Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15215 del 23/06/2010

Cassazione civile sez. I, 23/06/2010, (ud. 19/05/2010, dep. 23/06/2010), n.15215

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA SEZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 18227 del Ruolo Generale degli affari

civili dell’anno 2005, proposto da:

P.D., titolare del Villaggio turistico “(OMISSIS)” con

sede in (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma, Via Gavorrano

n. 12, scala B, int. 4, presso l’avv. Giannarini Mario che,

congiuntamente e disgiuntamente con l’avv. Italo Andolina di

Catania, lo rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI (OMISSIS), in persona del sindaco autorizzato a stare in

giudizio da Delib. G.M. 17 agosto 2005, n. 206 ed elettivamente

domiciliato in Roma, Via Simato n. 26 (studio dell’avv. Filippo

Gargallo di Castellentini) presso l’avv. Amato Giovanni, che

rappresenta e difende l’ente locale, per procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Catania, n. 368 del 29

dicembre 2004 – 6 aprile 2005, notificata il 10 maggio 2005;

Udita, all’udienza del 19 maggio 2010, la relazione del Cons. dr.

Fabrizio Forte e sentito il P.M. dr. APICE Umberto che conclude per

l’accoglimento dei primi due motivi del ricorso, con assorbimento

del terzo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Comune di (OMISSIS) proponeva tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo che gli intimava di pagare L. 329.016.000 con rivalutazione e interessi a P.D., proprietario del villaggio turistico “(OMISSIS)”, quale indennizzo per la ospitalità in tale struttura di persone che avevano lasciato le loro abitazioni per il terremoto che aveva colpito la (OMISSIS), in esecuzione di una convenzione tra le parti. Con l’opposizione l’ente locale aveva eccepito il suo difetto di legittimazione passiva, dovendosi pretendere il corrispettivo in decreto dal Commissario governativo coordinatore degli interventi nelle zone colpite dal terremoto, che il comune invano aveva chiesto di essere autorizzato a chiamare in causa; era poi dedotta dall’opponente l’assenza di elementi per calcolare la misura del dovuto, mancando gli elenchi giornalieri degli ospiti nell’albergo del P.. L’opposto affermava peraltro che la convenzione relativa alla ospitalità dei terremotati sottoscritta dal sindaco del Comune di (OMISSIS), che non aveva dichiarato di agire in rappresentanza di altre autorità, prevedeva un indennizzo forfettario per l’intero soggiorno nel villaggio senza dare rilievo alle presenze giornaliere; il tribunale accoglieva l’opposizione, rilevando il difetto di legittimazione passiva del comune opponente e revocando il decreto ingiuntivo, con compensazione delle spese del grado.

Su gravame di P.D., che prospettava più motivi di appello non riportati nella sentenza oggetto del ricorso per cassazione e nella impugnazione in questa sede, la Corte d’appello di Catania, con pronuncia del 6 aprile 2005, rilevato che il Comune di (OMISSIS) aveva allegato alla memoria conclusionale il certificato di mancata impugnazione nei termini della sentenza del Tribunale di Siracusa del 25 – 27 marzo 2002 n. 55, che aveva chiuso un processo tra le stesse parti di contenuto analogo al presente, dichiarando l’ente locale privo di legittimazione passiva, ha rilevato il giudicato di tale pronuncia su tale questione, confermando la decisione di primo grado ed ha condannato il P. a restituire le somme incassate con l’esecuzione del decreto alla controparte, compensando le spese di causa. La sentenza ha ritenuto giudicato preclusivo dell’esame dei motivi d’appello del P. la pronuncia del Tribunale di Siracusa n. 55 del 2002, che in ordine al pagamento dei danni provocati da terremotati ospiti in altra struttura alberghiera dello stesso appellante in ragione di altra convenzione analoga a quella costituente causa petendi del presente giudizio, ha dichiarato la carenza di legittimazione passiva del Comune di (OMISSIS) nei confronti dell’albergatore. Ritenuti assorbiti dal rilevato giudicato gli altri motivi di gravarne la Corte d’appello di Catania, con la sentenza oggetto di ricorso, ha condannato il P. a restituire all’ente locale le somme ricevute in pagamento per l’ingiunzione esecutiva, negando che potesse farsi valere, ai sensi dell’art. 81 c.p.c., il diritto al pagamento oggetto di causa nei confronti del Comune di (OMISSIS).

