Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15212 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15212 Anno 2015
Presidente: BANDINI GIANFRANCO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 11512-2011 proposto da:
PEDE AMBRA c.f.

PDEMBR63R43H501X,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 58, presso lo
studio degli avvocati BRUNO COSSU, SAVINA BOMBOI che
la rappresentano e difendono giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2015
1614

RAI

RADIOTELEVISIONE

ITALIANA

S.P.A.

C.F.

06382641006, in persona del legale rappresentante pro
tempore elettivamente domiciliata in ROMA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DUILIO 13,

Data pubblicazione: 21/07/2015

presso Io studio dell’avvocato RENATO MANZINI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
PIERLUIGI LAX, giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 1861/2010 della CORTE

9942/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/04/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
udito l’Avvocato COSSU BRUNO;
udito l’Avvocato MANZINI RENATO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/04/2010 R.G.N.

1
4

e

R.G. n. 11512/11
Ud. 15.4.15
Pede c. RAI

Estensore: dott. Antonio Manna

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 21.4.10 la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame di
Ambra Pede contro la pronuncia 23.11.05-29.11.05 con cui il Tribunale della stessa sede

aveva rigettato la sua domanda di accertamento d’un rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato con RAI — Radiotelevisione Italiana S.p.A. e di condanna della società
al pagamento delle retribuzioni maturate medio tempore, previa declaratoria di nullità del
termine apposto ai 15 contratti a tempo determinato stipulati fra le parti in 15 anni (dal
1989 al 2004) per lo svolgimento di mansioni di assistente ai programmi e programmista
regista.
Per la cassazione della sentenza ricorre Ambra Pede affidandosi ad un solo motivo, poi
ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.
RAI — Radiotelevisione Italiana S.p.A. resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I – Con unico motivo il ricorso si duole di insufficiente od omessa motivazione circa la
dedotta frode alla legge denunciata in ordine ai 15 contratti a termine stipulati fra le parti in
15 anni, con brevi interruzioni per non più di 3-4 mesi, in genere nel periodo estivo;
lamenta la ricorrente che la gravata pronuncia ha trascurato il fatto che dei 145
programmisti registi utilizzati per realizzare i programmi dedotti nei vari contratti a termine
nessuno era in rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la RAI, di guisa che — in realtà
— tali assunzioni a termine erano state reiterate per far fronte a stabili carenze di organico;
ciò dimostra — conclude il ricorso — l’intento fraudolento delle assunzioni a termine, che si
configura tutte le volte in cui reiterati contratti a termine, pur formalmente legittimi,
tendano a soddisfare il fabbisogno ordinario di personale in possesso di quella determinata
professionalità richiesta dai contratti medesimi.
Il motivo è infondato.
Infatti, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema — da cui non si ravvisa
motivo alcuno di discostarsi — il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in
sede di legittimità ex art. 360 n. 5 c.p.c. (nel testo ratione temporis applicabile), sussiste
solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile
il mancato o deficiente esame di un fatto decisivo della controversia, potendosi in sede di
legittimità controllare unicamente sotto il profilo logico – formale la valutazione operata dal

i

2

R.G. n. 11512/11
Ud. 15.4.15
Pede c. RA1
Estensore: dott. Antonio Manna

giudice del merito (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive
pronunce conformi).
Ora, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, l’impugnata sentenza ha affrontato

conclusione che di ciò non vi era prova e che anche l’asserito svolgimento, da parte
dell’odierna ricorrente, di mansioni diverse e per programmi diversi da quelli menzionati
nei contratti era irrilevante, trattandosi di mansioni accessorie e complementari e, in quanto
tali, inidonee a mutare o smentire la causale dei contratti medesimi.
Né il ricorso isola singoli passaggi argomentativi per evidenziarne l’illogicità o la
contraddittorietà intrinseche e manifeste (vale a dire tali da poter essere percepite in
maniera oggettiva e a prescindere dalla lettura del materiale di causa), ma ritiene di poter
enucleare vizi di motivazione dal mero confronto con i documenti prodotti, vale a dire
attraverso un’operazione che suppone un accesso diretto agli atti ed una loro delibazione
non consentiti in sede di legittimità.
Per

il

resto, il ricorso si dilunga in difformi valutazioni che sconfinano

nell’apprezzamento di merito, interdetto a questa Corte.

2- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.

La Corte
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità,
liquidate in euro 100,00 per esborsi e in euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre
accessori come per legge.
Così deciso in Roma, in data 15_4.15.

l’ipotesi d’un intento elusivo nei contratti a termine stipulati fra le parti, per giungere alla

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