Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15211 del 11/07/2011

Cassazione civile sez. II, 11/07/2011, (ud. 07/06/2011, dep. 11/07/2011), n.15211

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28184/2005 proposto da:

GEST SRL IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE PROTEMPORE SIG.

S.D. P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato PICCIONI

ANDREA, rappresentata e difesa dall’avvocato COLAROSSI Gino;

– ricorrente –

contro

E.A. C.F. (OMISSIS) TITOLARE DELL’OMONIMA DITTA

INDIVIDUALE ORA LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA EDMONDO COSTRUZIONI SRL

P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA

2, presso lo studio dell’avvocato PLACIDI ALFREDO, rappresentato e

difeso dall’avvocato DI BENEDETTO Fernando;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 220/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 26/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

07/06/2011 dal Consigliere Dott. LAURENZA NUZZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dctt.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 8.8.2001 il Tribunale di Pescara, in accoglimento dell’opposizione proposta da E.A., titolare dell’omonima ditta individuale, dichiarava la “nullità ed inefficacia del decreto ingiuntivo” con cui il Pretore di Pescara, su ricorso della Gest s.r.l., aveva ingiunto all’opponente il pagamento della somma di 9.600.000, a titolo di corrispettivo per lavori di ripristino di un impianto di trattamento aria, rimasto inattivo per diversi anni, appaltati alla società stessa con contratto del 18.7.1997 che prevedeva il ripristino del perfetto funzionamento di detto impianto, con obbligo del committente di corrispondere alla società appaltatrice il prezzo pattuito di L. 8.000.000 oltre IVA “entro 10 giorni dal collaudo con esito favorevole dell’intero impianto”.

L’appellante lamentava:

Il primo giudice aveva ritenuto risolto il contratto di appalto per inadempimento, reputando erroneamente che l’oggetto del contratto riguardasse il compimento di tutte le opere necessarie per eliminare la rumorosità dell’impianto, ascrivibile alla “pompa di calore”;

l’appaltatore era, invece, tenuto solo a ripristinare la funzionalità dell’impianto, posto che per la relativa insonorizzazione sarebbe occorsa una spesa di 25 milioni, di gran lunga superiore a quella pattuita per i lavori;

immotivatamente aveva, inoltre, disatteso le eccezioni di prescrizione e decadenza.

Con sentenza 25.1.2005 la Corte di Appello dell’Aquila rigettava l’appello proposto dalla Gest s.r.l., condannandola al pagamento delle spese processuali.

Rilevava la Corte di merito, in conformità a quanto statuito dal primo giudice, anche sulla base di quanto accertato mediante C.T.U., che il ripristino della perfetta funzionalità dell’impianto in questione non ne escludeva l’adeguamento a norma di legge, tanto che l’impianto stesso era stato sottoposto a sequestro penale dal GIP perchè non conforme a legge.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la Gest s.r.l sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso e successiva memoria E.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La società ricorrente denuncia:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 1667 c.c., commi 1 e 2, e dell’art. 232 c.p.p.; omessa ed insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia (art. 360 c.p.c., comma 5), avendo la Corte di merito respinto l’eccezione di decadenza dalla garanzia per vizi, ex art. 1667 c.c., comma 2, sull’erroneo presupposto della omessa eccezione sulla riconoscibilità del vizio (rumorosità) e del mancato collaudo ed accettazione dell’opera senza riserve, il 31.7.97, da parte del committente, non tenendo conto che era stato invocato dall’appellante anche il disposto del comma 1 della norma stessa, considerata l’avvenuta l’accettazione senza riserve dell’opera appaltata, come desumibile, fra l’altro, dalla mancata risposta di E.A. all’interrogatorio formale deferitogli;

difettava, inoltre, la prova di una tempestiva denuncia dei vizi lamentati,non ravvisandosi nella missiva 23.12.971a denuncia del vizio di rumorosità dell’impianto;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1668, 1362, 1366 e 1375 c.c. e dell’art. 232 c.p.c., per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, riguardante l’accertamento dell’oggetto dell’appalto, ritenuto apoditticamente esteso all’obbligo dell’appaltatore di eliminare la rumorosità dell’impianto;peraltro, secondo il C.T.U., per ovviare a detto inconveniente,sarebbe stato necessario eseguire opere strutturali sull’edificio, per un importo di L. 25.000.000, superiore a quello pattuito, nè i giudici di merito avevano tenuto conto che la lamentata rumorosità dell’impianto era stata accertata solo in danno delle unità abitative del sottotetto, che, al momento dell’installazione della pompa di colore, non avevano destinazione abitativa;un’interpretazione del contratto secondo buona fede, comportava, quindi,che l’esecuzione di dette opere strutturali non dovesse ritenersi rientrante nei lavori appaltati;