Ad avviso dei giudici di appello, la rilevabilità di ufficio del giudicato esterno sulla mancanza di legittimazione passiva del Comune appellata per la sussistente legittimazione esclusiva del commissario governativo alle aree colpite dal sisma per il pagamento intimato col decreto, comportava la conferma della decisione di primo grado e della revoca del decreto, per cui andava accolta la domanda, soltanto precisata nelle conclusioni del giudizio di appello, del Comune di (OMISSIS), di condannare l’appellato, opposto in primo grado, a restituire quanto indebitamente percepito con la esecuzione dell’ingiunzione, essendo implicita tale domanda nella richiesta di revoca del decreto (si citano in tal senso Cass. 12 marzo 2001 n. 3582 e Cass. 18 aprile 2000 n. 4990). E’ stata quindi accolta in appello la domanda dell’ente locale di condanna del P. alla restituzione delle somme ottenute per l’esecuzione dell’ingiunzione, rigettandosi la domanda risarcitoria del Comune per lite temeraria dello stesso P., in ragione della scansione temporale degli eventi, incompatibile con il dolo di questo nei due gradi di causa.

Per la cassazione di tale sentenza, il P. propone ricorso di tre motivi notificato il 5 luglio 2005 al Comune di (OMISSIS), che replica con controricorso notificato il 22 settembre 2005.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 3 e art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, sostenendo la nullità della sentenza di appello impugnata, per avere rigettato il gravame dell’opposto in primo grado sulla base del rilievo di ufficio del giudicato esterno della sentenza n. 55 del 25 – 27 marzo 2002 del Tribunale di Siracusa-Augusta, senza avere previamente sollecitato il contraddittorio tra le parti sulla questione per la quale era stata tardiva l’allegazione dall’appellato della citata pronuncia e del certificato di passaggio in giudicato della stessa dalla cancelleria.

La Corte di merito afferma che, nella sentenza n. 55 del 2002 del Tribunale di Siracusa, nella stessa materia e per analoghi fatti, s’è negata la legittimazione passiva dell’ente locale, anche se la causa riguarda il risarcimento del danno per i pregiudizi arrecati dai terremotati ospiti della struttura alberghiera, per cui la statuizione inerisce a questione diversa da quella oggetto della presente causa, anche a non rilevare la intempestiva allegazione della sentenza di cui si afferma il giudicato prodotta con la conclusionale in appello, in modo da impedire il contraddittorio tra le parti sulla questione del passaggio in giudicato.

1.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la insufficiente motivazione della decisione della Corte di merito che ha ritenuto preclusivo degli altri motivi di gravame il giudicato della sentenza del Tribunale di Siracusa n. 55 del 2002, in ragione del contenuto stesso di tale pronuncia.

La sentenza impugnata afferma che la causa conclusa dalla decisione di cui si è rilevato il giudicato esterno, preclusivo del gravame, verte sulla “stessa materia del contendere” dell’appello oggetto del suo esame, pervenendo al rilievo del difetto di legittimazione passiva del comune “sempre in ragione degli stessi fatti”, senza precisare quale sia la materia e quali siano i fatti a base della pronuncia del 2002 passata in giudicato e preclusiva dell’esame dell’appello su questioni ormai definitivamente superate dalla affermata mancanza della legittimazione del comune. Sui primi due motivi di ricorso il Comune di (OMISSIS) afferma di avere depositato la sentenza n. 55 del 2002 del Tribunale di Siracusa, allegata alla memoria di costituzione in appello di nuovo difensore in sostituzione del precedente, producendo poi con la memoria conclusionale la sola certificazione del passaggio in giudicato di tale pronuncia già in atti. Ad avviso del controricorrente, la questione di legittimazione risolta negativamente, in ordine al potere di evocare in causa l’ente locale nelle domande di pagamento proposte dal P. e fondate su convenzioni concluse con il sindaco del Comune di (OMISSIS) regolanti l’alloggio dei terremotati nelle strutture alberghiere dell’appellante, anche se in rapporto a cause simili come quelle da danni materiali provocati all’albergo dagli ospiti, era ormai risolta nella pronuncia costituente giudicato, per cui sussisteva la identità di causa petendi e di petitum delle due domande a base dei processi tra le stesse parti e doveva anche di ufficio rilevarsi l’esistenza del giudicato esterno sulla mancanza di legittimazione passiva, preclusiva di altre valutazioni sulle domande dell’attore. 1.3. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e extrapetizione della sentenza, per avere accolto la domanda di condanna del P. a restituire le somme riscosse per la esecuzione del decreto poi revocato, domanda proposta solo con la conclusionale in appello. Secondo la Corte di merito, la domanda di restituzione delle somme ingiunte, era implicita in quella di revoca del decreto ingiuntivo già contenuta nell’opposizione, ma tale assunto non chiarisce come abbia potuto la Corte di merito pronunciarsi su di essa, anche se la specificazione della domanda s’era avuta nella sola conclusionale, non essendovi stata condanna, nella sentenza di primo grado, che doveva essere impugnata specificamente su tale omessa pronuncia, con appello incidentale o con riproposizione della domanda stessa, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., nel primo atto difensivo in grado d’appello ai sensi dell’art. 343 c.p.c. e per il consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte suprema in tal senso (si cita in ricorso, Cass. 26 aprile 2004 n. 7919). In sostanza, la domanda dell’ente locale di condanna del P. a restituire quanto ricevuto per il decreto revocato, sarebbe da qualificare “nuova” e, come tale, non proponibile con la conclusionale e in appello.

