Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1521 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. I, 23/01/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 23/01/2020), n.1521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5851/2018 proposto da:

D.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Santilli Stefania,

giusta procura allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

11/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/10/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 48/2018 depositato il 11-01-2018 e comunicato il 12-1-2018 il Tribunale Ordinario di Brescia ha respinto il ricorso di D.A., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè, dopo essersi trasferito nel Casamance da sua zia in quanto maltrattato dal patrigno, i ribelli avevano ucciso sua zia e le sue sorelle, lo avevano rapito e tenuto prigioniero per un anno, fino a quando era riuscito a fuggire, nel corso di un attacco ai ribelli da parte dei militari, prima in Mali e poi in Libia, arrivando finalmente in Italia nel luglio del 2016. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del Senegal, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare il ricorrente deduce “Violazione della legge in relazione al requisito di straordinaria necessità ed urgenza del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13; artt. 77 e 111 Cost. e dei limiti previsti dalla L. n. 400 del 1988, art. 15. Illegittimità costituzionale”. Il ricorrente chiede di sollevare questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), in relazione all’adozione del rito camerale e all’eliminazione del grado d’appello, per la violazione dell’art. 111 Cost. e in relazione alla mancanza del requisito di straordinarietà ed urgenza, per violazione dell’art. 77 Cost..

2. Con le ordinanze n. 17717/2018 e n. 28119/2018 questa Corte ha ritenuto manifestamente infondate tutte le questioni di illegittimità costituzionale che il ricorrente ripropone. Le argomentazioni di cui alle citate ordinanze, da intendersi, per brevità, richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.

3. Con il secondo (rectius primo) motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt., 2 e 3 CEDU, nonchè omesso esame di fatti decisivi e assenza di motivazione, nonchè violazione dei parametri normativi relativi agli atti di persecuzione subiti nel contesto famigliare ex art. 360, nn. 3 e 5”. Deduce di aver chiaramente indicato il motivo della sua persecuzione, in ambito familiare e da parte dei ribelli del Casamance, le torture subite e la connessa fuga, ed il Tribunale ha omesso l’esame di fatti decisivi, quali la minaccia alla vita subita in forma diretta e indiretta, attuata mediante l’uccisione dei suoi familiari. Le persecuzioni subite, di eccezionale gravità, e i fatti di violenza allegati e documentati in sede amministrativa non erano stati adeguatamente vagliati, ad avviso del ricorrente.

4. Con il terzo (rectius secondo) motivo denuncia “Violazione dei parametri normativi relativi alla credibilità delle dichiarazioni del richiedente fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), in violazione degli obblighi di cooperazione istruttoria incombenti sull’autorità giurisdizionale. Omesso esame di fatti decisivi; Violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 CEDU. Violazione dei parametri normativi per la definizione di un danno grave. Violazione di legge in riferimento agli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed all’art. 46 della direttiva Europea n. 2013/32”. Deduce il ricorrente che per il giudice d’appello (pag. n. 15 ricorso) le sue dichiarazioni erano generiche ma non contraddittorie, mentre occorre considerare la non scolarizzazione e la giovane età del richiedente, nonchè il fatto che la sua audizione in Tribunale era avvenuta senza ausilio di interprete. Ad avviso del ricorrente il Collegio non ha applicato i parametri normativi relativi alla credibilità e non ha adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria.

5. I motivi primo e secondo, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, involgendo le doglianze, sotto distinti ma collegati profili, il giudizio di credibilità della vicenda personale narrata dal ricorrente, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

5.1. Quanto al giudizio di credibilità, questa Corte ha chiarito che “il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità” (Cass. ord. n. 3340/2019). Inoltre il giudice del merito, nel valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, in base ai parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), deve attenersi anche a comuni canoni di ragionevolezza e a criteri generali di ordine presuntivo, non essendo di per sè solo sufficiente a fondare il giudizio di credibilità il fatto che la vicenda narrata sia circostanziata. L’art. 3 citato, infatti, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (da ultimo Cass. n. 21142/2019; Cass. n. 20580/2019). La suddetta verifica è sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito.

5.2. Nel caso di specie, il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto al giudizio di non credibilità, difforme, inammissibilmente, da quella accertata nel giudizio di merito.

Inoltre il Tribunale ha correttamente applicato i parametri normativi per valutare la credibilità del racconto del richiedente, esaminando i fatti allegati e confutandone in dettaglio l’attendibilità (pag. n. 3 del decreto impugnato, in particolare, circa le descritte modalità della fuga verso il Casamance e poi dai ribelli, per le plurime contraddizioni sulla data e sull’anno, nonchè sulla sua età, nonchè per la difformità delle versioni fornite circa le ragioni della fuga, nel mod. C3 ricondotte e motivi religiosi). La doglianza relativa alla violazione del diritto di difesa per la mancata nomina dell’interprete da parte del Tribunale, oltre che genericamente formulata, è in ogni caso infondata, considerato che i fatti allegati nel ricorso per cassazione sono i medesimi presi in esame dai Giudici di merito, i quale hanno proceduto all’audizione del richiedente, come si dà atto nel decreto impugnato (pag. n. 3).

Una volta esclusa dal Giudice territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile e con motivazione adeguata, la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e lett. b), D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 6503/2014; Cass. n. 16275/2018). Non vi è infatti ragione di attivare i poteri di istruzione officiosa se questi sono finalizzati alla verifica di fatti o situazioni di carattere generale che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, non è possibile poi rapportare alla vicenda personale di questo (Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019).

6. Con il quarto (rectius terzo) motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e art. 10, comma 3, motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità; omesso esame di fatti decisivi circa la sussistenza dei requisiti di quest’ultima. Violazione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6; art. 10 Cost.. Omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione ai presupposti della protezione umanitaria; mancanza o quantomeno l’apparenza della motivazione e la nullità della sentenza per violazione di varie disposizioni artt. 112,132 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, art. 111 Cost., comma 6”. Assume il ricorrente che lo stesso Tribunale ha dato atto del permanere nel Senegal di una situazione di grave violazione di diritti fondamentali, ma non ha considerato il rischio di trattamenti disumani e degradanti, in caso di rimpatrio, nè ha adempiuto all’obbligo di cooperazione istruttoria, non attenendosi ai principi affermati da questa Corte in tema di protezione umanitaria.

7. Il motivo è inammissibile.

7.1. Il ricorrente, nel denunciare il vizio di violazione di legge ed omesso esame di fatti decisivi, svolge doglianze totalmente generiche, senza alcun specificazione individualizzante relativa alla sua vulnerabilità soggettiva, nonchè limitandosi a riportare diffusamente, quanto alla situazione del Senegal, le risultanze del sito viaggiare sicuri. In buona sostanza il ricorrente sollecita un’inammissibile rivalutazione degli accertamenti di fatto effettuata dai Giudici di merito, che hanno, con adeguata motivazione, escluso, nel caso concreto, la sussistenza di fattori di vulnerabilità soggettiva ed oggettiva, anche mediante descrizione della situazione generale del Senegal, che, secondo il Tribunale, è un Paese in grado di offrire accettabili standard di democrazia e libertà politiche, secondo le fonti indicate (rapporto 2017 Freedom House).

8. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, nulla dovendosi disporre circa le spese del presente giudizio, essendo rimasto intimato il Ministero.

6. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020

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