Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1523 del 22/01/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 1523 Anno 2018
Presidente: MATERA LINA
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 23077-2014 proposto da:
VERSACE CESARE (VRSCSR7OR14M208L) e BOMBARA FELICIA
(BMBFLC70M48F893R), elettivamente domiciliati in ROMA,
V.LE MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato
GIOVANNI DI BATTISTA, rappresentati e difesi
dall’avvocato GIUSEPPE BAGNATO;
– ricorrenti contro

MOSCHELLA

ELISA

(MSCLSE58R53G722J),

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO 32, presso lo studio
dell’avvocato RAFFAELLA STURDA’, rappresentata e
difesa dall’avvocato SERVELLO GAETANO;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 22/01/2018

avverso la sentenza n. 231/2014 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 11/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 30/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO

ORICCHIO.

Fatti di causa

I ricorrenti esponevano che ii 15 febbraio 2010 i terreni
oggetto dell’accordo erano stati interessati da un vasto
fenomeno franoso, in seguito al quale, con ordinanza
sindacale n. 27 del 24 febbraio 2010, erano stati inseriti
all’interno della c.d. zona rossa ed erano stati posti sotto
sequestro su ordine della Procura della Repubblica di Vibo
Valentia.
Si costituiva Elisa Moschella, la quale chiedeva il rigetto
della domanda attrice e, in via riconvenzionale, domandava
la condanna dei ricorrenti ad adempiere all’obbligo di
concludere il contratto definitivo.
Il Tribuna di Vibo Valentia, con provvedimento del 9
gennaio 2013, rigettava la domanda dei ricorrenti ed
accoglieva la domanda riconvenzionale.
Cesare Versace e Felicia Bombara, con atto di citazione
notificato il 2 marzo 2013, proponevano appello.
La Corte di Appello di Catanzaro, nel contraddittorio delle
parti, con sentenza n. 231/14, rigettava l’appello.
Cesare Versace e Felicia Bombara hanno proposto ricorso
per cassazione, articolandolo su un motivo.
Elisa Moschella ha resistito con coptroricorso.

Ragioni della Decisione
1.

Prima di esaminare il ricorso, occone valutare l’eccezione

di inammissibilità dello stesso avanzata dalla resistente nel suo
• controricorso che, ove accolta, ne rendetebbe superfluo l ‘esame.

Con ricorso ex articolo 702 bis c.p.c., depositato il 7
dicembre 2010, Cesare Versace e Felicia Bombara adivano -il
Tribunale dì Vibo Valentia chiedendo che venisse
pronunciata la risoluzione per impossibilità sopravvenuta del
contratto preliminare di vendita che essi avevano stipulato
con Elisa Moschella, avente ad oggetto un ‘fondo agricolo comprensivo di fabbricato rurale’ – sito nel comune di
Maierato.

Sostiene Elisa Moschella che, nonostante fosse già
decorso il termine di sei mesi, la notifica del ricorso per
cassazione era stata effettuata presso il domicilio da essa
eletto in grado di appello e non alla stessa personalmente.

sarebbe da considerare inesistente,e che il ricorso, quindi,
sarebbe . inammissibile.

L’eccezione è infondata.

La recente sentenza delle Sezioni Unite della Suprema
Corte di Cassazione n. 14916 del 20 luglio 2016, Rv.
640604, ha chiarito che il luogo in cui la notificazione del
ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli
elementi costitutivi essenziali dell’atto, con la conseguenza
che i vizi relativi alla sua individuazione, anche ove si riveli
privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono
sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile,
con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a
seguito della costituzione della parte intimata (benché
compiuta ai solo fine di eccepire la nullità), o in virtù della
rinnovazione della notificazione, effeettuata spontaneamente
dalla parte stessa o su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c.

A ciò conseguirebbe che la notificazione dell’impugnazione

Se ne ricava che, essendosi la resistente costituita nella
presente sede, ogni vizio della notificazione del ricorso per
cassazione è da considerare sanato.

2. Con un unico motivo Cesare Versace e Felicia Bombara
lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 1 256 e

prestazione pattuita era diVelluta inutilizzabile per ragioni
sopravvenute e che le loro .difese non erano basate sulla natura
essenziale del termine stabilito per il pr.eliminare.
La doglianza è infondata.
In tema di risoluzione del contratto, l’impossibilità sopravvenuta
della prestazione è configurabile qualora siano divenuti impossibili
l adempimento della prestazione da parte del debitore o
l – utilizzazione della stessa ad opera della controparte, purché tale
impossibilità non sia imputabile al creditore ed il suo interesse a
ricevere la prestazione medesima sia venuto meno, dovendosi in tal
caso prendere atto che non • può più essere conseguita la finalità.
essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto, con la
conseguente estinzione dell’obbligazione (Cass., Sez. 1, n. 20811 del
2 ottobre 2014, Rv. 632493).
Nel caso in esame, la corte territoriale ha ritenuto che l’inserzione
del fondo nella zona rossa e la sua sottoposizione a sequestro da
parte della Procura della Repubblica, circostanze che non incidevano
né sulla esistenza del bene, né sulla sua commercíabilità,- non
integrassero una ipotesi di impossibilità sopravvenuta della
prestazione. I ricorrenti, pertanto, per fare valere le loro doglianze,
avrebbero dovuto domandare o la risMuzione del contratto fondata
sulla cd. presupposizione o sull eccessiva onerosità sopravvenuta
oppure la riduzione del prezzo.

1463 c.c., in quanto la corte territoriale non aveva considerato che la

In particolare, la Corte di Appello di Catanzaro ha rilevato che il

terreno era stato escluso dalla detta zona rossa e che, alla luce della
valutazione di inesistenza di un pericolo di frana desumibile dagli atti
amministrativi posti in essere dall’autorità, era superfluo ogni
approfondimento istruttorio.
11 motivo va, dunque, respinto.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in
dispositivo.
5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per* il ricorso principale, a
norma del comma i bis dello stesso art. 13 del D.P.R. n.
115/2002.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al
pagamento in favore della controricorrente delle spese
del giudizio, determinate in, C 2.200,00, di cui C
200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura
del 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma I quater del D.P.R. n. 115 del
2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il

o

3. Il ricorso deve essere , quindi. rigettato

ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso
art. 13.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda
Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il

30 maggio 2017.

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