Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15228 del 01/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 01/06/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 01/06/2021), n.15228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27660-2019 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato NICOLA PERRINO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAIVANO, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MAURIZIO MALANGONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 726/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 31 gennaio 2011, C.R. evocava in giudizio il Comune di Caivano per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti in data 30 aprile 2009 quando, alla guida della motocicletta di proprietà di C.R., aveva perso il controllo del veicolo rovinando al suolo a causa di una macchia d’olio presente sul manto stradale. Evento per il quale aveva subito postumi permanenti. Si costituiva l’ente convenuto deducendo l’infondatezza della pretesa;

il Tribunale di Napoli, articolazione territoriale di Casoria, con sentenza del 27 febbraio 2014, rigettava la domanda ritenendo sussistente la prova del caso fortuito, idoneo ad escludere la responsabilità dell’ente convenuto. Secondo il primo giudice, in considerazione dell’ampiezza e della pericolosità intrinseca della macchia d’olio, sulla quale era scivolato l’attore, era “logicamente e ragionevolmente” evidente che la stessa era stata lasciata da un utente della strada poco tempo prima del sinistro e, comunque, prima che fosse esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode;

avverso tale decisione il C. proponeva appello, con atto di citazione del 26 settembre 2014, deducendo l’erronea esclusione della responsabilità del custode, che non avrebbe provato di avere posto in essere un’attività adeguata di controllo e vigilanza. Si costituiva il Comune di Caivano resistendo al gravame;

la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 12 febbraio 2019, rigettava l’impugnazione condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione C.R. affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso il Comune di Caivano.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo si deduce la violazione l’art. 2051 c.c. richiamando una decisione della suprema Corte (Cass. n. 1691 del 23 gennaio 2009) relativa proprio all’ipotesi di caduta di un motociclo a causa del gasolio presente sul manto stradale. In quella decisione la Cassazione aveva ritenuto sussistente la situazione di pericolo occulto, deducendola dal carattere oggettivo della non visibilità e da quello soggettivo, della non prevedibilità. Conseguentemente l’ente pubblico avrebbe dovuto ritenersi obbligato a vigilare sullo stato di manutenzione della strada;

con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per omessa e insufficiente motivazione;

con il terzo motivo si lamenta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia deducendo che, con riferimento ai danni al motociclo, il Giudice di pace di Afragola avrebbe accolto la domanda proposta dalla proprietaria C.R.;

i motivi, che possono essere trattati congiuntamente perchè strettamente connessi, sono inammissibili. Preliminarmente, il ricorso presenta profili di illegittimità per violazione dell’art. 366 n. 3 c.p.c. (attesa l’omessa illustrazione delle vicende del giudizio, della posizione delle parti in primo e secondo grado, oltre che delle argomentazioni della decisione impugnata);

a prescindere da ciò, le censure si limitano ad enunciare principi affermati da risalente giurisprudenza di merito e di legittimità. Il motivo d’impugnazione, al contrario, deve essere rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, delle ragioni per le quali la decisione è ritenuta erronea dal ricorrente;

poichè per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi, con i quali è esplicato, si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata;

tali ragioni debbono concretamente considerare le argomentazioni che la sorreggono e non possono prescindere da esse. Diversamente dovrà considerarsi nullo, per inidoneità al raggiungimento dello scopo, il motivo che non rispetti tale requisito. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (principio costante: si veda Cass. Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005, ed in motivazione, Cass. S.U. n. 7074 del 2017 e da ultimo, n. 22478 del 24/09/2018);

al contrario le censure difettano del tutto di una critica argomentata della decisione impugnata con indicazione specifica delle ragioni per le quali il giudice di appello avrebbe violato le norme di diritto richiamate;

nello specifico, poi, il primo motivo è privo della esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e la precisazione specifica delle considerazioni che, in relazione al motivo come rubricato, giustificherebbero la cassazione della sentenza. Pertanto l’esposizione non consente di comprendere in cosa risieda il preteso errore di diritto del giudice di secondo grado;

il secondo motivo manca dell’illustrazione delle ragioni e delle norme violate, mentre il terzo motivo fa riferimento al precedente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, evocando il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione non consentito dalla disciplina vigente, sulla base di giurisprudenza costante (per tutte, Cass. Sezioni Unite 22 settembre 2014 n. 19881);

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 2500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2021

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