Il comune controricorrente afferma che, già nella comparsa di costituzione in appello del secondo difensore, aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado “con ogni effetto consequenziale, anche in ordine alla restituzione al Comune di (OMISSIS) di tutte le somme percepite con interessi e svalutazione dalla data di assegnazione alla effettiva restituzione”, depositando in allegato a tale comparsa la sentenza n. 55 del 2002, il cui giudicato sulla legittimazione si è rilevato di ufficio dalla decisione oggetto di ricorso, dopo la produzione, con la comparsa conclusionale, della mera certificazione della definitività della pronuncia del 2002 sopra richiamata.

2.1. I primi due motivi di ricorso devono esaminarsi insieme, censurando entrambi la sentenza di appello sul piano processuale e sostanziale, il primo con la deduzione che la Corte catanese ha rilevato il giudicato di altra pronuncia sulla mancanza di legittimazione passiva del Comune di (OMISSIS), di ufficio e senza contraddittorio tra le parti, in violazione dei principi del giusto processo, e il secondo per aver dato la Corte erroneamente rilievo, nella causa presente, all’accertamento contenuto in una decisione che non poteva avere tale effetto in essa, ai sensi dell’art. 2909 c.c. Con tali motivi si impugna peraltro la erroneità della sola statuizione della Corte di merito la quale, “pronunciando sull’appello”, dichiara che “sulla questione della legittimazione del Comune di (OMISSIS) si è formato il giudicato”, preclusivo del gravame del P. su questa condizione dell’azione negata in primo grado.

Può presumersi che l’appello censurasse la sola negazione della legittimazione passiva, non incidendo se non indirettamente sul diverso profilo della titolarità del rapporto controverso (su tali concetti, Cass. ord. 28 dicembre 2009 n. 27426, 26 settembre 2006 n. 20819 e 13 maggio 2000 n. 6160), e quindi la mancata impugnazione in questa sede in ordine alla questione della legittimazione sostanziale passiva, oggetto dell’accertamento ritenuto giudicato con la statuizione che si chiede di cassare in questa sede( non comporta acquiescenza del P. alla decisione del Tribunale, sull’assenza del requisito preliminare di merito dell’azione oggetto di appello, rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, per evitare l’emissione di pronunce giurisdizionali inutiliter date.

Sulla mancanza di legittimazione del Comune di (OMISSIS) non si è formato il giudicato perchè l’appello su tale carenza rilevata in primo grado è incompatibile con l’acquiescenza del P. ex art. 329 c.p.c. alla pronuncia del Tribunale di Siracusa su tale punto decisivo, sul quale quindi può ancora pronunciarsi, anche di ufficio, questa Corte (Cass. 13 ottobre 2009 n. 21703 e 30 ottobre 2008 n. 26019).

Poichè l’interesse concreto e attuale del ricorrente è però solo quello di far venire meno la decisione negativa sulla legittimazione di controparte per consentire l’accertamento del rapporto controverso e il pagamento di quanto preteso con l’ingiunzione dal P., nell’assenza dei motivi di appello su tale questione preliminare di merito non riportati nel ricorso per cassazione, privo di autosufficienza nella esposizione dei fatti di causa ai sensi dell’art. 366 n. 3 c.p.c, solo il riconoscimento officioso della detta legittimazione da questa Corte potrebbe soddisfare tale interesse e rendere ammissibile l’impugnazione della pronuncia sulla erroneità del rilevato giudicato, oggetto dei primi due motivi di ricorso.