3)violazione e falsa applicazione dell’art. 1458 c.c. e degli artt. 345, 112, 163 e 164 c.p.c., ed omessa e/o insufficiente e contraddittoria motivazione sulla domanda di restituzione, formulata in primo grado ed in grado di appello; la Corte di appello aveva erroneamente ritenuto la novità di tale domanda, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., non considerando che la Gest s.r.l., a fronte della domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento, formulata dall’opponente, aveva chiesto, in via subordinata, la condanna dello stesso al pagamento di 9.000,000 o di altra somma ritenuta di giustizia; la eventuale nullità di tale domanda per difetto di determinabilità della causa petendi e dei fatti posti a fondamento, doveva ritenersi, in ogni caso, sanata in difetto di un’impugnativa della controparte sul punto.

Il primo motivo di ricorso è infondato; la sentenza impugnata ha evidenziato che, nel giudizio di primo grado, l’opposta aveva genericamente formulato la sola eccezione di decadenza dalla garanzia e che il primo giudice aveva accertato la tempestività della denuncia del vizio, senza che, in sede di appello, la società Gest s.r.l. avesse fatto riferimento alla contestazione del 23.12.97 nei termini di legge; orbene, quanto alla eccezione di intempestività della denuncia dei vizi, il motivo è privo di autosufficienza, laddove non riporta i termini con i quali l’aveva formulata e riproposta in appello e non denuncia,con riferimento ad essa, la violazione dell’art. 112 c.p.c.; la doglianza non è, inoltre, autosufficiente perchè fa riferimento ad una prova testimoniale del collaudo e dell’accettazione dell’opera nonchè ai capitoli dell’interrogatorio formale, senza riportare le dichiarazioni dei testi ed i capitoli dell’interrogatorio; tale omissione non consente, quindi, di verificare l’incidenza causale e la decisività dei rilievi sul punto. In ordine all’altra eccezione si osserva che, da un lato, la sola consegna dell’opera (e non anche della sua accettazione) consentiva la denuncia del vizio riconoscibile nel termine di cui all’art. 1667 c.c., comma 2, e che, dall’altro, non viene censurata l’affermazione della sentenza secondo cui l’appellante, nel motivo di impugnazione, non si era fatto carico di considerare che la contestazione del 23.12.1997 era avvenuta nei termini di legge, presumibilmente con riferimento al momento della sua scoperta.

Del pari infondato è il secondo motivo, avendo i giudici di appello correttamente interpretato il contratto concluso fra le parti, ritenendo il ripristino della perfetta funzionalità dell’impianto comprensivo del suo adeguamento a norma di legge e, quindi, della eliminazione della rumorosità, secondo quanto accertato, mediante C.T.U., dal giudice di prime cure in ordine alla necessità, ai fini del ripristino della funzionalità dell’impianto, di intervenire sulla c.d. “pompa di calore”,avente la funzione di riscaldare o refrigerare l’acqua di alimentazione. Le ulteriore circostanze dedotte dalla ricorrente si risolvono in una diversa valutazione in fatto ed in una difforme I’nterpretazione del contratto, non consentita in sede di legittimità, a fronte di una motivazione sul punto esente dai vizi lamentati. Nell’interpretare il contenuto del contratto l’accertamento della volontà dei contraenti si traduce, infatti, in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito e censurabile, in sede di legittimità, solo per insufficienza o contraddittorietà di motivazione; tale da non consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per pervenire alla decisione ovvero per il caso di violazione delle regole ermeneutiche, ipotesi non ricorrenti nel caso di specie.

Quanto alla terza censura correttamente la Corte di merito ha rilevato che la domanda di restituzione era preclusa per la sua novità, ex art. 345 c.p.c., in quanto non proposta in primo grado;

si trattava, infatti, in tutta evidenza, della stessa domanda di condanna al pagamento del corrispettivo posta a fondamento del D.I..

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per spese.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2011

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