Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15210 del 01/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 01/06/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 01/06/2021), n.15210

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2703-2016 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

BERTOLONI, 19, presso lo studio dell’avvocato MARCO CRISPO, che lo

rappresenta e difende unitamente a SE MEDESIMO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6627/2015 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA

SEZ.DIST: di SALERNW depositata il 02/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/02/2021 dal Consigliere Dott. FULVIO FILOCAMO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. L’Agenzia delle entrate in data (OMISSIS) notificava a F.L. l’avviso di rettifica e liquidazione con il quale, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, procedeva a rideterminare il prezzo di una compravendita immobiliare con il contestuale recupero delle imposte di registro, ipotecarie e catastali dovute in relazione all’atto di vendita di un locale commerciale C/1, classe 9, di 77 mq. stipulato dal contribuente a favore di una Società. L’Ufficio elevava il valore dell’immobile rispetto al valore dichiarato sulla base della “consistenza, ubicazione ed il potenziale reddito sentite le agenzie immobiliari di zona, consultato pure l’O.M.I.”

1.1. Con ricorso il contribuente impugnava l’atto impositivo sopra indicato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno ottenendo un accoglimento parziale sulla determinazione del valore accertato, considerate le perizie di parte depositate e le motivazioni dell’Ufficio ritenute probatoriamente carenti.

1.2. Il contribuente e l’Ufficio ricorrevano alla Commissione Tributaria Regionale della Campania che, con sentenza 6627 del 2015, rigettava sia l’appello principale che quello incidentale, confermando la decisione impugnata.

1.3. Avverso questa decisione, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

1.4. L’Agenzia delle Entrate ha presentato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2. F.L., con il primo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 e art. 52, commi 2 e 2-bis, nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, ritenendo l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui, pur riconoscendo che l’Ufficio ha rideterminato il valore dichiarato sui valori O.M.I. tenendo conto delle caratteristiche dell’immobile alienato rispetto a cespiti simili, non ha rilevato la nullità dell’atto impositivo perchè non risultava allegato a fini comparativi alcun atto di trasferimento avvenuto nell’ultimo triennio.

2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sulla valenza meramente indicativa dei valori O.M.I. e la contestuale violazione del diritto comunitario introdotto con la L. n. 88 del 2009, per il quale tali valori possono essere considerati quale mera presunzione semplice, senza peraltro che ci si fosse confrontati con i dati fattuali riportati nelle perizie di parte.

3. I motivi sono entrambi fondati e possono essere oggetto di trattazione unitaria.

3.1. Questa Corte, con indirizzo condiviso, ha precisato che: “In tema di accertamento dei redditi di impresa, in seguito alla sostituzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purchè siano gravi, precise e concordanti”), l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni O.M.I., ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti” (Cass. n. 2155 del 2019; Cass. n. 9474 del 2017).

3.2. Il principio è applicabile anche all’imposta di registro, con effetto retroattivo, stante la finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea (Cass. n. 11439 del 2018). Le quotazioni O.M.I., risultanti dal sito web dell’Agenzia delle entrate, non costituiscono una fonte tipica di prova del valore venale in comune commercio del bene oggetto di accertamento, ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, essendo idonee a condurre ad indicazioni di valore di larga massima (Cass. n. 25707 del 2015). Il riferimento alle stime effettuato sulla base dei valori 0.M.I., per aree edificabili del medesimo comune, non è quindi idoneo e sufficiente a rettificare il valore dell’immobile, tenuto conto che il valore dello stesso può variare in funzione di molteplici parametri quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico, nonchè lo stato delle opere di urbanizzazione (Cass. n. 18651 del 2016; Cass. n. 11439 del 2018; Cass. n. 21813 del 2018).

3.3. Ne consegue che un avviso di liquidazione fondato esclusivamente sui valori O.M.I. non può ritenersi fondato sotto il profilo motivazionale e, in difetto di ulteriori elementi forniti dall’Agenzia delle entrate, non può indicare congruamente il valore venale in comune commercio del bene.

3.4. La C.T.R. non ha fatto buon governo dei principi espressi, atteso che, sul semplice presupposto delle quotazioni OMI, ha ritenuto congruo l’accertamento di valore degli immobili oggetto di compravendita, con conseguente maggiore pretesa di imposte di registro, ipotecarie e catastali.

4. In definitiva, per quanto esposto, il ricorso va accolto e la sentenza va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto il ricorso introduttivo proposto dal contribuente. Le spese dell’intero giudizio vanno compensate tra le parti stante il recente consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale citato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario proposto dal contribuente. Compensa le spese di lite dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale da remoto, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2021

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