Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15219 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15219 Anno 2015
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 26019-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, domiciliata in
ROMA,

PIAZZA

dell’avvocato
rappresentata
2015

e

MAZZINI

27,

STUDIO

TRIFIRO’

difesa

presso

lo
&

studio
PARTNERS,

dall’avvocato

TRIFIRO’

SALVATORE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2067

contro

SPIONE MASSIMO;
– intimato –

Data pubblicazione: 21/07/2015

avverso la sentenza n. 1252/2008 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 20/11/2008 r.g.n. 1456/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/05/2015 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato GIUA LORENZO per delega verbale
TRIFIRO’ SALVATORE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

e

Udienza del 7 maggio 2015 — Attla A
n. 32 del ruolo —RG n. 26019/09
Presidente: Di Cerbo – Relatore: Tria
gle

1.— La sentenza attualmente impugnata conferma la sentenza del Tribunale di Monza n.
498/2003, che aveva dichiarato la nullità dell’apposizione del termine al contratto stipulato da
Massimo Spione con POSTE ITALIANE s.p.a. per il periodo 5 ottobre 2002-31 dicembre 2002,
(con mansioni di addetto al recapito della corrispondenza presso l’UDR di Sesto San Giovanni), con
le consequenziali pronunbe.
La Corte d’appello di Milano, per quel che qui interessa, precisa che:
a) il giudice di primo grado, ritenuto che fosse controverso tra le parti se il contratto
suindicato trovasse fondamento nell’art. 25 CCNL del 2001 oppure nel d.lgs. n. 368 del 2001, con
duplice motivazione, ha affermato l’inidoneità della clausola appositiva del termine in oggetto sia
con riguardo all’art. 1 del d.lgs. n. 368 cit. sia con riferimento all’art. 25 del CCNL cit.;
b) tuttavia, non sembra dubbio che il contratto individuale di cui si tratta, pur richiamando
genericamente la normativa vigente, faccia riferimento all’art. 25 del CCNL del 2001, la cui
efficacia è cessata il 31 dicembre 2001, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. n. 368 del 2001;
c) sulla invalidità della clausola appositiva del termine alla stregua della normativa collettiva
vanno condivise le motivazioni del primo giudice in ordine alla assoluta genericità della clausola
stessa, alla necessità di un successivo confronto in sede sindacale e al rispetto di un limite
quantitativo delle assunzioni a termine, elemento non confutato dalla società neppure in appello.
Il ricorso di POSTE ITALIANE s.p.a. domanda la cassazione della sentenza per tre
motivi. Massimo Spione non svolge attività difensiva in questa sede.
-La società ricorrente deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ., nella quale chiede
l’applicabilità dello jus superveniens rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32,
commi 5, 6 e 7, in vigore dal 24 novembre 2010.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Zma.
e
Deve essere, pilimrmente, precisato che il Collegio ha autorizzato la motivazione
semplificata e che il presente ricorso è assoggettato ratione temporis alle prescrizioni di cui all’art.
art. 366-bis cod. proc. civ.

I — Profili preliminari

1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La ricorrente antepone alla argomentazione delle censure il rilievo secondo cui, per effetto
del licenziamento dello Spione con provvedimento del 3 maggio 2007 non impugnato, in relazione
alla domanda di riassunzione di cui al presente giudizio sarebbe cessata la materia del contendere.

Peraltro, in linea generale, la sopravvenuta cessazione della materia del contendere che — ove
avvenuta nelle more della pendenza del giudizio di cassazione è rilevabile anche d’ufficio dal
giudice di legittimità (in quanto direttamente incidente sulle condizioni di ammissibilità del ricorso
per cassazione) ed importa la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di
giudizio e non passate in cosa giudicata — presuppone il venir meno dell’interesse delle parti alla
naturale conclusione, in tutto o in parte, del giudizio stesso (vedi, per tutte: Cass. 3 marzo 2011, n.
5112; Cass. 25 luglio 2012, n. 13109). Mentre è del tutto evidente che, nella specie, non ricorre tale
evenienza.

