Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1522 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. I, 21/01/2011, (ud. 09/12/2010, dep. 21/01/2011), n.1522

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

V.A. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA LUIGI RIZZO 50, presso lo studio dell’avvocato IORIO

ALFREDO, rappresentato e difeso dall’avvocato CORA MAURIZIO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 26/09 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO del

10.2.09, depositato il 25/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Vincenzo Scorsone (per delega avv.

Maurizio Cora) che si riporta agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. SCARDACCIONE

Eduardo Vittorio, che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che V.A., con ricorso dell’8 maggio 2009, ha impugnato per cassazione – deducendo tre motivi di censura -, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Campobasso depositato in data 25 febbraio 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del V. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, -, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilita’ o l’infondatezza del ricorso -, ha respinto la domanda;

che resiste, con controricorso, il Ministro della giustizia;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 25.500,00 – per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 29 luglio 2008 – era fondata sui seguenti fatti: a) il V., asseritamente titolare del diritto al risarcimento dei danni da incidente stradale, aveva proposto la relativa domanda al Tribunale di Teramo con citazione del 16 marzo 1991; b) il Tribunale adito non aveva ancora deciso la causa al momento del deposito del ricorso per equa riparazione;

che la Corte d’Appello di Campobasso, con il suddetto decreto impugnato: a) ha dichiarato estinto per prescrizione il diritto all’indennizzo fino al 27 novembre 1998; b) per il residuo periodo dal 2 novembre 1998 al 29 luglio 2008, ha negato la sussistenza del diritto all’indennizzo, in ragione del comportamento del ricorrente concretatosi in “numerose consecutive ed anche recenti sue richieste (ovvero accordi) di rinvio, non giustificabili e sintomaticamente in modo ripetuto afferenti alla fase della precisazione di conclusioni (e neanche con opposizione ai differimenti conseguentemente in concreto statuiti dal magistrato adito) … “.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con i tre motivi di censura vengono denunciati come illegittimi, anche sotto il profilo del vizio di motivazione: a) la affermata prescrizione del diritto all’indennizzo rilevabilita’ d’ufficio della decadenza di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, tenuto conto che il resistente Ministro della giustizia non aveva formalmente eccepito la decadenza ne’ l’aveva sostanzialmente coltivata; b) la negazione del diritto all’indennizzo (per il periodo residuo) sulla base dell’affermata erronea addebitabilita’ al ricorrente dei rinvii delle udienze, rinvii disposti invece dal giudice istruttore cui compete la direzione del processo;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati;

che, in particolare, la censura sub a) e’ manifestamente fondata, perche’, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facolta’ di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilita’ tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficolta’ pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilita’ della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonche’ il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operativita’ della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, nel caso – quale quello di specie – di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 27719 del 2009, 1886 e 3325 del 2010);

che anche la censura sub b) e’ manifestamente fondata;

che infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, ai fini della eventuale ascrivibilita’ all’area della irragionevole durata del processo dei tempi corrispondenti a rinvii eccedenti il termine ordinatorio di cui all’art. 81 disp. att. cod. proc. civ., la violazione della durata ragionevole discende non – come conseguenza automatica – dal fatto che sono stati disposti rinvii della causa di durata eccedente i quindici giorni ivi previsti, ma dal superamento della durata ragionevole in termini complessivi, in rapporto ai parametri, di ordine generale, fissati dalla stessa L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, con la conseguenza che da tale durata sono detraibili i rinvii richiesti dalle parti solo nei limiti in cui siano imputabili ad intento dilatorio o a negligente inerzia delle stesse e, in generale, all’abuso del diritto di difesa, restando invece gli altri rinvii addebitabili alle disfunzioni dell’apparato giudiziario, salvo che ricorrano particolari circostanze, che spetta alla pubblica amministrazione evidenziare, riconducibili alla fisiologia del processo (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 11307 del 2010);

che, nella specie, la motivazione della Corte di Campobasso al riguardo e’ estremamente carente, generica ed apodittica, nella misura in cui enumera una serie di rinvii senza indicarne ne’ l’iniziativa, ne’ la causa, ne’ la durata – addebitandoli tutti al comportamento del ricorrente;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato;

che, non sussistendo i presupposti per decidere la causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa medesima deve essere rinviata alla Corte d’Appello di Campobasso, in diversa composizione, la quale, oltre ad uniformarsi ai principi di diritto dianzi ribaditi, provvedera’ a regolare le spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Campobasso, in diversa composizione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 9 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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