Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15231 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15231 Anno 2015
Presidente: BANDINI GIANFRANCO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 23066-2010 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e
difesa dall’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega in
2015

atti;
– ricorrente –

2290
contro

MECCHERI PIERA C.F. MCCPRI57D46F679U, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo

Data pubblicazione: 21/07/2015

v.

studio

dell’avvocato

SERGIO

VACIRCA,

che

la

•.!.

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO
LALLI, giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 92/2010 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/05/2015 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega verbale
TOSI PAOLO;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per
l’inammissibilità o in subordine rigetto.

di GENOVA, depositata il 07/04/2010 R.G.N. 326/2009;

Udienza del 20 maggio 2015— Aula B
n. 14 del ruolo — RG n. 23066/10
Presidente: Bandini – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata pronunciandosi sull’appello principale di Piera
Meceheri e sull’appello incidentale di POSTE ITALIANE s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale
di Massa n. 755/2008, in parziale riforma di tale sentenza, fra l’altro così provvede: 1) accerta il
diritto di Nera Meccheri ad essere inquadrata da POSTE ITALIANE s.p.a. nella categoria Quadri
Q2, oggi A2, a far data dal 22 gennaio 2003 e condanna la società datrice di lavoro a riassegnare la
Meccheri alle mansioni corrispondenti a tale categoria e a pagarle, oltre a quanto già riconosciuto
dal primo Giudice, le corrispondenti differenze retributive successive, con accessori di legge; 2)
condanna la società POSTE ITALIANE al risarcimento del danno quantificato nella misura del 5%
della differenza tra la retribuzione spettante e quella percepita a far data dal 14 maggio 2003.
La Corte d’appello di Genova, per quel che qui interessa, precisa che:
a) dalle risultanze processuali è emerso che dal 22 luglio 2002 al 14 maggio 2003 i compiti di
Direttore dell’Ufficio di Carrara — formalmente assegnato in reggenza ad Antonio Pascarella, che
dirigeva anche l’Ufficio di Massa, presenziando in quest’ultimo — sono stati svolti da Piera
Meecheri, con continuità e in autonomia;
b) di ciò si ha conferma nella imputazione alla esclusiva responsabilità della lavoratrice della
vicenda attinente il disservizio verificatosi a Carrara nel maggio 2003, consistito nell’invio al
macero di una ingente quantità di plichi che, invece, avrebbero dovuto essere recapitati ai
destinatari;
c) in conseguenza di tale vicenda la dipendente, per evitare un provvedimento disciplinare,
presentò immediata richiesta di riassegnazione all’Ufficio postale di Massa con mansioni rientranti
nel suo profilo professionale;
d) ne deriva la fondatezza della domanda di attribuzione della qualifica superiore,
corrispondente alle mansioni svolte, con decorrenza dal 22 gennaio 2003, cioè al compimento del
semestre previsto dalla contrattazione collettiva di settore per il passaggio nell’Area Quadri, con le
conseguenti pronunce suindicate;
e) neppure è dubbio che l’assegnazione delle mansioni di smistamento della corrispondenza, a
decorrere dal maggio 2003 e tuttora in corso, concretizzi una illegittima dequalificazione
professionale che ha causato un danno alla professionalità dell’interessata;
2

f) nella liquidazione di tale danno si deve tuttavia tenere conto, ai sensi dell’art. 1227 cod.
eiv., del concorso della condotta della lavoratrice nella relativa produzione, concorso consistito sia
nell’erroneo invio al macero della indicata corrispondenza che ha dimostrato la sua non completa

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

idoneità alle mansioni di direttore di agenzia, sia l’invio della citata domanda di riassegnazione
all’Ufficio postale di Massa con mansioni rientranti nel suo profilo professionale.
2.— Il ricorso di POSTE ITALIANE s.p.a. domanda la cassazione della sentenza per due
motivi; resiste, con controricorso, Piera Meccheri.
Entrambe le parti depositano anche memorie ex art. 378 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I Profili preliminari
1. Preliminarmente va rilevata la tardività della notifica del controricorso — eccepita anche
dalla società ricorrente — e di cui la stessa lavoratrice dà atto (v. p. 3 del controricorso), essendo la
richiesta di tale notifica avvenuta il 9 febbraio 2011, mentre il ricorso principale è stato notificato il
giorno 1 ottobre 2010.

