Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15210 del 16/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/07/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 16/07/2020), n.15210

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7430-2019 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA 97103880585, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, rappresentata e

difesa dall’avvocato PAOLO TOSI;

– ricorrente –

contro

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BELSIANA 71,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DELL’ERBA, rappresentato e

difeso dall’avvocato ORONZO DE DONNO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 53/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2019 dal Presidente Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

C.M. adiva il Tribunale di Varese al fine di ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto a due contratti di lavoro intercorsi con Poste Italiane s.p.a. nei periodi 6/4/2007-29/9/2007 e 22/10/2007-29/2/2008;

il Tribunale dichiarava la nullità del primo dei contratti e la sentenza veniva confermata in appello;

in seguito a ricorso di Poste Italiane s.p.a., la Corte di Cassazione cassava la sentenza d’appello, rimettendo al giudice del rinvio l’esame in ordine alla illegittimità del termine in relazione ai contratti in controversia diversi dal primo;

la Corte d’appello di Milano, decidendo in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, nell’esaminare il secondo contratto intercorso tra le parti, riteneva sufficientemente specifica la causale apposta (per ragioni organizzative dovute alla necessità di fare fronte alla temporanea carenza di personale di sportelleria di cui al piano di mobilità aziendale, l’applicazione del quale avrebbe comportato l’individuazione della risorsa da assegnare in via definitiva alla posizione nel frattempo occupata dal lavoratore) ma riteneva illegittima l’apposizione del termine per il mancato assolvimento da parte del datore di lavoro dell’onere probatorio circa l’effettiva sussistenza delle ragioni organizzative ricollegabili all’assunzione, poichè dall’attività istruttoria espletata e, in particolare, dalle dichiarazioni rese dal direttore dell’ufficio, risultava che presso la sede di Brebbia, ove il ricorrente lavorava, non vi era la temporanea esigenza organizzativa dedotta quale ragione dell’assunzione ma una situazione di carenza strutturale dell’organico del personale di sportelleria che si protraeva nel tempo;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione Poste Italiane s.p.a. sulla base di un unico motivo;

il lavoratore resiste con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con l’unico motivo la ricorrente rileva che l’istruttoria aveva confermato a) che la carenza di organico nel settore sportelleria presso l’Ufficio postale di Brebbia era determinata dal processo organizzativo in atto b) che l’assunzione del C. era stata funzionale a far fronte a detta carenza, nel tempo necessario alla formazione della risorsa interna destinata alla stabile assegnazione nel predetto ufficio c) che la definitiva assegnazione della predetta unità nel febbraio 2008 aveva dato piena esecuzione al piano di mobilità aziendale;

concludeva nel senso che la corretta valutazione delle prove avrebbe dovuto condurre la Corte d’appello ad accertare la sussistenza in concreto delle ragioni sottese all’assunzione a termine;

il motivo è inammissibile;

in primo luogo, infatti, esso è carente dei necessari caratteri della tassatività e specificità, in difetto di una precisa enunciazione che consenta di ricondurre il vizio denunciato nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.c., specificamente della violazione di legge o del vizio di motivazione (si veda Cass. n. 11603 del 14/5/2018);

esso, inoltre, si risolve nell’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 22707 del 28/9/2017), nei termini di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 8053/2014), nella specie non dedotto mediante indicazione di un fatto storico decisivo non esaminato;

il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, con liquidazione delle spese secondo soccombenza;

in considerazione della declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per jl versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo ove dovuto a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2020

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