II Sintesi dei motivi di ricorso

2.— Il ricorso è articolato in tre motivi, nei quali la società ricorrente:
1) denunciando, violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi
collettivi, censura l’impugnata sentenza nella parte in cui, la Corte d’appello, dopo avere ritenuto
applicabile nella specie l’art. 25 CCNL 2001, ha affermato la genericità della causale apposta al
contratto individuale. La ricorrente rileva che lo Spione è stato assunto con inquadramento
nell’Area operativa di cui all’art. 24 CCNL 2001, per lo svolgimento di mansioni di portalettere di
pertinenza dell’inquadramento del lavoratore, “ai sensi della vigente normativa, per sostenere il
livello di servizio di recapito durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità, tuttora in fase
di completamento, di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre 2001, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio
2002, 13 febbraio e 17 aprile, 30 luglio e 18 settembre 2002, che prevedono, al riguardo il
riposizionamento su tutto il territorio degli organici della società”. Conseguentemente, la causale in
oggetto non avrebbe potuto essere considerata generica, in quanto in essa si faceva espresso
riferimento alle suddette esigenze riorganizzative, vagliate dalle 00.SS. La società deduce, altresì
che ai sensi dell’art. 25 del CCNL del 2001 non è necessaria la specificazione di una causale che
consenta di ricollegare eziologicamente l’assunzione a termine del singolo lavoratore con le
esigenze di carattere organizzative, la cui sussistenza è stata già individuata dalle Parti sociali e che
neppure è necessario fornirne la prova (primo motivo);
2) denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi
collettivi impugna il capo della sentenza nel quale la Corte milanese ha affermato di condividere le
motivazioni del primo giudice in ordine alla assoluta genericità della clausola appositiva del
termine, della necessità di un successivo confronto in sede sindacale e del rispetto di un limite
quantitativo delle assunzioni a termine, aggiungendo che a tali motivazioni la società si è limitata
“ad opporre le stesse tesi del precedente grado di giudizio”. La ricorrente sostiene, invece, di avere
assolto l’onere probatorio a proprio carico, allegando documentazione concernente gli accordi
2

1.1.- Va precisato, al riguardo, che il suddetto licenziamento costituisce un evento successivo
che non incide sulla controversia in esame e tanto meno comporta una cessazione della materia del
contendere in relazione alla nullità o meno del termine apposto al contratto de quo e alle relative
conseguenze economiche per tutto il periodo anteriore al licenziamento stesso ( arg. ex Cass. SU 8
ottobre 2002, n. 14381; Cass. 8 giugno 2005, n. 11939; Cass. 25 settembre 2014, n. 20241).

3) in subordine rispetto ai precdenti motivi, denunciando violazione e falsa applicazione di
norme di diritto, deduce che il lavoratore, anche in ipotesi di conferma della nullità della clausola
appositiva del termine, avrebbe diritto alle retribuzioni solo dal momento della ripresa del servizio,
viste che non ha costituito in mora il datore di lavoro, non potendosi considerare come valido atto di
costituzione in mora la richiesta di esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, come
invece ritenuto nella sentenza di primo grado, confermata sul punto dalla Corte d’appello (terzo
motivo).
Nella parte conclusiva del ricorso, la società sostiene la legittimità del contratto in oggetto ai
sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, ove ritenuto applicabile.

111— Esame delle censure
3.- Il primo motivo di ricorso va accolto, per le ragioni di seguito esposte.
4.- Com’è noto, in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, con riguardo alla
disciplina transitoria di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 368 del 2001, è jus receptum che “in materia di
assnnzioni a termine del personale postale, l’art. 74, comma 1, del CCNL 11 gennaio 2001 del
personale non dirigente di Poste italiane s.p.a. stabilisce il 31 dicembre 2001 quale data di scadenza
dell’accordo, con la conseguenza che i contratti a termine stipulati successivamente a tale data non
possono rientrare nella disciplina transitoria prevista dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11 — che aveva
previsto il mantenimento dell’efficacia delle clausole contenute nell’art. 25 del suddetto CCNL,
stipulate ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 — e sono interamente soggetti al nuovo regime
normativo, senza che possa invocarsi l’ultrattività delle pregresse disposizioni per il periodo di
vacanza contrattuale collettiva, ponendosi tale soluzione in contrasto con il principio secondo il
quale i contratti collettivi di diritto comune operano esclusivamente entro l’ambito temporale
concordato dalle parti” (vedi, per tutte: Cass. 13 luglio 2010, n. 16424; Cass. 14 marzo 2013, n.
6513; Cass. 13 giugno 2013, n. 14808; Cass. 3 ottobre 2014, n. 20951).
Da tale quadro complessivo si desume, in sintesi, che il termine fin2le della fase transitoria, di
cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11 è il 31 dicembre 2001 e che, quindi, per tutti i contratti a
termine stipulati a decorrere dal giorno 1 gennaio 2002, a tutte le causali indicate nel suddetto d.lgs.
si applica il nuovo regime, secondo cui non è richiesta l’indicazione del nominativo del lavoratore
sostituito, mentre l’esigenza sostitutiva va specificata e verificata in base ai principi sopra richiamati
(vedi, tra le tante: Cass. 26 gennaio 2010 n. 1577 e n. 1576, nonché Cass. 3 ottobre 2014, n. 20951).
5.- Ne consegue che, con riguardo al presente contratto a termine stipulato il 5 ottobre 2002,
in assenza di precisi elementi che potessero dimostrare inequivocamente una — illegittima, perché
fuori termine — applicazione dell’art. 25 CCNL, la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere il
contratto disciplinato, ratione temporis, dall’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001.
Del resto, in linea generale, al giudice compete il potere-dovere di qualificare giuridicamente
l’azione e di attribuire, anche in difformità rispetto alla qualificazione della fattispecie operata dalle
3

sindacali richiamati nella causale e deducendo un apposito capitolo di prova orale per dimostrare di
avere rispettato la percentuale del 5% in relazione a quanto previsto dall’alt. 25 CCNL del 20(11
(secondo motivo);

