Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15229 del 23/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/06/2010, (ud. 29/04/2010, dep. 23/06/2010), n.15229

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARLEO Giovanni – Presidente –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

nei cui uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

G.G., rappresentato e difeso Giusta delega a margine del

controricorso, dagli Avv.ti Pietrosanti Luca Maria, Pietrosanti

Angelo e Pietrosanti Mario Lauro, elettivamente domiciliato in Roma,

Piazzale Clodio n. 8 presso lo studio dell’Avv. Michele De Luca;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1108/39/2005 della Commissione Tributaria

Regionale di Roma – Sezione Staccata di Latina n. 39, in data

23/11/2005, depositata il 09 giugno 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

29 aprile 2010 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Sentito, pure, l’Avv. Alessandro Maddalo dell’Avvocatura Generale

dello Stato, Presente il P.M. dr. LECCISI Giampaolo, che non ha mosso

osservazioni.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto al n. 22605/2007 R.G., è stata depositata la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 1108/39/05, pronunziata dalla C.T.R. di Roma, Sezione Staccata di Latina n. 39, il 23.11.2005 e DEPOSITATA il 09 giugno 2006.

Con tale decisione, la Commissione di merito, ha respinto l’appello dell’Agenzia Entrate e ritenuto che l’Agenzia avesse illegittimamente esercitato la pretesa fiscale.

2 – L’impugnazione di che trattasi, che riguarda avviso di rettifica, relativo ad IVA per l’anno 1995, si articola in doglianze con cui si deduce insufficiente motivazione su fatto decisivo e controverso.

3 – L’intimato, giusto controricorso, ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.

4 – Il ricorso appare inammissibile. La sentenza della CTR, in vero, come si evince dalla in equivoca correlazione tra parte motiva e dispositivo, dopo avere ritenuto fondato, e sostanzialmente accolto, il motivo di appello con cui l’Agenzia Entrate censurava la decisione di prime in punto legittimità dell’accertamento, motivato per relationem a p.v. della Guardia di Finanza, ha rigettato il gravame proposto dall’Agenzia medesima, avendo rilevato che l’appellante Agenzia non aveva fatto oggetto di contestazione e di specifica impugnazione l’altra ratio decidendi che sosteneva la decisione di primo grado, secondo la quale la procedura di determinazione delle rimanenze, e quindi dei maggiori ricavi tassati, era a ritenersi illegittima, non essendo stata dimostrata l’inattendibilità delle scritture contabili e “considerato anche che nessuna ripresa a tassazione ha riguardato i costi, e che quindi la contabilità della ditta esaminata è risultata corretta”.

Il mezzo, propone censure, che non aggrediscono la precitata seconda ratio della decisione di secondo grado con la indispensabile specificità (Cass. n. 21490/2005, n. 24591/2005), che avrebbero dovuto essere formulate avverso la decisione di primo grado e che, non essendo state prospettate con l’appello, restano precluse in questa sede (Cass. n. 7918/2004, n. 16360/2004, n. 9687/2003).

Peraltro, per consolidato orientamento giurisprudenziale la parte, in sede di ricorso per cassazione, “ha l’onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in se tutti gli elementi che diano al Giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti ed alle risultanze processuali” (Cass. n. 849/2002, n. 2613/2001, n. 9558/1997), e, d’altronde, costituisce pacifico principio quello secondo cui “per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza” (Cass. n. 9368/2006, n. 1014/2005, n. 22979/2004).

Non sembra che il ricorso sia in linea con i citati principi.

5 – Si ritiene, quindi, sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio e la definizione, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. con il rigetto del ricorso per inammissibilità e/o manifesta infondatezza delle prospettate doglianze.

Il Relatore Cons. Dr. Antonino Di Blasi”.

Considerato che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori;

Visti il ricorso ed il controricorso, nonchè la memoria dell’Agenzia Entrate in data 21.04.2010 e tutti gli altri atti di causa;

Considerato che alla stregua delle argomentazioni svolte dalle parti, nelle rispettive difese, in ordine alle questioni relative alla sussistenza di una seconda ratio della decisione di primo grado, alla relativa mancata impugnazione in sede di appello e all’ammissibilità dei motivi del ricorso di legittimità, si ritiene non sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in camera di consiglio e che si imponga, quindi, il rinvio della causa a nuovo ruolo e la trattazione in pubblica udienza;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

PQM

Rinvia il ricorso a nuovo ruolo, per la relativa trattazione in pubblica udienza.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2010

 

 

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