La sentenza di primo grado aveva accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo del Comune di (OMISSIS), ritenendo questo privo di legittimazione passiva, in conformità al principio di diritto più volte enunciato da questa Corte in situazioni analoghe, per il quale, in caso di calamità naturali ritenute di rilievo nazionale, come è stato il terremoto in (OMISSIS) ed emerge dal D.L. 29 dicembre 1990, n. 414 e dagli altri decreti di cui alla legge di conversione del 3 luglio 1991 n. 195, il sindaco agisce non quale organo dell’ente locale, ma “quale titolare di un ufficio periferico dell’amministrazione statale, per cui egli, pur operando in seno al complesso organizzatorio del comune, riveste la funzione di organo statale, assumendo la denominazione di ufficiale di governo e gli atti da lui compiuti sono conseguentemente imputati all’amministrazione centrale, come previsto per la protezione civile … nella collaborazione prefigurata dalla L. 8 dicembre 1970, n. 996, art. 5” (Cass. 7 agosto 1997 n. 7291 e nello stesso senso, tra altre, Cass. 11 luglio 2008 n. 19236, 16 marzo 2007 n. 6293, 22 maggio 2003 n. 8032). La sentenza di primo grado si è quindi adeguata al principio il di diritto richiamato ed è stata impugnata in appello su tale punto decisivo per più motivi che restano sconosciuti, non essendo riprodotti nel ricorso neppure per riassunto e nella pronuncia di merito impugnata, che afferma in proposito: “Il giudicato sulla legittimazione assorbe tutti i motivi di appello proposti dal P. e ne rende superfluo l’esame” (pag. 8 della decisione).

In tale contesto, mancando elementi offerti dalla parte che consentano di mutare l’orientamento che precede di questa Corte, sulla questione della carenza di legittimazione passiva del comune controricorrente per le obbligazioni assunte dal sindaco, in caso di calamità naturali più importanti, per le esigenze contingibili e urgenti conseguenti alle stesse, questione rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del processo e risolta correttamente nel merito in Tribunale e, per effetto del gravame alla Corte d’appello, con la diversa motivazione del giudicato preclusivo di cui s’è detto, la eventuale cassazione di tale statuizione sul giudicato, chiesta con i primi due motivi di ricorso, non può soddisfare un interesse attuale e concreto del ricorrente salvo che la questione preliminare di merito possa trovare, con ragioni diverse da quelle di parte prospettate con l’appello e ignote perchè non ripetute nel ricorso per cassazione, una soluzione diversa da quella adottata dal tribunale in primo grado. Questa Corte non può delibare le ragioni proposte dal P. e rimaste ignote per riconoscere la legittimazione passiva dell’ente locale e, di ufficio, ritiene conforme a legge l’orientamento cui si è conformato il primo giudice con la sentenza del tribunale, rimasta inalterata per il rigetto dell’appello fondato sulla dichiarazione di giudicato oggetto di ricorso in questa sede.

Pertanto l’impugnazione in cassazione del P., in quanto censura solo la statuizione sul giudicato esterno per ragioni connesse al giusto processo e per motivi sostanziali, non deducendo elementi nuovi che possano modificare l’orientamento già espresso da questa Corte sulla questione della legittimazione passiva dell’ente locale nella concreta fattispecie, è astrattamente inidonea a soddisfare l’interesse del P. all’accoglimento della sua domanda di merito, non precisando per quali ragioni dovrebbe ritenersi legittimato nel caso il controricorrente ed avendo omesso coerentemente sul punto ogni pronuncia la sentenza oggetto di ricorso. Questa Corte, con riferimento all’ipotesi analoga di omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c., ha più volte affermato che la mancata riproduzione dei motivi di. gravame sui quali il giudice di appello non si è pronunciato, incide negativamente sulla autosufficienza del ricorso, non consentendo di delibarne l’astratta idoneità a dar luogo alla riforma della sentenza di primo grado per le ragioni non esaminate dalla sentenza oggetto di ricorso (Cass. 1 1 febbraio 2010 n. 3185, 16 ottobre 2007 n. 21621 e 10 settembre 2006 n. 20405).

In rapporto all’interesse del ricorrente alla riforma della sentenza di primo grado sulla questione della legittimazione passiva dell’ente locale, che questa Corte ritiene invece con i suoi poteri officiosi di condividere pienamente, i primi due motivi di ricorso non possono che essere dichiarati inammissibili.