In base alla costante giurisprudenza di questa Corte del controricorso inammissibile perché
notificato oltre il termine fissato dall’art. 370 cod. proc. civ. non può tenersi conto, ma ciò non
incide sulla validità ed efficacia della procura speciale rilasciata a margine di esso dal resistente al
difensore, che può partecipare in base alla stessa alla discussione orale, con la conseguenza che, in
caso di rigetto del ricorso, dal rimborso delle spese del giudizio per cassazione sopportate dal
resistente vanno escluse le spese e gli onorari relativi al controricorso, mentre tale rimborso spetta
limitatamente alle spese per il rilascio della procura ed all’onorario per lo studio della controversia e
per la discussione (Cass. 13 maggio 2010, n. 11619; Cass. 27 maggio 2005, n. 11275; Cass. 28
luglio 2010, n. 17635).

II Sintesi dei motivi di ricorso

2. Il ricorso è articolato in due motivi, con il quali POSTE ITALIANE s.p.a. denuncia, in
relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.

1) omessa e insufficiente motivazione circa il corretto inquadramento della lavoratrice,
sostenendo che, diversamente da quanto affermato dalla Corte genovese, le risultanze istruttorie
porterebbero univocamente ad escludere lo svolgimento, anche solo di fatto, da parte della
lavoratrice presso l’Ufficio di Carrara, di mansioni riconducibili all’Area Quadri ovvero che abbia
esercitato funzioni superiori a quelle di inquadramento con autonomia, continuità e prevalenza
(primo motivo);
2) insufficiente e contraddittoria motivazione circa il demansionamento, rilevando che
l’attribuzione alla lavoratrice delle mansioni di smistamento della corrispondenza a decorrere da
maggio 2003 è avvenuta su istanza dell’interessata presentata per evitare un provvedimento
disciplinare più grave della massima sanzione conservativa inflittale per il disservizio verificatosi
nel settore recapito dell’Ufficio di Carrara e, quindi, è stata giustificata da un apprezzabile interesse
della dipendente. Si aggiunge che l’affermazione della sussistenza del danno professionale sarebbe
del tutto apodittica e priva di riferimenti a prove specifiche e che, comunque, la Corte d’appello ha
anche sottolineato che la lavoratrice in occasione dei comportamenti contestati nel maggio 2003 ha

4,

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»

manifestato di essere non completamente idonea alle mansioni di direttore di agenzia (secondo
motivo)
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,

Esame delle censure

3.- I due motivi di ricorso — da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione —
non sono da accogliere per plurime, concorrenti ragioni.
3.1.- Quanto alla formulazione, va rilevato che:

b) non risulta neppure prodotta l’istanza della lavoratrice cui si fa riferimento nel secondo
motivo.
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Ne consegue che il ricorso non risulta conforme al principio di specificità dei motivi del
ricorso per cassazione — da intendere alla luce del canone generale “della strumentalità delle forme
processuali” — in base al quale il ricorrente che denunci il difetto di motivazione su un’istanza di
ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o
processuali, ha l’onere di indicare nel ricorso specificamente le circostanze oggetto della prova o il
contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito
(trascrivendone il contenuto essenziale), fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per
consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi così ritenere assolto il
duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. (a pena di
inammissibilità) e dall’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. (a pena di improcedibilità del
ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in condizione
di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti (vedi,
per tutte: Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726; Cass. 14
settembre 2012, n. 15477).

I

3.2.- Peraltro, anche nel contenuto le censure sono inammissibili perché, sostanzialmente, si
risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del
materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti e quindi finiscono con l’esprimere
un mero, quanto inammissibile, dissenso rispetto alle motivate valutazioni di merito delle risultanze
probatorie di causa effettuate dalla Corte d’appello, che, peraltro, con riguardo al risarcimento del
danno ha reso un giudizio di carattere presuntivo, adeguatamente giustificato.
III

Conclusioni

4. In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione —
liquidate nella misura indicata in dispositivo e da distrarre in favore dell’avv. Sergio Vacirca,
antistatario — seguono la soccombenza e vanno determinate tenendo conto della rilevata
inammissibilità del controricorso e della avvenuta partecipazione del difensore della lavoratrice alla
discussione orale.

:

P.Q.M.
»

a) non risulta prodotto, nel testo integrale, il CCNL che viene richiamato nel primo motivo;

2•1

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 (cento/00) per esborsi, euro 2500,00
(duemilacinqueeento/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge, da distrarre in
favore dell’avv. Sergio Vacirca, antistatario.

4′

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 20 maggio 2015.

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