorso in appello possa riproporre le argomentazioni già svolte in primo grado ed ivi disattese dal giudicante, purchè funzionali a supportare le censure proposte nei confronti di specifici passaggi argomentativi della sentenza appellata.

9.Nella fattispecie di causa i ragionamenti del Tribunale (in punto di sussistenza del diritto all’inquadramento nel livello nono, fondati sulla mancanza di contestazione dei fatti e sulla prova di essi “per tabulas”) sono stati sottoposti a critica dall’appellante, che ha dedotto, in sostanza, che le allegazioni dell’originario ricorrente e le produzioni documentali erano del tutto insufficienti a provare il diritto all’inquadramento superiore, come risulta dalla lettura del ricorso in appello, che questa Corte può compiere come giudice del fatto processuale.

10.Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 assumendo la inesistenza e l’apparenza della motivazione.

11. Parte ricorrente si duole del fatto che nel suo ragionamento logico la Corte territoriale non abbia descritto nè le mansioni svolte – che avrebbero giustificato l’iniziale inquadramento nel livello 7 – nè i successivi mutamenti, che avrebbero determinato il riconoscimento nel tempo di livelli superiori, assumendo che in ragione di tali omissioni il giudizio di adeguatezza dell’inquadramento attribuito da ENEA appariva del tutto arbitrario. Addebita, altresì, alla Corte di merito la omessa specificazione della documentazione esaminata, nell’ambito della copiosa produzione di parte (oltre cento documenti).

12.Il motivo è infondato.

13.La Corte territoriale ha addebitato al G. di non avere precisato le mansioni in ragione delle quali egli avrebbe avuto diritto ad un inquadramento superiore al livello 8, riconosciutogli dal gennaio 1988 e corrispondente alla elevata professionalità genericamente dedotta; per il periodo precedente a tale data il giudice dell’appello ha affermato che la declaratoria del settimo livello, contenuta nell’allegato A al CCL 1982/1985, era pressocchè sovrapponibile a quella del successivo livello 8.

14.Trattasi di motivazione espressa e non affetta da insanabile contraddittorietà.

15.Con il terzo motivo si lamenta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 416 c.p.c., comma 3, nonchè dell’art. 2697 c.c.

16. Il ricorrente ha dedotto la violazione del principio di non contestazione, assumendo:

– che era pacifica la sua qualifica, nel regime del parastato vigente fino al dicembre 1982, di “Collaboratore Tecnico Professionale” (CTP), la più elevata prevista dall’ordinamento istituito dalla L. n. 70 del 1975, con classe stipendiale corrispondente alla categoria F7.

– che il nono livello doveva peraltro essergli riconosciuto automaticamente in ragione della qualifica, senza ulteriori condizioni, anche alla luce della sentenza TAR LAZIO sez. III ter n. 7582/200 (all.14 della produzione).

17. Si espone che la difesa di ENEA non aveva contestato le mansioni ed i ruoli indicati nel ricorso introduttivo del giudizio nè il fatto che egli fosse “primo ricercatore tecnologo” sin dall’anno 1978, allorquando aveva raggiunto la qualifica professionale F5, cui appartenevano nel parastato i “Primi ricercatori ENEA” e gli “ispettori nucleari”; il profilo gli era stato invece illegittimamente attribuito soltanto nell’anno 2001, con l’inquadramento nel livello 9.1.

18.Si assume che l’onere probatorio era stato assolto per la mancata contestazione della sua allegazione di essere “primo ricercatore tecnologo con qualifica apicale nel regime del parastato”, il che dava diritto automaticamente alla attribuzione del nono livello professionale.

19.Con il quarto motivo si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.

20.La censura è parimenti basata sul mancato esame della non-contestazione di ENEA in ordine alla sua qualifica di Primo ricercatore ed ispettore nucleare dall’anno 1978.

21.L’odierno ricorrente ha esposto di avere evidenziato anche nella memoria difensiva d’appello la erroneità della interpretazione del contratto collettivo offerta da ENEA, che faceva riferimento a criteri di valutazione, quali la scolarità e l’anzianità di servizio, che erano del tutto marginali ai fini del corretto inquadramento del personale nella transizione dall’ordinamento del parastato all’ordinamento privatistico-contrattuale.

22. Il fatto controverso riguardava la correttezza delle valutazioni compiute da ENEA in relazione ai criteri di inquadramento- (anzianità, titoli di studio, responsabilità, mansioni svolte, esperienza lavorativa, autonomia, ideazione)- stabiliti dal CCL 1982/1985, artt. 4 e 6 (e relative appendici).

23. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

24. Essi non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha dato atto essere pacifiche tra le parti le mansioni svolte, come allegate dal G. (pagina 5 della sentenza, secondo capoverso). Sotto questo profilo, pertanto, non appare conferente la denuncia di violazione del principio di non contestazione, che opera rispetto ai fatti storici allegati e dunque, nella specie, le mansioni svolte e le qualifiche attribuite nell’ordinamento del parastato.

25. Piuttosto, la decisione è fondata sulla corrispondenza tra le suddette mansioni e qualifiche (non contestate) ed i nuovi livelli di inquadramento previsti dal primo contratto collettivo ENEA, adottato allorquando ENEA (già CNEN), come disposto dalla L. 5 marzo 1982, n. 84, art. 8 cessava di fare parte degli Enti Pubblici di Ricerca del parastato ed assumeva un nuovo modello organizzativo, nel quale la disciplina del trattamento giuridico ed economico del personale era devoluta alla contrattazione collettiva di tipo privatistico.

26. Il passaggio dall’ordinamento del parastato al nuovo ordinamento era dunque regolamentato dal primo contratto collettivo ed, in particolare, dall’appendice 2 al CCL ENEA 1982/1985.

27.In riferimento a tale contratto collettivo il giudice dell’appello ha affermato che l’attribuzione del 7 livello era avvenuta per “valutazione operata in sede di contrattazione sindacale” e che al settimo livello corrispondeva, poi, l’ottavo nel successivo contratto collettivo 1985/1988.

28. Il ricorrente avrebbe dovuto censurare tale ratio decidendi assumendo un vizio di interpretazione delle disposizioni del contratto collettivo che regolavano la riclassificazione del personale nel nuovo regime privatistico piuttosto che il vizio di violazione delle regole sulla non contestazione e sull’onere della prova.

29.Per le medesime ragioni manca di decisività il preteso mancato esame dell’inquadramento attribuito nel precedente regime del parastato, essendo, piuttosto, decisiva la valutazione che di quell’inquadramento operava, nella riclassificazione del personale, il primo contratto collettivo privatistico, fatto che il ricorrente omette del tutto di specificare.

30.Nè ha rilevanza la attribuzione nell’anno 2001 del livello 9.1., con profilo professionale di “primo ricercatore tecnologo”, avvenuta in attuazione del successivo CCNL 1994/1997.

31. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

32. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

33. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il comma 1 quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2020

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