6.- Conseguentemente, la Corte milanese avrebbe dovuto uniformarsi alla giurisprudenza di
questa Corte che, in merito all’interpretazione dell’art. 1 del D.Lgs. (vedi, per tutte: Cass. 1 febbraio
2010 n. 2279; Cass. 27 aprile 2010 n. 10033; Cass. 25 maggio 2012 n. 8286; Cass. 11 ottobre 2013,
n. 23186) ha precisato che:
a) in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo
l’indicazione da parte del datore di lavoro delle “specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire, in consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come
interpretata dalla Corte di Giustizia (vedi: sentenza del 23 aprile 2000, in causa C-378/07 ed altre;
sentenza del 22 novembre 2005, in causa C-144/04), un onere del datore di lavoro stesso di
specificazione delle ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di indicazione sufficientemente
dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che
con riguardo alla sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale, perseguendo in tal
modo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità
delle stesse nel corso del rapporto;
b) tale specificazione può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro attraverso il
riferimento “per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle parti, ivi compresi gli accordi
collettivi eventualmente richiamati dallo stesso contratto individuale (vedi, fra le tante: Cass. 3
marzo 2014, n. 20946);
c) l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita del D.Lgs. n. 368 del 2001,
art. 1 a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, comporta che
tali ragioni debbano risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, con
l’indicazione anche delle circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono
conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la
prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione fra la durata Solo
temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a
realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica
ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa (vedi, per tutte: Cass. 27 aprile 2010, n.
10033 e Cass. 13 giugno 2013, n. 14808, citate sopra);
d) spetta al giudice di merito accertare, con valutazione — che, se correttamente motivata e
priva di vizi logico-giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità — la sussistenza di tali
presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle
ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli
accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali ed eventualmente richiamati nel contratto
4

parti, il nomen iuris al rapporto dedotto in giudizio, con la conseguenza che il giudice stesso può
interpretare il titolo su cui .si fonda la controversia ed anche applicare una norma di legge diversa da
quella invocata dalla parte interessata, ma, onde evitare di incorrere nel vizio di ultrapetizione, non
deve attribuire un bene diverso da quello domandato né introdurre nel tema controverso nuovi
elementi di fatto (Cass. 10 settembre 2004, n. 17610; Cass. 24 maggio 2005, n. 10922; Cass. 17
luglio 2007, n. 15925; Cass. 28 agosto 2009, n. 18783; Cass. 11 marzo 2011, n. 5876; Cass. 8
agosto 2011, n. 17090; Cass. 15 giugno 1965, n. 1243).

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e) a tale ultimo riguardo, benché nel nuovo quadro normativo alla contrattazione collettiva
non spetti più un autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire
l’assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed i relativi esiti concertativi restano pur
sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili
con la tutela degli interessi dei dipendenti, con la conseguenza che gli stessi debbono essere
attentamente valutati dal giudice ai fini della configurabilità nel caso concreto dei requisiti della
fattispecie legale (vedi, per tutte: Cass. 27 aprile 2010, n. 10033 e Cass. 13 giugno 2013, n. 14808,
citate sopra).
7.- Nella specie, a fronte di una duplice motivazione della sentenza di primo grado nella quale
la clausola appositiva del termine era stata ritenuta illegittima sia con riguardo all’art. 1 del d.lgs. n.
368 del 2001 sia con riferimento all’art. 25 del CCNL cit., la Corte territoriale nell’affermare che il
contratto individuale di cui si tratta, pur richiamando genericamente la “normativa vigente”,
avrebbe fatto riferimento all’art. 25 del CCNL del 2001, la cui efficacia è cessata il 31 dicembre
2001, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. n. 368 del 2001 non si è uniformata ai suindicati principi.
Di qui raccoglimento del primo motivo, che comporta l’assorbimento degli altri motivi.

IV — Conclusioni
8.— In sintesi, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, per le ragioni dianzi esposte e
con assorbimento di ogni altro profilo di censura.
La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio, anche per le spese del
presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che si
atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata, in
relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione alla
Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.
Così dciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 7 maggio 2015.
Il jngliere es sore
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Il Presidente
de./’efrIfY ‘ d

individuale costitutivo del rapporto (vedi, per tutte: Cass. 27 aprile 2010, n. 10033 e Cass. 13
giugno 2013, n. 14808, citate sopra);

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