La carente legittimazione passiva nella causa del controricorrente va riaffermata di ufficio, anche a ritenere esservi stata la violazione del contraddittorio denunciata nel primo motivo di ricorso, per essersi rilevato il giudicato di altra pronuncia dalla Corte di merito, senza avere prospettato la questione preventivamente a entrambe le parti, a tutela del contraddittorio (così Cass. 27 aprile 2010 n. 10062, 10 agosto 2009 n. 15194, 9 giugno 2008 n. 15194, tra altre) con astratta fondatezza di tale primo motivo di impugnazione. Altrettanto è a dire per la censura relativa alla non corretta valutazione di merito della sentenza di cui si è dichiarato il giudicato e ai suoi effetti nel presente processo fondato su un’azione contrattuale a differenza di quella a base della pronuncia ritenuta con valore di giudicato, relativa ad un caso di responsabilità extracontrattuale, con fondatezza riconosciuta anche di tale secondo motivo di ricorso, perchè la mancanza di legittimazione passiva del controricorrente, non censurata in questa sede ma di ufficio ritenuta corretta, indipendentemente dal giudicato erroneamente rilevato dalla pronuncia oggetto di ricorso, non può che restare ferma in questa sede, per le ragioni indicate.

In mancanza della riproduzione delle censure proposte con il gravame di merito avverso la sentenza del tribunale, non può rilevarsi o delibarsi la astratta idoneità del ricorso a dare luogo ad una diversa soluzione della controversia sulla questione preliminare di merito rispetto a quella confermata in appello con il giudicato dichiarato irritualmente ed erroneamente, dovendosi comunque riconoscere detto difetto di legittimazione sostanziale passiva dell’ente locale, per le ragioni indicate e rilevate di ufficio anche da questa Corte, non essendo divenuta definitiva la pronuncia sulla legittimazione esattamente confermata, con motivazione non corretta, dalla Corte d’appello.

2.2. Il terzo motivo di ricorso è infondato.

Come emerge dal controricorso e dalle conclusioni riportate in epigrafe alla sentenza oggetto di ricorso, la domanda di restituzione delle somme pagate dal comune, in esecuzione del decreto ingiuntivo poi revocato in primo grado, era stata proposta nella comparsa di risposta del nuovo difensore del comune costituito in appello e ripresa in tali conclusioni.

Si è infatti chiesta dall’ente locale, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., con la conferma della sentenza impugnata, anche di rilevare “ogni effetto consequenziale … in ordine alla restituzione al Comune di (OMISSIS) di tutte le somme percepite con interessi e svalutazione dalla data di assegnazione all’effettiva restituzione”; tale domanda già contenuta, come risulta incontestato dal controricorso, nella memoria di risposta in appello del secondo difensore è stata ripetuta nelle conclusioni di secondo grado e costituisce mera emendatio e non domanda nuova, rispetto a quella di revoca del decreto ingiuntivo esecutivo proposta in primo grado con l’opposizione (sulla domanda di restituzione di quanto pagato per decreto ingiuntivo esecutivo, intrinseca a quella di revoca di quest’ultimo, cfr., con le sentenze citate dalla corte territoriale, anche le più recenti Cass. 3 novembre 2009 n. 23260, 20 marzo 2006 n. 6098 e 3 ottobre 2005 n. 19296).

La domanda di revoca riproposta in appello sotto forma di richiesta di restituzione di quanto indebitamente pagato in esecuzione del decreto ingiuntivo illegittimamente emesso ed eseguito, è da ritenere tempestivamente proposta prima delle conclusioni e riprodotta in queste, per cui su di essa esattamente s’è pronunciata la decisione oggetto di ricorso (Cass. 5 giugno 2007 n. 13082 e 19 luglio 2005 n. 15223). La specificazione della domanda originaria di revoca del decreto ingiuntivo in primo grado è stata solamente illustrata con la comparsa conclusionale ed è stata quindi correttamente esaminata e accolta in appello; pertanto anche il terzo motivo di ricorso è infondato e da rigettare.

3. In conclusione, il ricorso è infondato e, per la soccombenza, il P. dovrà corrispondere al Comune di (OMISSIS) le spese del presente giudizio di cassazione, nella misura che si liquida in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00 (tremiladuecento /00), di cui Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre alle spese generali e accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 1^ sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 19 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2010

 

 

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